Ormai la piattaforma off shore è OPERATIVA da tempo e quindi questa pagina è sicuramente obsoleta, la lasciamo comunque come in un archivio storico a testimoniare le nostre perplessità sul progetto all'epoca , relative soprattutto a sicurezza del territorio e sostenibilità ambientale. Vero che ciò che oggi non desta problemi non è detto che non li dia domani e tuttavia non possiamo neppure dire sempre no a tutto a prescindere dai contesti, per cui, rivisitando questa pagina (marzo 2022), è corretto dire che non sosterremmo a priori le medesime posizioni di allora, vista anche la recente invasione dell'Ucraina e constatata la nostra forte dipendenza dal gas russo. Ovviamente in attesa di una auspicata riconversione energetica, dai tempi purtroppo molto lunghi perchè fino ad oggi è stato più conveniente non fare nulla. In ogni caso e questo è per noi vero anche oggi, è sempre necessario essere certi che le scelte siano sempre condivise con le popolazioni, non creino rischi al territorio e siano sostenibili dal punto di vista ambientale. Lasciamo dunque la pagina no gas off shore a testimonianza di come si possa anche cambiare idea ma tuttavia di come un pensiero critico rimanga indispensabile in ogni caso, non negazionista e polemico a tutti i costi o ma critico e possibilista, domandandosi fino in fondo cosa è meglio per tutti e non per i soliti pochi o per i loro amici.
ps: i diversi link qui sotto sono in ordine di tempo crescente, fino all'ultimo che è datato 2014 e ripercorrono i dubbi che precedettero la costruzione del rigassificatore al largo delle coste livornesi.
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gli aggiornamenti sulla questione, reperibili sul link dedicato: cliccare qui.
iniziativa del 12 maggio 2006, dibattito sulla questione: noi ci esprimiamo contro................
petizione per il Santuario dei cetacei (09.2007)
per un referendum autogestito, incontro il 14.02.2008
accolto il ricorso al T.A.R 30.07.08
Un progetto mastodontico per garantire profitti alle imprese (marzo 2010)
http://www.offshorenograzie.it/ - per seguire tutti gli aggiornamenti recenti (vedi link in home page) - il sito non è più attivo
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Progetto terminale gas
off shore al largo delle coste di Livorno......il perchè di un referendum
richiesto.
secondo le previsioni di parte ed
ottimistiche della OLT (Olt off shore Lng Toscana)
, società presentatrice del progetto,
si
otterrebbe da tutta l’operazione una qualche decina di posti di lavoro
………….. ne vale la pena, ci siamo domandati, considerando il danno
che il terminale provocherebbe alle attività turistiche della zona
interessata, per i vincoli posti dal terminale off shore, per il traffico di
grandi e pericolose navi gasiere, per la grande quantità di aree marine
interdette alla navigazione per motivi di sicurezza,
ostacolando
oltretutto la normale attività di pesca e altererando le condizioni
dell’eco sistema marino, con ripercussioni sulla quantità e qualità
della fauna ittica presente?
Sia come sia, di fronte ad una questione importante,
riguardante il territorio livornese, con scarsi vantaggi e tanti rischi per
la collettività, ritenendo che
debbano essere i cittadini
ad esprimersi su una questione che li riguarda direttamente,
l’associazione AGIREVERDE ha aderito al Comitato
cittadino contro la piattaforma off-shore, richiedendo
un referendum consultivo sulla piattaforma.
Per ogni
dettaglio riguardante la questione, vi rimandiamo al dossier relativo che
potete trovare su www.agireverde.it
al link “terminale gas off
shore a Livorno”.(vedere più avanti).
E’ sottinteso che ogni riflessione in merito, da parte degli associati, sarà ospitata nello spazio opinioni del sito stesso, accedendovi con invio di e mail a agireverde@yahoo.com
sez. AMBIENTE,
Agireverde
Livorno
1) conferenza stampa di presentazione del comitato
2) progetto in dettaglio ed i motivi del no
1)
Oggetto:
conferenza stampa in Comune per presentare il nuovo "Comitato
cittadino contro la piattaforma off shore".
Le
associazioni che hanno promosso il nuovo comitato sono Agire Verde,
Cittadinanza Attiva, Comitato di difesa dall'inquinamento ambientale,
Comitato Salute Ambiente, Forum Ambientalista, Medicina Democratica, Lipu,
Sequenze Cultura, Unione Inquilini, Verdi Ambiente Società.
Alla conferenza stampa sono stati presentati gli obiettivi del comitato:
1) una nuova richiesta di referendum sulla piattaforma, 2) una campagna di
informazione rivolta a tutti i cittadini, 3) la realizzazione di azioni
legali per garantire la partecipazione dei cittadini alle importanti
decisioni che li riguardano.
I promotori del Comitato non sono per niente convinti che tutte le questioni
sulla piattaforma siano risolte e meno che mai con un suo spostamento verso
l'area della Meloria.
Era stato detto che il sito era volutamente lontano dalla Meloria per
rispettare quell'area. Ora invece si dice che gli impatti sull'ambiente sono
sostanzialmente non significativi, mentre tutti possono leggere sulla
Gazzetta Ufficiale un bando dell'ICRAM di messa a concorso di borse di
studio per valutare e monitorare gli effetti degli impianti off shore
sull'ambiente marino.
E' chiaro che il prospettato spostamento verso l'area della Meloria e il
nuovo progetto di metanodotto Algeria-Toscana presentato dalla società
Galsi cambiano completamente il quadro della situazione e fanno cadere molti
degli argomenti dei fautori dell'impianto off shore. E' altrettanto chiaro
che i cittadini hanno il diritto di pronunciarsi di fronte alla nuova
situazione che si va profilando e che riguarda direttamente il loro ambiente
e la loro vita. I nuovi motivi di perplessità vanno così a sommarsi alle
precedenti obiezioni.
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n 2
Il prospettato spostamento dell'impianto off shore di rigassificazione
verso l'area della Meloria, fino ad oggi considerata parco marino e non zona
industriale, riapre la questione sull'opportunità della sua costruzione. Il
nuovo progetto di metanodotto Algeria-Toscana presentato dalla società
Galsi, di minore impatto ambientale e capace di fornire tutto il gas di cui
la Toscana avrebbe eventualmente bisogno, fa cadere poi molti degli
argomenti, credibili o no, dei fautori dell'impianto off shore. L'opportunità
della sua costruzione va quindi rivista radicalmente alla luce degli
elementi nuovi e con la partecipazione dei cittadini che hanno il diritto di
pronunciarsi e di far pesare le proprie opinioni in una decisione che
riguarda direttamente il loro ambiente e la loro vita.
Resta comunque irrisolta la questione relativa all'assetto societario della
società OLT proponente l'impianto. La società, come ha anche riconosciuto
la stessa Regione, non fornisce adeguate garanzie imprenditoriali. D'altra
parte la forte partecipazione dell'Asa e sopra tutto, i complicatissimi
intrecci, che giungono fino all'estero, delle società controllanti non
forniscono le adeguate garanzie di una netta separazione tra chi esercita i
pur legittimi interessi d'impresa e coloro che nelle Istituzioni hanno il
compito di tutelare l'interesse collettivo.
Tutti questi dubbi si aggiungono alle precedenti obiezioni.
Già ha destato, a suo tempo, perplessità venire a sapere a posteriori e
non dalle pubbliche autorità, che nell'estate 2002 il progetto di terminal
off shore gas da costruire al largo delle coste livornesi era stato
presentato all'ex-sindaco Lamberti da soggetti "molto chiacchierati". Ha poi destato perplessità che lo stesso
Lamberti, accolto entusiasticamente il progetto, ha impegnato il Comune di
Livorno in un accordo con la società proponente l'impianto, senza che ci
sia stata alcuna preventiva discussione da parte del Consiglio Comunale. Ha
destato infine perplessità che il Comune abbia eluso la richiesta di
referendum, regolarmente presentata da associazioni e cittadini, facendo cadere
quindi la possibilità di un pronunciamento popolare. E' insomma una
storia di silenzi.
Senza stare a fare il lungo elenco delle domande a cui non è stata data
adeguata risposta, facciamo poi notare che nessun competente ha mai speso
una parola riguardo i rischi derivanti dalla sismicità della zona o
riguardo ai danni derivanti dall'immissione in aria, ogni anno, di milioni
di metri cubi di gas che contribuirebbero a inquinare l'ambiente e ad
aumentare l'effetto serra.
E' una storia fatta di silenzi ma anche di forzature: si da' ad intendere
che l'agonizzante Cantiere navale Fratelli Orlando (oggi chiuso) possa
trarre sostanziale giovamento dall'operazione; si da' per certo che le
bollette del gas dei livornesi diminuirebbero del 10% quando invece non c'è
alcun documento che lo comprovi; si dice che l'impianto permetterà la
conversione a gas della centrale Enel e quindi il miglioramento della qualità
dell'aria cittadina, quando invece non c'è alcun documento che leghi la
conversione a gas della centrale alla realizzazione dell'impianto off shore.
Noi chiediamo ora di riaprire la questione, di rivedere tutti i reali
vantaggi e svantaggi, di informare adeguatamente e obiettivamente i
cittadini e di farli pronunciare sull'argomento. Vedremo se, con il nuovo
stile di governo del Sindaco Cosimi, ciò sarà possibile.
Progetto
terminale gas off shore al largo delle coste di
Livorno
Dossier
a
cura del “Comitato cittadino contro la piattaforma off-shore”
Agire
Verde, Cittadinanza Attiva, Comitato di difesa dall’inquinamento ambientale
Comitato Salute Ambiente, Medicina Democratica, Sequenze Cultura,
Verdi
Ambiente Società
Quanto
gas arriverà in Toscana?
Il
gasdotto GALSI dall’Algeria
(10
miliardi di metri cubi di metano l’anno)
La
piattaforma OLT per il gas metano off-shore
(2
miliardi di metri cubi di metano l'anno)
Non basta il metanodotto dall’Algeria?
Il
progetto GALSI (10 miliardi di metri cubi di metano l’anno)
15 aprile 2005
Il progetto GALSI prevede un gasdotto di collegamento tra
l’Algeria e la Sardegna con prolungamento all’Italia. Avrà come punto
probabile di arrivo la Toscana. Il consorzio GALSI è composto da da 7
azionisti: 36% Sonatrac (compagnia petrolifera di Stato algerina), socio di
maggioranza relativa, 18% Edison (Italia), 13,5% Enel produzione (Italia),
13,5% Wintershall (Germania), 9% Hera (Italia), 5% Sfirz (Italia- regione
Sardegna) e 5% Progemisa (Italia, regione Sardegna).
