Folgore

20 giugno 1997

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
AL MINISTRO DELLA DIFESA
AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

La notizia delle violenze e degli stupri perpetrati dai militari italiani in Somalia ci fa fremere di rabbia e vergogna. Gli episodi ,assolutamente ignominosi ,che stanno venendo alla luce gettano un velo oscuro su tutte le missioni di "Pace" che il nostro Stato negli ultimi anni sta portando avanti.

Ci chiediamo, allora, cosa possa nascondere la missione nella ex-Jugoslavia e siamo fortemente preoccupati per quello che sta avvenendo o potrà avvenire con i nostri militari in Albania.

Come Cittadini che si riconoscono nei principi di PACE, FRATELLANZA e SOLIDARIETA' proclamati dalla nostra Carta Costituzionale abbiamo il DIRITTO di sapere con assoluta trasparenza e urgenza quello che è accaduto in Somalia.

Profondamente INDIGNATI pertanto chiediamo:

1) che sia fatta totale chiarezza e che siano severamente puniti i responsabili;

2) che siano elaborate forme di risarcimento nei confronti delle donne somale violentate e dei cittadini somali che hanno subito violenze;

Infine ci chiediamo perchè esistano ancora corpi speciali addestrati in maniera precisa per usare la violenza, "educati" in caserme e reparti in cui si matura più una cultura dell'umiliazione dell'altro, come dimostrano i fenomeni di "nonnismo" che infestano in tali ambienti, piuttosto che del rispetto e della solidarietà.

Ci chiediamo, dunque, perché si continui ad affidare le missioni di "PACE" a tali corpi.

Purtroppo la storia è piena di abusi e nefandezze originate dall'esaltazione che deriva dal portare una divisa.

FORUM PER LA PACE DI LIVORNO

Agire Verde, Associazione di Solidarietà con il Popolo Saharawi, Associazione Italia-Nicaragua, Obiettori di Coscienza Caritas, Centro Mondialità Sviluppo Reciproco, Comitato di Solidarietà con il Chiapas, Comitato per i Diritti del Malato, Comunità Bahai, Comunità Cristiana di Base "Piazza del Luogo Pio", Gruppo di Educazione alla Pace, Gruppo Missionario della Parrocchia N.S. del Rosario, Movimento Federativo Democratico, Nero & Non Solo, Peacelink, Rete Radié Resch, Sinistra Giovanile


COMUNICATO STAMPA

20 giugno 1997

Gli episodi di presunte torture e sevizie da parte di soldati italiani in missione internazionale impongono, in attesa delle verifiche degli organi competenti, delle riflessioni che vorremmo, come associazioni cittadine, allargare a tutti.

Innanzitutto ci chiediamo come sia possibile che una società sensibile alla tutela dei diritti umani produca fenomeni così disumani. I recenti fatti della Somalia si sommano alle severe denunce riportate dalla stampa relative al comportamento di militari appartenenti a forze internazionali impegnati in Mozambico e nella ex-Jugoslavia, accusati di stupri, sfruttamento della prostituzione e traffici illeciti. La tortura e più in generale la violenza sono fenomeni considerati da rigettare, perché contrari all'Uomo. Come sono possibili allora queste devianze, dove si apprendono valori contrari alla convivenza civile tra i popoli?

La cultura "muscolare"

La violenza armata, bandita in ogni aspetto delle relazioni umane, trova oggi la sua unica eccezione nella forza militare; questa legittimazione all'uso della violenza comporta secondo noi gravi pericoli. La caserma diventa necessariamente un ambiente "educativo" discutibile: basti pensare alla retorica militare, dove la caserma è un posto per veri uomini e la gerarchia, l'obbedienza cieca e la sottomissione diventano virtù.

Pensiamo alla concezione stessa del nemico, e alla sua deumanizzazione; così si aggira la naturale inibizione a uccidere, e la violenza sul "cattivo" di turno non solo è lecita, ma addirittura è doverosa. Per questo i soldati nelle trincee della 1^ guerra mondiale dovevano ruotare con una certa frequenza: la lunga permanenza a contatto ravvicinato con il "nemico" svelava che anche lui era un uomo, con le stesse paure e gli stessi sentimenti, e questo chi voleva la guerra non poteva permetterselo!

La cultura di pace

Il nostro sforzo, come associazioni e gruppi che vogliono costruire la pace, è di lavorare con coerenza tra i nostri fini e i mezzi utilizzati. Per questo portare la pace con la forza armata ci sembra una insanabile contraddizione. Non è certamente la buona fede dei giovani militari impegnati all'estero che mettiamo in discussione, né il fatto che gran parte di loro sia estranea ad abusi nel loro monopolio dell'uso della forza.

Ciò di cui invece siamo profondamente convinti è che la pace innanzitutto si costruisce iniziando a "disarmare" le nostre menti, spesso cariche di pregiudizi e vuote di capacità critica. Inoltre crediamo che la solidarietà internazionale e le missioni di pace si realizzino solo lavorando prima che il conflitto diventi guerra, perché la pace imposta con le armi non sarà mai sincera.

L'alternativa nonviolenta

Come cittadini desiderosi di pace chiediamo alle istituzioni che venga meno il monopolio militare dei cosiddetti interventi umanitari, ed il conseguente riconoscimento giuridico (auspicato anche dal Parlamento Europeo) per chi si impegna in missioni di pace nonviolente. Perché agli obiettori di coscienza era impedito di partecipare a interventi all'estero e recentemente ciò è stato permesso solo a condizioni che gli enti si coprano tutte le spese, mentre per gli interventi militari si ricorre ovviamente alla casse pubbliche? Perché se un militare viene ferito diventa un eroe e se viene colpito un volontario diventa un fesso?

E' ormai ora che le istituzioni riconoscano pari dignità alla difesa popolare nonviolenta (adeguandosi alla sentenza della Corte Costituzionale n. 450 del 1989), che venga finalmente approvata la riforma della 772/1972 sull'obiezione di coscienza e che sia consentita ai cittadini l'opzione fiscale, cioè il diritto di finanziare, con la parte delle tasse destinate alla Difesa, una Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta.

Nella speranza che l'episodio accaduto in Somalia si riveli un caso isolato, riteniamo comunque opportuno che la riflessione collettiva sull'accaduto non si limiti a considerare i responsabili di queste barbarie come schegge impazzite; questi nuovi Rambo, che si sentono giustificati nelle loro violenze dall'alto fine che credono di perseguire, sono il frutto amaro della cultura che legittima la violenza "buona" contro quella "cattiva". Consideriamo responsabilità comune verso le generazioni future costruire una cultura alternativa dove la nonviolenza diventi il mezzo privilegiato per conquistarci la Pace.

FORUM PER LA PACE DI LIVORNO

Agire Verde, Associazione di Solidarietà con il Popolo Saharawi, Associazione Italia-Nicaragua, Obiettori di Coscienza Caritas, Centro Mondialità Sviluppo Reciproco, Comitato di Solidarietà con il Chiapas, Comitato per i Diritti del Malato, Comunità Bahai, Comunità Cristiana di Base "Piazza del Luogo Pio", Gruppo di Educazione alla Pace, Gruppo Missionario della Parrocchia N.S. del Rosario, Movimento Federativo Democratico, Nero & Non Solo, Peacelink, Rete Radié Resch, Sinistra Giovanile


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