La GALSI ha già elaborato lo studio di fattibilità del
metanodotto e prevede un investimento di due miliardi di euro per trasportare
sino a 10 miliardi di metri cubi di metano l’anno verso l’Italia passando
per la Sardegna.
Un gasdotto che secondo gli esperti diventerà
un’alternativa al passaggio dal canale di Sicilia attraverso il Transmed
dell’Eni, attualmente l’unico “corridoio” di transito nel
Mediterraneo, sul quale viaggiano 25 miliardi di metri cubi di gas naturale
l’anno.
Uno degli
argomenti che vengono portati a sostegno del progetto di piattaforma off shore
è il benefico effetto sui livelli occupazionali della città. Questo è un
argomento forte in un’area, come la nostra, dove la disoccupazione rimane a
livelli drammaticamente alti.
Ma
in conclusione, quanti posti di lavoro potrebbe garantire la realizzazione del
progetto?
Al
tempo della presentazione del progetto (2002) il sindaco Lamberti parlò di
una grande opportunità di rilancio per il Cantiere Navale, allora in
gravissima crisi. Nell’operazione OLT il Cantiere avrebbe avuto un doppio
ruolo: trasformare la nave gasiera in terminale di rigassificazione e
successivamente curare la sua manutenzione. Tutti sappiamo come è finita
l’agonia del Cantiere: la soluzione Azimut/Benetti ha profondamente mutato
le caratteristiche del Cantiere Navale rendendolo inadatto ai profondi lavori
di trasformazione della nave gasiera in terminale di rigassificazione “on
board” come si dice oggi.
Secondo
quanto risulta, l’unica valutazione dei livelli occupazionali derivanti è
stata fatta da uno studio effettuato per conto della stessa OLT. Le previsioni
sembrano piuttosto ottimistiche: 100 persone dovrebbero essere impiegate dal
terminale, altre 40 provvederebbero alla manutenzione. Secondo lo stesso
studio, nella fase preparatoria (costruzione del metanodotto e del terminale)
sarebbero impiegati 360 lavoratori; in realtà ne sarebbero utilizzati in
minor numero poiché, come si è detto, il Cantiere non potrà effettuare
l’impegnativo lavoro di trasformazione della nave gasiera in terminale
galleggiante per la rigassificazione. Lo stesso studio fa anche una,
egualmente ottimistica, previsione per gli impieghi prodotti dalle attività
collaterali: 100 lavoratori! Naturalmente cifra tonda!
Insomma
anche secondo le discutibili previsioni dello studio commissionato dalla OLT
si tratterebbe, nella migliore delle ipotesi, di 140 posti stabili e di
qualche decina di temporanei. Non sembra gran che se si pensa, ad esempio, ai
più di 500 dipendenti, oltre a quelli impegnati nelle ditte esterne, della
raffineria ENI e alle centinaia dell’Ipercoop di Porta a terra!
La stessa Regione Toscana, nel documento
ufficiale conclusivo di “Valutazione
Integrata” del progetto OLT, in data 9 luglio 2004, un bel po’ di
tempo dopo la cessazione delle attività proprie del vecchio Cantiere Orlando,
riprende le argomentazioni OLT e ricorda l’accordo, firmato da
OLT
e dal sindaco Lamberti nel 2002, che appunto
prevedeva il coinvolgimento delle maestranze del Cantiere Navale Fratelli
Orlando nelle attività di trasformazione della nave metaniera in terminale
galleggiante. Il documento regionale suddetto afferma: “Questa
operazione rappresenta un contributo importante per la valorizzazione del
capitale umano presente sul territorio”. Lo stesso documento regionale
insiste ancora sull’argomento; osserva criticamente solo che non è ancora
avvenuta la “costituzione
di un previsto gruppo di lavoro con compiti di monitoraggio sulla concreta
attuazione degli impegni”.
Queste
affermazioni del documento regionale, a Cantiere Navale di fatto chiuso, sono
gravissime perché indicano che le valutazioni della Regione sul progetto OLT,
sulla base delle quali la Regione stessa ha preso importanti decisioni, sono
fondate su documenti presentati dalla OLT senza che questi siano stati oggetto
di un qualche controllo, neanche grossolano.
In
realtà, guardando ai livelli occupazionali complessivi, l’off shore fa
perdere posti di lavoro perché distrugge le condizioni ambientali che sono
necessarie per un sano sviluppo economico. E’ bene tener presente che
l’aver puntato nel periodo post bellico sulla grande industria ha prodotto
in 30 anni (1971-2001) nella Provincia di Livorno la perdita,
nel settore, di 40.000 posti di lavoro oltre a un permanente inquinamento del
territorio. Insomma, i posti di lavoro se ne sono andati, l’inquinamento è
rimasto.
E’ ovvio che un
progetto del genere produce dei danni, anche economici. Potrebbe però portare
eventualmente ad uno sviluppo delle attività industriali complessive. Quali
sono le reali prospettive?
Gli
ambienti favorevoli al progetto OLT sono spesso ritornati sulla questione
degli effetti positivi del progetto relativamente alle possibilità di
espansione industriale dell’area livornese. Cosa parecchio strana,
considerato che il “Piano territoriale di coordinamento” della Provincia di Livorno,
documento ufficiale ben noto, afferma: il “sistema
della pianura settentrionale (cioè l’area livornese, ndr) presenta limitate
potenzialità di ulteriore espansione industriale a parte il riuso delle aree
dismesse”. Insomma, nella nostra zona l’unica possibilità di
installare nuove imprese industriali è quella di sfruttare aree lasciate
libere da attività dismesse. Queste aree però sono state in gran parte
utilizzate per le attività portuali. E’ quindi puramente illusorio pensare
che i pochi spazi lasciati liberi in città dalle fabbriche chiuse possano
interessare gruppi industriali attratti dall’ipotetico minor costo delle
tariffe del gas. Appare quindi certo che “l’espansione
industriale legata all’arrivo di gas a buon mercato” sia, almeno
relativamente ad attività di peso economico non trascurabile, solo una rozza
trovata propagandistica.
Perché,
quali
possono essere le conseguenze dell’impianto sul
rilancio turistico della città?
Il
“piano” sopra citato punta “all’affermazione
della città come polo turistico attraverso la riconversione del Porto Mediceo
e il potenziamento delle attività legate alla crocieristica ” ma è fin
troppo evidente che il turismo verrebbe danneggiato dai vincoli posti dal
terminale off shore, a causa del maggior traffico di grandi e pericolose navi
gasiere e, soprattutto, a causa della grande quantità di aree marine
interdette alla navigazione per motivi di sicurezza (43 chilometri quadrati).
E’ significativo che i documenti OLT ben si guardano da analizzare in
dettaglio le interazioni fra progetto OLT e attività turistiche.
E’
bene tener presente che secondo un’indagine del 1998 di Unioncamere, in
Toscana i settori produttivi capaci di produrre, nel breve periodo, il maggior
incremento di occupati sono quelli del commercio e del turismo, seguiti dai
servizi alle famiglie e alle imprese e da alcune branche dell’industria.
Anche su un piano semplicemente utilitaristico, che prescinde
quindi da ogni valutazione sui danni ambientali in sé, un’analisi seria del
rapporto costo/benefici dimostra chiaramente che la città ha tutto da perdere
e ben poco da guadagnare da questo progetto.
Ma quali saranno le
ripercussioni sui traffici marittimi e sulla pesca?
E’
indubbio che il previsto impianto off shore comporterebbe un radicale
cambiamento del traffico marittimo.
L’area
complessiva di interdizione alla navigazione dovrebbe avere un raggio minimo
di circa due miglia nautiche (circa 3,7 chilometri), pari, come detto, a 43
chilometri quadrati. In quella zona sarebbe vietato l’attraversamento di
qualsiasi imbarcazione. Si prevede la presenza di una nave guardiana che
pattugli la zona 24 ore su 24.
Tutto
ciò causerebbe inevitabilmente notevoli disagi per il normale transito dei
natanti (ad es. con modifiche delle rotte navali, ecc.) in una zona di
notevole traffico. Ad esempio, nell’anno 2002 ci sono state 1640 navi, tra
mercantili e passeggeri, in arrivo o in partenza dal porto a Livorno. Di
queste, si stima siano transitate nelle acque circostanti il terminale
galleggiante il 9%, vale a dire circa 160 navi, oltre alle imbarcazioni
adibite ad attività di pesca.
L’incremento
di traffico, dovuto alle metaniere (sono stimati 42 arrivi ogni anno) e ai
mezzi a servizio del terminale (due rimorchiatori da e per il porto di Livorno
per ogni metaniera in arrivo, nave guardiana, mezzi di servizio),
ostacolerebbe la normale attività di pesca e altererebbe le condizioni
dell’eco sistema marino con ripercussioni sulla quantità e qualità della
fauna ittica presente. E’ prevedibile poi che la qualità delle acque, ossia
dell’habitat di molte specie, possa subire un peggioramento a causa della
maggior quantità di reflui, civili e non, immessi in mare dalle navi.
E’
bene tener presente che la pesca svolge un ruolo di notevole importanza nel
tessuto socio-culturale della regione, con ricadute economiche non
trascurabili. Alla fine del 1998 in Toscana c’erano 25 porti pescherecci e
vi erano registrate circa 700 imbarcazioni. Soltanto nel porto di Livorno
risultano attualmente presenti 121 barche, in larga parte dedite alla piccola
pesca artigianale nelle zone antistanti la costa livornese e che si estendono
al largo, fino alle Secche della Meloria e alle isole minori Capraia e Gorgona.
L’importanza
di quest’attività ha permesso l’istituzione del Piano Regionale della
Pesca marittima e acquacoltura (approvato dal Consiglio Regionale con
deliberazione del 31/10/2000, n. 226). Il piano prevede, fra gli obiettivi, il
miglioramento della competitività delle imprese della filiera
pesca-acquacoltura che, a sua volta, viene perseguito anche attraverso “il
miglioramento delle condizioni di esercizio della piccola pesca costiera…”.
Concludendo,
il sistema della pesca, a seguito della costruzione e dell’esercizio del
terminal, subirebbe sensibili ripercussioni negative dovute sia alla
costituzione di aree di interdizione alla navigazione, sia all’incremento
della movimentazione marittima nelle aree adiacenti alla zona interdetta.
E’ vero che
l’impianto favorirebbe la metanizzazione della centrale Enel?
In
realtà la costruzione della piattaforma off shore della società OLT non è
legata alla conversione a metano della centrale ENEL. Non esiste infatti alcun
documento preliminare, né tanto meno accordo, fra OLT e ENEL sull’eventuale
utilizzo del gas proveniente dalla piattaforma off shore nella centrale di via
S. Orlando. E’ la stessa Regione Toscana nel documento di Valutazione
Integrata a confermarlo quando afferma che: “L’impianto
di rigassificazione non appare direttamente correlato a nessun progetto volto
alla riconversione di centrali esistenti”.
L’ENEL,
se davvero fosse interessata alla conversione a metano della centrale,
potrebbe comunque rifornirsi di gas sia con impianti propri (la stessa società
ha già presentato al Ministero competente progetti per suoi impianti off
shore), sia mediante l’utilizzo dei metanodotti Snam.
Sembra poi non corrispondente al vero quanto
affermato dalla OLT riguardo la necessità di costruire un nuovo metanodotto “da
Pomaia a Livorno” per rifornire la centrale di Livorno, poiché secondo
il citato documento della Regione Toscana “la
rete regionale dei gasdotti non presenta vincoli tecnici tali da impedire un
maggior prelievo di risorse”.
Ma
un’eventuale metanizzazione della centrale Enel porterebbe o no un
sostanziale miglioramento dell’ambiente cittadino?
C’è innanzitutto da sottolineare che, contrariamente a
quanto viene detto anche da parte di autorità pubbliche, le centrali a
turbogas emettono, tra l’altro, notevoli quantità di polveri fini e
ultrafini. Una centrale a gas da 750-780 MW
(grosso modo della potenza dell’eventuale nuova centrale a gas di Livorno)
funzionante per 6000-7000 ore all’anno, consuma circa un miliardo di metri
cubi di gas all’anno ed emette ogni anno da 150 a 250 tonnellate di polveri
fini, di cui circa il 95% sono ultrafini (particolarmente nocive e
pericolose). La combustione di gas metano (in simili centrali) produce inoltre
consistenti quantità di ossidi di azoto (circa 1500 tonnellate all’anno),
che a loro volta causano la formazione di notevoli quantità di altro
particolato.
Alcuni
recenti e autorevoli lavori scientifici (Armaroli, Po - 2003) evidenziano i
seri pericoli per la salute derivanti principalmente dalle polveri fini e
ultrafini prodotte dalle centrali turbo gas, e suggeriscono l’utilizzo di
sofisticati impianti (non in uso in Italia) per l’abbattimento dei fumi. Ma
nessun membro della OLT e nessuna autorità pubblica ha mai neanche accennato
all’eventuale utilizzo delle migliori tecnologie disponibili per
l’abbattimento dei fumi della prospettata centrale turbogas.
Secondo la stessa “Valutazione
integrata”, relativamente alla qualità dell’aria, “il
territorio della Provincia di Livorno appare già fortemente compromesso”;
in particolare, “risultano critici nel
Comune di Livorno i livelli di benzene, ozono, biossido di azoto e polveri
fini”. Inoltre la centrale Enel di Livorno, come rileva anche un
documento Arpat del 2000, ha una collocazione decisamente infelice, sia per la
sua notevole vicinanza al centro della città, sia per la direzione e
l’andamento medio dei venti. Solo la sua chiusura potrebbe migliorare
notevolmente l’ambiente.
E’ vero che il
metanodotto sarà costruito in una zona sismica?
Tutta la fascia tirrenica è andata soggetta col passar del
tempo a notevoli trasformazioni della crosta terrestre. 15 milioni di anni fa,
dove oggi si estende il mare, c’era una catena di montagne sorte a seguito
della compressione fra due zolle continentali. Tali catene montuose sono poi
andate progressivamente scomparendo anche a seguito della distensione della
crosta continentale prodotta dalla risalita delle sottostanti rocce. Ne seguì
la rottura della crosta stessa in tanti blocchi che iniziarono ad allontanarsi
gli uni dagli altri, scorrendo lungo superfici (dette faglie). Le ampie
depressioni, così formate, sono oggi occupate dal mare.
In
particolare, nella zona di Livorno, i terremoti hanno origine a piccole
profondità; ciò è un elemento che aumenta la gravità delle conseguenze
prodotte sulla superficie. I monti livornesi presentano poi un fitto
reticolato di faglie, indice di attività sismica, mentre la zona di Stagno, a
nord della città, è tuttora soggetta a fenomeni di sprofondamento. A
conferma dei rischi, è bene tener presente che l’attuale sistema
statistico-probabilistico nazionale - istituito per individuare le aree
sismicamente instabili – e che pure aveva portato ad indicare “calme”
zone come la valle del Bèlice in Sicilia (teatro di un disastroso terremoto),
colloca Livorno al margine di una area a rischio di grossi terremoti.
La
zona poi, in cui dovrebbe essere realizzato l’impianto off shore,
è a ridosso della faglia sismica causa dell’ultimo terremoto del 30 giugno
2003. L’allora Assessore comunale all’ambiente, Luca Bussotti, si affrettò
a dichiarare che non c’era pericolo e aggiunse, quasi come prova, che i
quattro terremoti avvenuti nella zona negli ultimi quarant’anni non hanno
prodotto danni alle condotte del Costiero Gas.
In
realtà, impianti del genere non dovrebbero essere mai costruiti in zone
sismiche. La Edison, presentando un progetto similare a Rovigo, dichiara che
la zona non è sismica e che la “localizzazione
prescelta è stata determinata a seguito di approfonditi studi sismici,
geologici”. Al contrario, il rischio relativo alla zona
d’installazione dell’off shore di Livorno non è stato preso concretamente
in considerazione né tanto meno è stato oggetto di accurati studi.
L’impianto previsto
può essere causa di gravi incidenti industriali?
E’ indubbio che il traffico di navi gasiere destinate ad
alimentare l’impianto sarebbe di per sé elemento di pericolo. Non va poi
dimenticato che l’impianto previsto è del tipo “a rischio d’incidente rilevante”. La normativa nazionale ha
classificato l’area di Livorno-Collesalvetti come “critica” per la concentrazione di attività appunto “a
rischio d’incidente rilevante” e ha indicato la necessità di
prevedere un piano d’intervento per la riduzione o l’eliminazione dei
fattori di rischio. Non è quindi un buon criterio aggiungere altri rischi a
quelli già esistenti.
Ma perché, anche il
Comune di Collesalvetti corre qualche rischio?
Quasi certamente gli abitanti di Stagno sono all’oscuro del
progetto della società OLT che prevede, tra l’altro, la costruzione di un
metanodotto. Essi probabilmente non sanno che questo passerebbe a poche
centinaia di metri dalla raffineria Agip Petroli e che per quasi la metà del
percorso a terra attraverserebbe il territorio di Stagno, comune di
Collesalvetti. Non si è sentito dire pubblicamente, a proposito, una sola
parola dalla giunta comunale, né tanto meno dal Sindaco di Collesalvetti.
L’Amministrazione
Comunale di Collesalvetti ha comunque espresso, nelle sedi opportune, parere
negativo sul tracciato individuato sul territorio di competenza e ha proposto
a suo tempo un diverso tracciato di cui però non si è tenuto alcun conto.
Il percorso, ormai definitivo, attraversa nel territorio di
Stagno il fosso Navicelli e l’antifosso Acque Chiare, il fosso Torretta,
l’argine dello scolmatore dell’Arno, passa poi sotto l’autostrada A12,
va al raccordo stradale, lo percorre in parallelo, quindi arriva alle cabine
Snam e Asa in via Aiaccia. Questo tracciato è molto pericoloso per i punti
critici che attraversa. Il gasdotto sarebbe interrato a solo un metro di
profondità. Bisognerebbe quindi riflettere e pensarci due volte prima di
realizzarlo. Agli abitanti di Stagno, se fossero informati, verrebbe certo
naturale chiedersi se è proprio necessario aggiungere questo metanodotto a
tutti i problemi ambientali della zona nord: superstrada, autostrada,
svincoli, traffico veicolare più che caotico, raffineria Agip con ben otto
ciminiere attive, inceneritore a poche centinaia di metri, il Faldo (che
interessa Stagno e Guasticcie). Sicuramente gli abitanti di Stagno, seguendo
il buon senso comune, concluderebbero che nuovi rischi e nuovi problemi sono
proprio da evitare.
Ma davvero,
l’impianto off shore farà diminuire, come è stato affermato, le bollette
del gas degli utenti livornesi?
In effetti, la diminuzione del costo del gas è promessa in
un articolo riportato dal giornale Il Tirreno dell’1/4/2004. Secondo questo
articolo, in un dibattito tenutosi alla sezione Capocchi-Turati dei socialisti
democratici, il Presidente dell’ASA Paolo Rotelli e il consigliere Nedo Di
Batte hanno prospettato che se verrà costruito l’impianto off shore vi
saranno prezzi più vantaggiosi per il gas. Rotelli e De Batte non hanno
precisato però per quale utenza e in che misura ciò potrebbe avvenire.
In data 18/5/2004 sulla cronaca di Livorno de Il Tirreno con
il titolo “con l’off shore il gas
costerà meno” la diminuzione del costo del gas è promessa di nuovo. Lo
afferma Silvano Cinuzzi, Presidente di ASA-TRADE nonché componente del
consiglio di amministrazione della OLT. Precisa che non si tratta di un
semplice annuncio ma di un preciso impegno verso i cittadini. Il suo obiettivo
dichiarato è di partire con uno sconto del 10% per le famiglie livornesi e
per tutta l’area.
Dichiarazioni
sui giornali a parte, l’unico documento scritto al riguardo risulta il
“Documento
di Valutazione Strategica nel sistema Socio Economico Toscano e Sviluppo
Sostenibile” redatto su incarico OLT, a cura di Dionisia Cazzaniga
Francesetti, professore dell’Università di Pisa. La stessa dichiara che la
riduzione del 10% del prezzo del gas è
“stimata dalla OLT”; la professoressa si guarda però bene dal
quantificare un sicuro ribasso sia per le bollette livornesi che per le altre.
A questo proposito, non si può far a meno di censurare ancora una volta la
“Valutazione integrata”
regionale. Questo documento, distorcendo la verità, dichiara che nelle
conclusioni dello “studio elaborato
dall’Università di Pisa (sic)…si
afferma che OLT applicherà uno riduzione del 10% sul prezzo
del proprio gas”, mentre avrebbe dovuto
dire che lo studio è effettuato dalla professoressa Francesetti
dell’Università di Pisa su incarico OLT e che nelle conclusioni dello
stesso si afferma, non che l’OLT applicherà una riduzione, ma molto
più cautamente che la riduzione “è stimata dalla OLT”. Stimata dunque dalla OLT, non promessa e
tanto meno assicurata.
Lo stesso documento regionale, secondo una metodologia che
appare consolidata, fa poi qualche critica marginale ma significativa come, ad
esempio, quando afferma: “Non
risultano chiari gli strumenti operativi e i meccanismi di raccordo con
l’utenza locale che si intendono attuare per realizzare la riduzione dei
costi energetici.”.
Rimangono
alla fine le promesse del Cinuzzi, membro, come detto, del Consiglio di
Amministrazione dell’OLT. Ma, si sa, “verba
volant”.
Che
ruolo ha avuto in tutta la vicenda OLT il professore Severino Zanelli autore
dello studio di “Valutazione concettuale di sicurezza” del progetto di
terminale off shore per GNL?
Severino
Zanelli è professore dell’Università di Pisa. Per la verità è anche
membro della direzione provinciale dei Democratici di sinistra, membro del
Consiglio d’amministrazione dell’ENEA, presidente del Consorzio polo
tecnologico Magona di Piombino e di chissà quante altre istituzioni
scientifiche. Ma il professor Zanelli è anche un “consulente”, cioè un
“esperto” chiamato da questa o quella amministrazione locale o da questa o
quella società industriale a dare il proprio contributo a questo o a quel
progetto.
Si tratta, dunque, di una personalità variegata,
dalle molte facce o personalità che, a quanto pare, convive felicemente con
le tante contraddizioni che il ruolo di “consulente” gli procura. Per
esempio il professor Zanelli negli anni ‘70 e ‘80 era consulente del
sindacato unitario dei chimici (FULC) per il quale realizzò documenti e
consulenze fortemente critici nei confronti dell’industria chimica
nazionale. Troviamo però lo stesso professor Zanelli tra i consulenti dell’Enichem
nel tristemente famoso processo di primo grado al petrolchimico di Porto
Marghera, durante il quale, evidentemente “folgorato
sulla via di Damasco” come sostenne il P.M. Casson, rinnegò quanto
asserito 20 anni prima contribuendo all’assoluzione del gruppo dirigente
della fabbrica accusato di aver provocato la morte di centinaia di operai.
Ma, evidentemente, il professor Zanelli fa della
contraddizione (o mutevolezza) un proprio stile di vita, almeno secondo quanto
appare a livello professionale e pubblico. A conferma, si ricordi che lo
stesso, nella sua qualità di consulente del Comitato di coordinamento
incaricato nel 1997 dal Ministero dell’ambiente e dalle amministrazioni
locali (Regione toscana, Provincia e Comune di Livorno) di redigere il piano
per la riduzione dei rischi nell’area industriale di Livorno, partecipò
alla riunione tenuta al Ministero dell’ambiente il 13 febbraio 2001 per
discutere la valutazione del rischio ambientale collegato alla presenza di
gasiere nel porto di Livorno. In quell’occasione il professor Zanelli difese
a spada tratta la scelta del Comitato, contrario alla costruzione di una
piattaforma off shore al largo del porto di Livorno da utilizzare per lo
scarico del GPL (gas di petrolio liquefatto) destinato al Costiero Gas.
Zanelli, insieme agli altri membri del Comitato, argomentò questa scelta con
una serie di motivazioni fra le quali spiccano:
1.
“il tipo di condizioni
meteoclimatiche” (i venti e il moto ondoso sono tali da non poter garantire
un sufficiente numero di giorni/anno con condizioni di operabilità in
sicurezza)”;
2.
“il tipo di traffico marittimo
del tratto di costa antistante la zona (prevalentemente di tipo da diporto e
turistico)”;
3.
“la presenza in zona del
santuario dei cetacei”.
Secondo quanto riportato dal verbale di quella
riunione “gli aspetti sopra enunciati,
a parere del Comitato di coordinamento, contribuiscono inoltre alle difficoltà
di poter gestire con un sufficiente grado di sicurezza le strutture off-shore
ed i collegamenti con la costa”.
Il
Ministero dell’ambiente accettò quelle motivazioni e l’off shore per il
gas GPL non fu fatto. Peccato
che pochi mesi dopo (aprile 2002) è lo stesso professor Zanelli a presentare
a nome della Cross-Energy (la OLT non era
stata ancora costituita), la “Valutazione
concettuale di sicurezza” del progetto di terminale off shore per GNL al
largo delle coste livornesi, nella quale si nega di fatto quanto affermato
appena 14 mesi prima nella riunione al Ministero dell’ambiente. Ma cosa era
cambiato nel frattempo? Era stato scoperto un repentino cambiamento delle “condizioni
meteoclimatiche”? I diportisti non frequentavano più le nostre coste? I
cetacei avevano deciso di “cambiare aria”? Boh! Forse il professor Zanelli
era stato stimolato dagli “aspetti
innovativi” presenti nel progetto, come ha dichiarato al convegno
organizzato da Piazza Maggiore il 7 giugno 2003? O forse da altri aspetti,
scientificamente marginali ma personalmente da lui ritenuti importanti? Chissà!
Ormai
il professore Zanelli, deciso a prendere una chiara posizione, scrive insieme
ad altri il “Rapporto sulla sicurezza
della navigazione- Terminale galleggiante per la rigassificazione di GNL a
largo di Livorno” redatto per conto della STA Engeneering s.r.l. (Ghezzano)
su commissione della OLT.
Il professore non ha poi mancato di intervenire pubblicamente
a sostegno dell’off shore, come quando il 25 agosto 2004, nel pieno della
polemica Livorno-Pisa sul terminale, ha scritto l’articolo, pubblicato in
prima pagina su Il Tirreno: “Perché
dico si al terminal gas tra Livorno e Pisa”, firmato da “Severino
Zanelli, architetto” (sic), nel quale l’autore ha dimenticato di
informare l’ignaro lettore di essere un personaggio implicato in prima fila
nel progetto (e non un semplice collaboratore come sostenuto).
Per la verità, Zanelli non è stato il solo ad intervenire
su Il Tirreno dimenticando di informare del proprio coinvolgimento nel
progetto: qualche giorno dopo, il 4 settembre, è il turno del professor De
Ranieri, direttore dell’Istituto di Biologia Marina di Livorno, ad
intervenire sull’argomento senza però ricordare di essere il coautore dello
studio di impatto ambientale commissionato dalla OLT.
Perché, di
fronte a tutti i problemi legati all’off shore, non è stato chiesto ai
cittadini cosa ne pensavano?
In
effetti, nonostante leggi e trattati internazionali (si ricordi la Convenzione
di Aarhus del 1998) prevedano la partecipazione diretta dei cittadini alle
decisioni su impianti di tal genere, nessuna autorità politica ha ravvisato
l’opportunità di sentirne almeno il parere.
Numerose
associazioni e gruppi politici della città di Livorno dettero vita nel 2003 a
un comitato di coordinamento che mise a punto due quesiti, da sottoporre a
referendum comunale consultivo secondo i regolamenti vigenti, riguardo alla
prospettata costruzione dell’impianto off shore di rigassificazione. Il 23
maggio 2003 il “Comitato Promotore del
Referendum comunale sulla piattaforma gas off shore”, appositamente
costituito, ha presentato pubblicamente i quesiti referendari e nello stesso
giorno ha depositato in Comune le relative richieste. Dopo qualche tempo si è
venuti però a sapere da fonte comunale che il referendum non si poteva fare
perché non era stata costituita l’apposita “Commissione
dei garanti” che doveva decidere sulla ammissibilità dei quesiti
referendari e che inoltre la costituzione della suddetta commissione era
problematica perché un suo membro doveva essere nominato dal Tribunale
mediante una procedura lunga e complessa. Di
fatto, malgrado vari solleciti la “Commissione
dei garanti” non è stata mai costituita.
Se
davvero non era possibile costituire la “Commissione
dei Garanti”, stando così le cose non era possibile che i cittadini
potessero far indire alcun referendum consultivo. C’è quindi da chiedersi
per quale motivo sia stata scelta, per l’attivazione dei referendum
consultivi, una procedura non attuabile.
Il 16
Aprile 2004, verso la fine del mandato, il Consiglio comunale ha addirittura
abolito la possibilità per i semplici cittadini di poter chiedere un
referendum consultivo, riservandola per i tre quinti dei consiglieri comunali
(articolo 6 del nuovo Regolamento per i referendum). I cittadini hanno visto
così svanire ogni residua speranza di far valere in qualche modo la loro
opinione.
Che si può
dire, in conclusione, del progetto?
E’ innanzitutto un progetto improvvisato e
privo di garanzie sia tecniche che imprenditoriali; è un vero e proprio salto
nel buio. La stessa Regione Toscana ammette, a proposito, che “non esistono impianti, né esistenti né in progetto, analoghi a quello
che OLT vorrebbe realizzare a Livorno” e, come già ricordato, che è
necessario verificare
“l’idoneità e l’adeguatezza tecnico-economica”
della OLT.
Il
progetto non è in ogni caso vantaggioso per la città di Livorno non solo dal
punto di vista ambientale ma anche da quello sociale ed economico poiché,
come abbiamo visto, Livorno ha tutto da perdere e ben poco da guadagnare dalla
sua realizzazione.
Alla
luce degli avvenimenti di questi mesi riguardanti la grave crisi finanziaria
dell’ASA, si può ipotizzare che uno degli scopi principali di tutta
l’operazione sia quello di permettere la sua privatizzazione. Con l’off
shore si spera di tappare i buchi di bilancio aperti dalla passata gestione,
diciamo così, “allegra” di Rotelli, Cinuzzi & Company. E’ molto
dubbio che i genovesi dell’AMGA avrebbero investito a Livorno se non fossero
stati attratti dalle prospettive aperte dalla partecipazione a OLT.
Insomma,
il progetto appare il frutto della congiunzione di interessi maturati in
ambienti più attenti agli affari personali, settoriali e di parte piuttosto
che agli interessi ambientali, economici e sociali della città.
Progetto
terminale gas off shore al largo delle coste di Livorno
12
gennaio 2003
PREMESSA
Il
nostro paese non ha bisogno di tutto il gas di cui parlano le societa'
interessate al business della liberalizzazione del mercato dell'energia.
La
liberalizzazione del mercato dell'energia ha scatenato gli appetiti di
parecchi gruppi privati che vi vedono un modo per fare lucrosi affari. Per
preparare il terreno favorevole a vantaggiose speculazioni in questi mesi si
è perciò molto parlato di una crescente "sete" di energia e si è
agitato lo spettro del rischio "black out". Poiché non è questa la
sede per una approfondita disamina del problema, ci limiteremo a ricordare
alcuni dati essenziali della realtà italiana:
La potenza nominale
degli impianti attualmente esistenti è di 76mila MW (MegaWatt), mentre la
massima potenza effettiva disponibile è 48mila MW. Il fabbisogno massimo di
potenza registrato a tutto il 2002 è stato di 52mila MW. Il disavanzo è
stato colmato con circa 6mila MW importati dall'estero.
Questo vuol dire che
ottimizzando l'utilizzo degli impianti esistenti e lasciando inalterata la
quota delle importazioni si potrebbe raggiungere una potenza di circa 80mila
MW, cioè il 53% in più del fabbisogno massimo nel 2002.
Gli incrementi dei
consumi di energia previsti sono valutati attorno al 1-3% annuo. Ciò vuol
dire che migliorando l'utilizzo degli impianti esistenti e incentivando l'uso
delle fonti rinnovabili a scarsa o nulla produzione di inquinamento, l'Italia
non rischia i black out di energia paventati dagli ambienti interessati al
business dell'energia. In questo ambito è prevedibile ed auspicabile un
aumento della quota di energia prodotta dal gas metano, fonte meno inquinante
del petrolio e del carbone, ma in misura molto ridotta rispetto a certe
faraoniche previsioni. L'alternativa alle fonti petrolifere non sta però nel
metano ma in un uso razionale dell'energia e nello sviluppo delle fonti
rinnovabili: solare, eolico, idrogeno, biomasse, maree, ecc.
IL
PROGETTO DI TERMINALE GAS OFF SHORE DELLA CROSS ENERGY (ALIAS OLT OFF-SHORE
LNG TOSCANA)
Il terminale di cui si sta
trattando sarebbe costituito da una nave ancorata stabilmente in uno specchio
d'acqua antistante il porto di Livorno (l'esatta ubicazione non è
conosciuta), sulla quale sono installati: 3 o 4 serbatoi sferici con una
capacità complessiva di 200-270mila metri cubi di gas metano, l'impianto di
rigassificazione, altri impianti ausiliari. Le navi gasiere scaricherebbero il
loro contenuto nella nave-terminale che dopo la "lavorazione" lo
invierebbe, sotto pressione e attraverso una condotta sottomarina, sulla costa
livornese per la successiva immissione nella rete nazionale di distribuzione.
Sulla costa la condotta terminerebbe in una semplice cabina di distribuzione.
Il terminale di Livorno dovrebbe trattare 2 milioni di metri cubi di gas
l'anno. L'investimento sarebbe di 250 milioni di euro. I tempi di
realizzazione sono attualmente previsti in 25 mesi.
Il progetto viene
giustificato con l'aumento delle necessità di gas metano e con l'opportunità
di diversificare le fonti di gas, oggi legate al monopolio di ENI e ENEL
proprietarie delle tubazioni con le quali il gas viene importato soprattutto
da Russia, Algeria e Libia.
Da
una prima analisi del progetto sorgono almeno due domande preliminari.
Quali
garanzie dà il soggetto imprenditoriale che ha presentato il progetto?
Vediamo.
Il titolare nominale del progetto risulta essere la "Olt Off-Shore LNG
Toscana", società costituita l'11 settembre 2002, cioè pochi giorni
prima della firma del protocollo d'intesa con il Comune di Livorno ma molti
mesi dopo la presentazione del progetto da parte della Cross Energy, avvenuta
presumibilmente almeno nella primavera 2002. Da fonti giornalistiche -
L'Espresso del 5/12/2002 e Il Tirreno del 6/12/2002 - sappiamo che dietro la
Cross Energy, che sembra controlli la Olt, ci sarebbe il Gruppo Falk di
Sesto S. Giovanni che avrebbe presentato un altro progetto di gas off shore a
Trieste e due progetti di terminal gas costieri in Calabria. Appare comunque
strano che:
a)
la Olt sia stata costituita ad hoc per l'off shore livornese (fra i suoi
compiti istituzionali la costruzione di terminali gas, ma solo in Toscana);
b)
che la struttura societaria sia formata da una serie di "scatole
cinesi" costituite da svariate società dai nomi fantasiosi, dai più
vari interessi e dal capitale sociale spesso irrisorio che si controllano a
vicenda o a catena e che hanno sede anche fuori d'Italia, per la precisione in
Svizzera;
c)
che la Olt, o Cross Energy o Falk, non sia mai uscita allo scoperto per
presentarsi alla città lasciando la promozione del progetto al Sindaco e
all'assessore all'ambiente.
Scorrendo la documentazione
disponibile si scopre poi un particolare di cui nessuno ha parlato: la Cross
Energy intende costruire il terminale attraverso un accordo con la SAIPEM,
gruppo ENI, che ha acquistato la Moss Marittime, società norvegese
proprietaria di un brevetto per la costruzione di terminal off shore basati su
navi gasiere. Ci domandiamo: perché tenere segreto tale accordo?
La mancanza di chiarezza e
di trasparenza sul soggetto (o i soggetti) che intendono operare in un settore
tanto delicato non è per nulla tranquillizzante.
Sulla base dei documenti
pubblici in nostro possesso è legittimo ritenere che non esistono altri
terminali gas off shore simili a quello progettato dalla Cross Energy. La
stessa Cross Energy sostiene che il progetto si basa su una tecnologia
innovativa anche se provata in altre situazioni, cioè per altri prodotti e
con altri fini. Dal canto suo la relazione Zanelli, di cui parleremo più
diffusamente in seguito, ammette che "la realizzazione di terminali
galleggianti di ricezione di GNL (gas naturale liquido) è stata avviata
recentemente", ma non cita alcun esempio di questi terminali.
La nostra impressione è che terminal gas off shore basati su nave non
esistano in nessuna altra parte! Comunque sia, ogni tipo di analisi e giudizio
sul progetto di off shore nel mare livornese deve partire dalla constatazione
che si tratta di una tecnologia nuova, non adeguatamente provata, e quindi per
nulla sicura.
GLI
EFFETTI DEL TERMINALE GAS OFFSHORE: I RISCHI DI INCIDENTE E L'IMPATTO
Non ci è dato conoscere il
progetto presentato dalla Olt, o Cross, o Falk. L'unico documento in nostro
possesso è la "Valutazione concettuale di sicurezza" del
prof. Zanelli dell'Università di Pisa che porta la data dell'aprile 2002. Si
tratta di una relazione presentata dalla Cross Energy, cioè si tratta di una
relazione di parte, anche se il prof. Zanelli, autore dello studio
commissionatogli dalla Cross Energy, è rappresentante tecnico
dell'Amministrazione Provinciale nel programma per la difesa del mare nonché
coredattore del Piano di risanamento dell'area industriale a rischio di
incidente rilevante di Livorno e Piombino presentato dalle Amministrazioni
locali nella primavera 2001.
Quella di Zanelli è una
relazione, per sua stessa ammissione, limitata visto che non prende in
considerazione il progetto ma una delle "proposte costruttive
presentate dalla Moss Maritime", ora SAIPEM-ENI, che come abbiamo visto
è proprietaria del brevetto di terminale off shore che la Cross vorrebbe
utilizzare.
La relazione appare non
esauriente, innanzitutto perché Zanelli scarta come "inverosimili"
tre gravi eventi: a) rottura di uno dei serbatoi con fuoriuscita di gas, b)
troncatura della tubazione sottomarina, c) collisione fra la nave-terminale e
un'altra imbarcazione con conseguente penetrazione in uno dei serbatoi. A
nostro modo di vedere si tratta di un modo non corretto di affrontare il
problema: tali eventi infatti, per quanto si possano considerare improbabili,
non possono essere a priori esclusi categoricamente e dovrebbero quindi almeno
essere presi in considerazione insieme ai loro possibili effetti.
Nella sua analisi, Zanelli
ritiene poi che gli incidenti "minori" ma, osserviamo noi, per nulla
improbabili (per esempio perdita
nel sistema di compressione e ricondensazione, perdita delle pompe di
rilancio, perdita di vaporizzazione), siano comunque limitabili entro 60
secondi grazie al blocco automatico fatto scattare dai sistemi di sicurezza.
Peccato che tale blocco non sia previsto dal progetto della "Mass
Maritime", visto che lo stesso Zanelli lo inserisce come il primo dei
suoi "suggerimenti" per la sicurezza. Zanelli considera nullo il
rischio di esplosione anche in caso di emissione di nubi di vapore che trovino
un innesco, perché l'esplosione avverrà ad una distanza di sicurezza dai
serbatoi (almeno 20 metri). Quest'affermazione appare, per lo meno, non
adeguatamente spiegata e giustificata. Zanelli glissa infine sulle
importanti questioni meteo-climatiche relative al braccio di mare dove
dovrebbe essere ancorato il terminale. Questo atteggiamento è sorprendente
visto che il prof. Zanelli conosce bene i rischi dell'area. Nel maggio 2001,
infatti, Zanelli partecipò, come correlatore del piano di risanamento
dell'area Livorno-Piombino, alla riunione della commissione ministeriale
incaricata di valutare la proposta di costruire un terminale off shore per il
GPL (gas petrolio liquido) da inviare al Costiero Gas di Livorno. In
quell'occasione la commissione approvò il piano, scartando l'ipotesi off
shore perché, fra l'altro, "il tipo di condizioni meteo-climatiche"
lo sconsigliavano: "i venti e il moto ondoso sono tali da non poter
garantire un sufficiente numero di giorni/anno con condizioni di operabilità
con sicurezza". Si tratta di un giudizio netto che riprendeva quanto
sostenuto dalla commissione che aveva redatto il piano di risanamento
dell'area Livorno-Piombino. In quell'occasione il rappresentante della Edison
Gas, che aveva presentato un analogo progetto in Adriatico si affrettò a
sostenere che la situazione meteo-climatica di quel mare era molto più
favorevole di quella livornese. Cosa è cambiato nel giro di pochi mesi? Quello di Zanelli è
comunque l'unico documento sui rischi del terminale off-shore poiché il parere
dell'Ufficio ambiente del Comune, citato da Sindaco e assessore
all'ambiente, si limita in sedici righe a prendere atto di quanto sostenuto da
Zanelli e a rimandare a successivi approfondimenti.
LE
RICADUTE SULLA CITTA'
I sostenitori del progetto
hanno evidenziato alcune ricadute positive sulla città. Vediamole. Il Sindaco
Lamberti ha asserito che il progetto porterà 100 nuovi posti di lavoro.
Ebbene, in nessun documento relativo al progetto si quantifica la manodopera
impiegata nel terminale. Francamente 100 posti di lavoro sembrano davvero
troppi per un progetto che prevede una nave gasiera, per quanto attrezzata
(15, 20, forse 30 posti di lavoro al massimo) e una cabina di distribuzione a
terra (qualche addetto al massimo). Si è poi parlato di
ricadute sul Cantiere Navale che potrebbe fare le modifiche necessarie
a trasformare una nave gasiera nella nave terminale, ma si tratta di una pura
ipotesi, come ipotetiche sono le riparazioni effettuate dal Cantiere Navale
sulle navi gasiere impegnate a scaricare nel terminal off shore. Le positive
ricadute sull'indotto sono talmente evanescenti da non poter essere in qualche
modo quantificabili. Ha poi poco senso sostenere che il terminal off shore
favorirebbe la metanizzazione della centrale ENEL: a Livorno il gas arriva già
e nessuno nel passato ha posto il problema della carenza di gas per
giustificare la mancata conversione della centrale. Vantaggi deriverebbero
forse per l'ASA, o meglio per gli acquirenti dell'ASA privatizzata. I vantaggi
per le casse comunali sarebbero comunque limitati nel tempo mentre è tutto da
dimostrare che una eventuale partecipazione dell'ASA alla società che
gestisce il Terminal off shore (ma siamo sicuri che questa prospettiva sia
realistica?) possa avere ricadute significativamente positive sulle tasche dei
livornesi, in termini di riduzione delle bollette.
CONCLUSIONI
Riassumiamo brevemente i
termini della questione:
¨
Il progetto è stato presentato
da una società di cui, in sostanza, non si conosce la reale proprietà.
Questa mancanza di trasparenza e di chiarezza risulta incomprensibile.
¨
In Europa e, probabilmente, nel
mondo non risultano esperienze analoghe a quella che si vorrebbe intraprendere
a Livorno; ne derivano tutte le incognite e i rischi possibili.
¨
Il Comune di Livorno ha
accettato il progetto sulla base di una sola relazione di parte per lo meno
lacunosa, senza neppure considerare l'ipotesi di commissionare una relazione
ad un istituto indipendente.
¨
Al largo delle coste livornesi
esiste una faglia sismica ma tale rischio non è stato neppure preso in
considerazione.
¨
Le ricadute sulla città dal
punto di vista occupazionale sarebbero limitate a qualche decina di nuovi
occupati. Le ricadute positive sulle tasche dei livornesi (leggi: diminuzione
delle bollette ASA) sono solo ipotetiche. Le ricadute sui tentativi di
salvataggio del Cantiere sono praticamente inesistenti.
Detto questo occorre poi
far presente che quando si parla di gasdotti si parla di impianti pericolosi.
E' bene ricordare, per esempio, che il 28 aprile 1995 lo scoppio di un
gasdotto provocò oltre cento morti a Taegu, metropoli sud coreana con più di
due milioni di abitanti. Pare poi inutile sottolineare che le gasiere sono
sottoposte ad incidenti anche disastrosi. Tanto per fare un esempio recente,
basta ricordare la gasiera che prese fuoco al largo delle coste cinesi lo
scorso dicembre. Lo stesso Zanelli allega alla sua relazione una serie di
incidenti a navi gasiere e a terminal gas costieri, costati spesso morti e
danni. E' evidente che ci sarebbe
nelle nostre acque un traffico di gasiere indirizzate verso il terminale. E'
altrettanto evidente che il terminale è pericoloso in sé, checché ne dicano
gli "esperti" scomodati dalla Cross Energy, anche se, ponendosi a
circa a circa 18 chilometri dalla costa, le eventuali esplosioni catastrofiche
avrebbero ricadute modeste sulle popolazioni costiere e si
"limiterebbero" ai lavoratori delle due navi impegnate nelle
operazioni di scarico e ai natanti presenti nella zona.
Riteniamo in conclusione
che ci siano ottimi motivi per rifiutare l'ipotesi di terminal off shore al
largo delle coste livornesi.
Riteniamo poi che ci siano
altrettanti buoni motivi per rifiutare anche il progetto presentato da Solvay,
Edison e British Gas. Il problema non è infatti quello di scegliere uno dei
due progetti: una volta constatato la loro inutilità per gli interessi
collettivi e la loro pericolosità per le popolazioni e l'ambiente, le
amministrazioni locali (Comune di Livorno, Comune di Rosignano e Provincia di
Livorno) devono opporsi con decisione a tali progetti. I nostri Comitati
operano già in collegamento con associazioni della zona di Rosignano per
collegare le lotte tese a preservare la salute dei cittadini e la tutela
dell'ambiente.
Medicina Democratica
Centro per la Salute “Giulio A. Maccacaro” - via Roma 12
- 21053 Castellanza (VA)
fax 0331/501792 - medicinademocratica@libero.it
Note
preliminari relative alla documentazione presentata dalla società Off-shore
Lng Terminal - CrossGas per la realizzazione di un terminale galleggiante di
ricevimento e rigassificazione di Gas naturale liquefatto a Livorno
3 febbraio 2003
Le
note che seguono intendono presentare delle osservazioni, su alcuni aspetti
ambientali e di sicurezza, sui contenuti del progetto per la realizzazione di
un terminale galleggiante di ricevimento e rigassificazione di Gas naturale
liquefatto a Livorno presentato dalla società Off-shore Lng Terminal -
CrossGas.
A tal fine si è potuto disporre della seguente
documentazione :
a) Cross- Energy - "Terminale galleggiante di gas naturale liquefatto (GNL). Valutazione concettuale di sicurezza del Prof. Ing. S. Zanelli", datato
aprile 2002;
b)
raccolta di lucidi della società OLT - Off-shore Lng Terminal datati
11.07.2002;
Non
si dispone pertanto né di un progetto dell'impianto, né del rapporto di
sicurezza e dello studio di impatto ambientale dello stesso (in relazione a
tali assenze non è chiaro in base a quali valutazioni "il Comune
esprime giudizio favorevole alla realizzazione dell'iniziativa anche in
funzione delle positive ricadute sull'economia locale della disponibilità di
gas a condizioni competitive e porrà in essere tutto quanto di propria
competenza affinchè l'iter autorizzativo interno possa concludersi in tempi
brevi"[1]).
1. Caratteristiche generali del progetto e rapporto dello
stesso con le iniziative in atto nel campo della importazione di gas naturale
Sotto
il profilo delle caratteristiche tecniche del progetto si tratta,
sinteticamente, della realizzazione di un terminale di ricevimento e di
rigassificazione di GNL (Gas Naturale Liquefatto) posto in un luogo non
definito davanti alla costa livornese a 14 miglia, cui afferiranno nave
gasiere in costruzione.
La
capacità di immissione di gas a terra mediante una condotta sottomarina da
parte del terminale galleggiante sarà di 2,5 - 3 miliardi di mc/anno (in
altro documento si indica una capacità di 2 miliardi di mc/anno[2])
a fronte di una capacità di stoccaggio presso lo stesso terminale di 200.000
- 270.000 mc di gas naturale.
Questi
quantitativi forniscono alcune indicazioni di massima :
a)
con riferimento a una capacità annua di immissione in rete di 3
miliardi di mc/anno, tale quantità equivale a quella necessaria per
alimentare una centrale termoelettrica a ciclo combinato (con rendimento del
55 % e funzionamento per 7.500 ore l'anno) di potenza pari a 2.200 MWe;
b)
tenuto conto che il GNL (metano a – 170 °C) ha una densità pari a
436 kg/mc, una nave gasiera da 135.000 mc di GNL ( la gasiera con la massima
capacità indicata nei documenti del proponente) trasporta l’equivalente di
poco meno di 82 milioni di Smc di metano
(posti identici al gas naturale), quindi per 3 miliardi di Smc di gas naturale
occorrerebbero circa 37 carichi (navi della massima capacità) all’anno per
raggiungere la immissione di gas naturale
indicata nel progetto.
Attualmente
l'unico terminale di rigassificazione italiano è detenuto dalla società GNL
Italia di proprietà della Snam Rete Gas; si tratta di un terminale a terra, a
Panigaglia - La Spezia, dotato di pontile di scarico per le gasiere, costruito
nel 1967 e ammodernato nel 1996, dotato di due serbatoi di stoccaggio per
complessivi 100.000 mc di gas naturale. Nel 2001 questo terminale ha immesso
in rete 3,6 miliardi di mc di gas.
La
società GNL Italia [3]
dichiara che nel 2001 “l’attività ha comportato l’emissione in
atmosfera di circa 77 tonnellate di ossidi di azoto, 48 tonnellate di
monossido di carbonio e 93.000 tonnellate di anidride carbonica … le
emissioni in atmosfera di gas naturale sono state pari a circa 1,77 milioni di
metri cubi … sono stati utilizzati 2,3 milioni di metri cubi di acqua di
mare per il raffreddamento degli impianti ausiliari”, la medesima società
evidenzia che questi ultimi dati non si discostano da quelli degli anni
precedenti, eccezion fatta per le emissioni di gas naturale che sono diminuite
da 9,75 milioni di metri cubi nel 2000 a 1,77 milioni di mc nel 2001, come già
detti.
Ovviamente
la società Cross Energy ben si guarda a presentare stime inerenti gli impatti
di questo genere - esistenti in un impianto analogo, ancorchè su terra –
per quanto concerne l’impianto proposto a Livorno.
A
fronte della approvazione della Legge 443/2001 (cosiddetta "legge Lunardi"[4])
e del contestuale "1° programma delle infrastrutture strategiche"
[5],
tra le opere "strategiche" in campo energetico sono stati
indicati i seguenti terminali di rigassificazione :
Tabella
1. Terminali di gassificazione indicati nel “1° programma delle
infrastrutture strategiche"
Società |
Ubicazione |
Capacità
(miliardi di mc/anno) |
Edison
Gas |
Alto
Adriatico |
4,6
- 6 |
ENEL
|
Taranto |
5
- 8,9 |
British
Gas |
Brindisi |
4
- 12 |
ENEL |
Vado
Ligure |
5
- 9 |
Pertanto
la proposta della Cross Energy non è parte di questo programma né lo sono
gli altri interventi che la medesima società indica come in cantiere ovvero
un altro terminale galleggiante nell'Alto Adriatico (Trieste) e due impianti a
terra a Lamezia e a Corigliano (Calabria).
Viceversa
la società LGN Terminal (Gruppo Falck) viene indicata (dall’Autorità per
l’Energia Elettrica e del Gas) come
proponente di "un terminale sulla costa calabra, da 8 Gmc/a
espandibile a 12 Gmc/a oltre che di un impianto off-shore (da realizzare in
Calabria o in Toscana)"[6].
Il
proponente non è in grado di fornire documentazione inerente altri impianti
off-shore dello stesso tipo in altri paesi europei in quanto tutti gli esempi
indicati si riferiscono a terminali a terra.
L’unico
impianto analogo in progetto è quello sopra indicato della società Edison,
che intende realizzare a 17 chilometri dalla costa in corrispondenza di Punta
della Maestra (Rovigo).
A
tal proposito la stessa società [7]
dichiara che la “localizzazione prescelta è stata determinata a seguito
di approfonditi studi sismici, geologici e meteomarini condotti a livello
nazionale, che hanno determinato la scelta di quest’area come ottimale, in
primo luogo, per la sicurezza dell’esercizio dell’impianto”.
Viene altresì indicato che lo Studio di Impatto Ambientale
è stato presentato nel 1999 e ha superato l’esame del Ministero
dell’Ambiente nel dicembre 1999.
Non si ha notizia di studi del medesimo spessore per quanto
concerne la proposta di terminale per Livorno né della redazione e
presentazione dello Studio di Impatto Ambientale che, come è noto, è
preliminare a qualunque autorizzazione (da parte di qualunque ente).
2. Principali motivazioni addotte per la realizzazione
dell’impianto e previsioni di
crescita del fabbisogno di gas naturale in Italia
Le
motivazioni dell'impianto sono indicate principalmente in questi termini :
a)
crescita del fabbisogno di gas naturale, con previsione al 2010 di un
fabbisogno complessivo di 100 miliardi di mc/anno e un deficit a quell'anno
tra i 15 e i 20 miliardi. Questa situazione, secondo Cross Energy è
rappresentata dai dati riportati nella tabella 2.
Tabella
2. Consumi di gas naturale in Italia, anno 2000 e previsioni anno 2010,
secondo Cross Energy
Settore
di utilizzo |
Anno
2000 (miliardi di mc) |
Anno
2010
(miliardi
di mc) |
Crescita
attesa 1998-2010 |
Industriale |
20,0 |
24,0 |
+
19 % |
Civile |
29,5 |
32,2 |
+
16 % |
Termoelettrico |
20,3 |
32,4 |
+
125 % |
Totale |
69,8 |
88,6 |
|
Fonte
: Slides Cross Energy/OLT -11.07.2002
Tabella
3. Consumi di gas naturale in Italia, anno 2000 e previsioni anno 2010,
secondo ENEA
Settore
di utilizzo |
Anno
2000 (miliardi di mc)
(*) |
Anno
2001 (miliardi di mc)
(*) |
Anno 2010 previsione
“minimo
costo”
(**) |
Anno 2010 previsione
“opzioni
tecniche riduzione” (***) |
Industriale |
23,7 |
24,6 |
|
|
Civile |
24,6 |
23,0 |
|
|
Termoelettrico |
21,3 |
22,5 |
|
|
Totale |
69,6 |
70,1 |
87,1 |
62,4 |
Fonti
:
(*)
Relazione della Autorità per l'energia elettrica e il gas, anno 2001
(**)
ENEA, “Verso un modello energetico sostenibile”,
Conferenza Nazionale Energia e Ambiente. Con il termine “minimo costo”
si intende l’uso di opzioni tecnologiche senza vincoli sulle
emissioni di CO2 con una emissione
di anidride carbonica pari a 474 Mt anno.
(***)
Con il termine “tecnologia di riduzione” termine si intende l’uso
di opzioni tecnologiche indotte da una tassa di 100 dollari tonn/CO2
e una emissione di anidride carbonica annua pari a 419 Mt.
Dalla
Tabella 3 si evidenzia in particolare che le valutazioni presentate da Cross
Energy relativa al consumo al 2010 di gas naturale in Italia corrispondono
sostanzialmente allo scenario “naturale” di crescita dei consumi
nel settore energetico nel suo complesso senza interventi finalizzati
alla riduzione dei “gas serra”. Si tratta di uno scenario che non
fa i conti con l’applicazione del “protocollo di Kyoto” in Italia.
Va
precisato, rispetto alle indicazioni della Conferenza Nazionale Energia e
Ambiente del 1998, che lo scenario a minore emissione di gas serra (con “opzioni
tecniche” di riduzione) nel comparto energetico ricordato in Tabella 3
(una emissione annua al 2010 pari a 419 Milioni di tonnellate di CO2
equivalente - a fronte di una emissione di questo settore pari a 422,9 Mt di
CO2 eq nel 1990), è stato in parte “rivisitato” dalla recente proposta di
delibera CIPE. In sintesi quest’ultima prevede una emissione, raggiunta con
le diverse iniziative in atto e che si intende attuare, al 2010 pari a 444,5
Mt di CO2 eq, quindi superiore a quella indicata da ENEA nel 1998, per lo
stesso anno, ma comunque inferiore ai 474 Mt di CO2 eq emessa al 2010 “equivalenti”
allo scenario di consumo – tra l’altro – di gas naturale indicati da
Cross Energy.
In
altri termini le stime presentate da Cross Energy per evidenziare la necessità
di incrementi elevati nelle importazioni di gas naturale fanno riferimento ad
uno scenario in cui è assente una incisiva politica di riduzione
dell’impatto ambientale nel settore dell’energia.
Paradossalmente
le stime della società Cross Energy potrebbero anche
essere considerate errate per difetto se si fa riferimento ad una
prospettiva di realizzazione anche solo di parte degli oltre 150 impianti
termoelettrici a gas naturale per i quali il GRTN ha ricevuto una richiesta di
connessione alla rete (per una potenza installata di ben oltre 100.000 MWe).
Rispetto
alle prospettive immediate l'Autorità per l'energia elettrica e il gas
segnala[8]
:
"Uno degli elementi di maggiore novità riguarda la limitata crescita dei
consumi di gas naturale, pari ad appena lo 0,3 per cento rispetto a incrementi
medi dell’ordine del 3,5 per cento negli anni precedenti. Il limitato
sviluppo della sua domanda, largamente inatteso, è il risultato di un forte
aumento del suo impiego negli usi civili, di una leggera crescita della sua
richiesta per la generazione termoelettrica e di un calo significativo del suo
bisogno nel settore degli usi industriali. L’aumento nel settore degli usi
civili è in gran parte ascrivibile alla componente climatica; infatti, mentre
nella prima parte dell’anno la temperatura mite ha comportato una riduzione
dei consumi di circa il 5 per cento, l’ondata di freddo degli ultimi mesi ha
condotto l’impiego di gas naturale a un picco tanto rilevante 1 da
determinare, su base annua, un aumento del suo consumo del 3,4 per cento. Nel
settore industriale, invece, il rallentamento dell’attività produttiva ha
provocato una riduzione del 2,4 per cento del suo utilizzo, arrestando un
trend di crescita ininterrotto da molti anni. Su tale diminuzione ha però
inciso anche la sospensione di alcune forniture interrompibili che si sono
rese necessarie per fronteggiare le punte di domanda nel settore civile degli
ultimi mesi dell’anno. Più complesse e articolate sono viceversa le cause,
descritte in seguito, che hanno determinato il limitato incremento, di poco
superiore all’1 per cento, dei consumi di gas nel settore termoelettrico. Va
rilevato che anche in questo caso la crescita è in buona parte dovuta al
picco di freddo degli ultimi mesi dell’anno, che ha prodotto un recupero
della flessione registrata nella prima metà dell’anno. La riduzione della
domanda ha avuto riflessi determinanti sull’andamento degli
approvvigionamenti. Si riscontra, infatti, un calo del 4,6 per cento nelle
importazioni corrispondente a circa 3,5 miliardi di mc. La scarsa crescita
della domanda ha influenzato anche la produzione nazionale che è diminuita da
16,2 a 15,5 miliardi di mc.".
In
altri termini la forte crescita nei consumi di gas naturale prevista dalla
società Cross Energy non è così scontata almeno nei valori indicati.
c)
Motivazioni di carattere generale connesso principalmente con la
dipendenza estera nelle fonti di approvvigionamento richiamando le indicazioni
europee finalizzate a ridurre i rischi connessi da tale dipendenza.
Per
quanto concerne la provenienza del gas viene indicata da "Mediterraneo,
Golfo, West Africa" (nel primo caso si fa riferimento ai paesi
dell'Algeria, della Libia e dell'Egitto). A tale proposito si evidenzia che
tra i progetti "strategici" vi è anche la realizzazione di un
metanodotto sottomarino per l'importazione di gas dalla Libia con innesto alla
rete nazionale a Gela.
L'Algeria
e la Libia sono dotate di 6 terminali di liquefazione di gas naturale per una
capacità complessiva di 35 miliardi di mc/anno; l'Algeria oggi è già il
secondo fornitore di gas all'Italia (per il 29 %) dopo il CSI (per il 41 %).
In
altri termini si parla di fornitori per lo più già “conosciuti” per cui
non si capisce in quale modo questo progetto contribuirebbe a diversificare
(per rendere più sicura la continuità della fornitura del gas) le fonti di
gas naturale per evitare problemi dovuti alla instabilità politica dei paesi
fornitori.
Inoltre,
le indicazioni di provenienza europea sulla sicurezza
dell’approvvigionamento dell’energia primari, non si limitano alla
diversificazione delle fonti di approvvigionamento con particolare riferimento
alla stabilità politica dei paesi fornitori ma anche allo sviluppo delle
fonti rinnovabili e alla promozione dell'efficienza energetica in particolare
negli usi finali.
3.
Profili autorizzativi e procedimentali del progetto Cross Energy
Sotto
il profilo autorizzativo l'impianto è soggetto, in particolare a
1.
al DLgs 334/99 ("Seveso II") in quanto il gas naturale è un
gas molto infiammabile (frase di rischio R12) e il superamento della quantità
di 50 tonnellate implica l'applicazione dell'art. 8 e dell'art. 9 del DLgs
334/99. Queste norme prevedono che "per gli stabilimenti nuovi, prima
dell'inizio dell'attività" deve essere inviato un "rapporto
di sicurezza" all'autorità competente[9]
e l'impianto deve ottenere un "nulla osta di fattibilità"
sulla base di un "rapporto preliminare di sicurezza";
2.
alla normativa inerente la "procedura di compatibilità
ambientale" (in particolare DPCM 27.12.1988 e s.m.i. nonché il DPR
2.09.1999 n. 348). Si fa notare che non essendo la proposta inserita nel
"programma delle infrastrutture strategiche", lo stesso non
è sottoposto alle procedure e ai tempi di autorizzazione previsti sia dalla
Legge 443/2001 e successive modifiche e integrazioni[10].
Viceversa i contenuti e la forma con cui deve essere attivata la procedura di
compatibilità ambientale a partire dal deposito dello studio di impatto
ambientale sono specificati, per il tipo di opera in progetto, nel DPR
348/1999 (paragrafo 6).
Nessuno dei due documenti suddetti è stato presentato o è
in fase di valutazione per cui non è possibile entrare in alcun dettaglio in
termini di osservazioni per l’assenza della “materia prima”.
L’unico documento – parziale – che in qualche modo
richiama, pur lontanamente, gli obblighi di legge sopra ricordati è il
contenuto dello studio Cross- Energy - "Terminale galleggiante di gas
naturale liquefatto (GNL). Valutazione concettuale di sicurezza del Prof. Ing.
S. Zanelli", datato aprile 2002.
Lo studio è stato sviluppato sulla base di uno “schema
progettuale così come è stato definito allo stato attuale da Cross-Energy”
e da altri documenti che non sono conosciuti da chi scrive.
Comunque sia, questo studio richiama la struttura di una
parte del “rapporto di sicurezza” ex Dlgs 334/99 ma solo e
parzialmente per la parte relativa alla individuazione e valutazione degli
scenari incidentali connessi con l’attività in questione (v. DPCM
31.03.1989).
Diciamo che è parziale in quanto – come indicato nello
stesso documento – ci si limita a individuare degli scenari incidentali e
descriverne le possibili conseguenze e probabilità di accadimento senza i
dettagli richiesti dalla normativa tecnica di settore.
Questa
parzialità emerge dalla riproposizione in forma tabellare degli elementi
presi in considerazione nello studio del Prof. Zanelli, come riportati nel
seguito.
Tabella 4. Scenari incidentali relativi alle operazioni del
terminale galleggiante (come risultanti dallo studio del Prof. Zanelli
dell’aprile 2002)
Ipotesi incidentale considerata |
Descrizione |
Effetto |
Quantità rilascio |
Danno |
Frequenza |
Note |
1) perdita
contenimento del primo involucro del serbatoio |
perdita per criccature/fori del serbatoio
|
Fuoriuscita di GNL nel secondo serbatoio e sfiato in torcia
spenta |
limitata |
nessuno |
bassa |
necessità di svuotamenteo del serbaotoio; perdita totale per collasso serbatoio considerata non
credibile (costruzione del serbatoio come da EB 1473.1997) |
2) oscillazione del GNL nel serbatoio |
amplificazione dell'oscillazione nel serbatoio parzialmente
pieno amplificata da rollio della nave |
sollecitazioni sulle pareti con discontinità geometriche |
? |
? |
? |
ipotesi considerata nulla in virtù della forma sferica del
serbatoio |
3) rollover del serbatoio |
stratificazione del GNL presente con densità diverse e
gassificazione di parte del gas |
sovrapressione con gas da sfiatare |
grandi |
? |
bassa |
necessità di sfiato di elevate quantità di gas con
interruzione delle operazioni |
4) sovrariempimento serbatoio |
trasferimento di quantità eccessive rispetto alla capacità
del serbatoio |
tracimazione di GNL, apertura delle valvole di sicurezza,
sversamento nell'intercapedine e rilascio verso la torcia spenta |
? |
? |
bassa |
sfiato di quantità non definite con interruzione delle
operazioni |
5) apertura delle valvole di sicurezza |
aumento di pressione nel serbatoio per varie cause |
apertura della valvole di sicurezza nel caso in cui le
quantità sono superiori al dimensionamento dello sfiato e possibilità
di innesco |
? |
? |
media |
progettazione delle valvole con posizionamento tale da
evitare danni alle strutture e alle persone in caso di innesco |
6) perdita dalle tubazioni di scarico
|
criccatura della tubazione o rottura del tronchetto con
strumenti |
getto di GNL innescabile con nube e/o pozza a evaporazione
rapida |
? |
irraggiamento a 15 kw/mq a 20-30 metri |
media |
intervento dei sistemi di sicurezza entro 60 secondi; non
possibilità di effetti domino |
7) perdita dal sistema di compressione e ricondensazione
del GNL |
perdita di gas evaporato nel sistema di compressione o da
quello di ricondensazione |
perdita con possibilità di nubi, pozze, getti di
dimensioni notevoli |
limitate da sistema di compressione, maggiori da
ricondensazione |
sovrapressioni per esplosione nube
|
bassa |
intervento dei sistemi di sicurezza entro 60 secondi; |
8) perdite dalle pompe di rilancio |
rottura del tronchetto degli strumenti |
perdita ad alta pressione con nube di gas |
come da perdita da ricondensazione (10-14 kg/s) |
sovrapressioni per esplosione nube |
modesta |
intervento dei sistemi di sicurezza entro 60 secondi; |
Ipotesi incidentale considerata |
Descrizione |
Effetto |
Quantità rilascio |
Danno |
Frequenza |
Note |
9) perdite da vaporizzatori
|
rilascio di gas per apertura valvole di sicurezza, perdita
da guarnizioni, rottura di tubo porta strumenti |
getto con formazione di nube infiammabile |
alcune decine di kg/s |
sovrapressione per esplosione nube o irraggimento per
incendio |
modesta |
intervento dei sistemi di sicurezza entro 30 secondi; il getto incendiato può colpire oggetti fino a 60-70 metri
con elevate sollecitazioni di strutture colpite dal flusso termico |
10) perdita da tubazioni di sfiato della torcia spenta |
perdita di gas a bassa pressione dalle tubazioni di sfiato
e dalla torcia |
possibilità formazione di nube infiammabile sopra la
torcia |
? |
eventuale innesco |
bassa |
posizione del getto verso l'alto con dispersione dei gas o
accensione lontano da strutture |
11) perdita dal giunto snodato e nel sistema che discende
al condotto sottomarino |
perdita di gas ad alta pressione |
possibilità di getto innescabile che può colpire una
catena e/o la prua della nave |
? |
eventuale innesco |
bassa |
presenza di più catene e di doppio scafo della nave |
12) distacco non previsto nei bracci di scarico |
distacco a causa di condizioni meteoclimatiche avverse con
rilascio di gas sul ponte della nave |
formazione di nube innescabile anche tra la nave terminale
e la nave di trasporto |
anche notevole |
eventuale innesco o esplosione |
? |
danneggiamento dello scafo della nave senza effetti domino |
13) impatto di una nave con il terminale |
collisione tra nave di trasporto e nave terminale |
danni alle navi |
? |
? |
bassa |
possibilità ridotta dalle procedure di
accosto, dalla velocità ridotta e, per navi di passaggio, dalla
lontananza da rotte; non si ritengono possibili danni ai serbatoi |
14) getto incendiato originato dalla nave di trasporto
accostata |
getto originato da tubazioni o contenitori da braccio di
scarico o compressore |
innesco del getto (a bassa pressione) |
? |
innesco |
? |
presenza di protezioni delle strutture e delle navi; non
possibilità effetto domino |
15) rilascio di nube di gnl da nave di trasporto accostata |
rilascio da perdita di GNL da nave accostata |
innesco della nube |
1000-2000 kg |
innesco |
? |
le quantità limitate e le distanze non permetterebbero il
verificarsi di danni alle strutture ed effetti domino |
16) rottura dell'ormeggio per maltempo |
compromissione dell'integrità dell'ormeggio per maltempo |
possibilità di getto innescabile che può colpire una
catena e/o la prua della nave |
? |
innesco |
? |
le procedure operative prevedono il blocco delle operazioni
in modo preventivo |
17) rottura della tubazione sottomarina |
rottura della tubazione sottomarina a causa di urto con
ancora di nave estranea |
rilascio in acqua di GNL |
? |
? |
? |
protezione della condotta con strutture in cemento; divieto
di ancoraggio nella zona di passaggio della condotta |
Come
è agevole constatare non vengono forniti per quasi tutti gli scenari
incidentali elementi tali per valutarli (in particolare
in termini di probabilità di accadimento, di quantità rilasciate) per
cui le conclusioni dello studio in questione appaiono perlomeno azzardate ove
vengono esclusi degli eventi e altri vengono considerati praticamente come di
nessun effetto.
Infatti nel documento (v. “considerazioni finali”) si
afferma che “L’analisi di quei rischi, assieme allo sviluppo della stima
delle conseguenze degli incidenti ipotizzati sarà eseguita in sede di redazione
del Rapporto di Sicurezza quando il progetto sarà stato definito meglio di
quanto ora è visibile”.
Si vuole porre inoltre in evidenza tre aspetti :
a)
diversi scenari incidentali ed in particolare quelli connessi con rilasci
di gas dal primo involucro , prevedono l’invio del gas a sfiato in “torcia
fredda” il che significa prevedere l’emissione diretta in atmosfera,
senza alcun trattamento, di elevate quantità di gas naturale nei casi di
gestione di “ordinaria emergenza” descritti. Non si condivide
assolutamente tale previsione ad elevato impatto ambientale e di dubbia garanzia
sotto il profilo della sicurezza;
b)
Nello studio si afferma (par. 4.9) che “Non è fra gli scopi del
presente lavoro esaminare le procedure di avvicinamento, accosto,
collegamento fra le due imbarcazioni, che sono fortemente condizionate dalle
condizioni meteoclimatiche, in particolare dal moto ondoso del mare”. In
altri termini le condizioni operative di maggiore rischio e l’elemento
meteoclimatico, i fattori di
maggiore magnitudo che possono comportare il verificarsi di incidenti
industriali rilevanti non sono stati presi in considerazione. Si afferma solo
che occorre limitare l’operatività delle operazioni in determinate condizioni
di moto ondoso. Manca pertanto un elemento importante per valutare se la
localizzazione prevista sia tra quelle “migliori”. Sempre a proposito
della problematica delle condizioni meteoclimatiche, appare significativo che
nelle “Risultanze della Commissione tecnico-scientifica per la valtuazione
del rischio ambientale derivante dalla localizzazione dei depositi e dalla
movimentazione di Gas di Petrolio Liquefatto in alcune aree portuali italiane”
(febbraio-maggio 2002) nella riunione del 19.03.2001 la commissione si è
incontrata con rappresentanti delle istituzioni che hanno preso parte alla
predisposizione del Piano di risanamento dell’area critica ad elevata
concentrazione industriale di Livorno, tra cui il Prof. Zanelli. In quella
occasione sono stati valutate le problematiche relative all’utilizzo di
strutture off-shore per lo scarico di GPL, tra gli aspetti critici enunciati vi
è stato “il tipo di condizioni meteoclimatiche (i venti ed il moto ondoso
sono tali da non poter garantire un sufficiente numero di giorni/anno con
condizioni di operabilità in sicurezza)” . Quindi “a parere del
Comitato di Coordinamento dell’Area, (quegli aspetti, ndr) contribuiscono
inoltre alla difficoltà di poter gestire con un sufficiente grado di sicurezza
le strutture off-shore ed i collegamenti con la costa”. E’ ignoto a chi
scrive per quale ragione nello stesso momento il Prof. Zanelli non considerasse
questi aspetti come critici o, meglio, omettesse semplicemente di prenderli in
considerazione nello studio da Lui redatto per conto della società Cross Energy.
c)
Il fatto che il terminale si trovi lontano dalla costa e quindi che lo
sviluppo di scenari incidentali prevedibili non possa interessare direttamente
la popolazione sulla costa non può essere considerato come un fattore che rende
insignificante il rischio in quanto questa condizione se favorevole rispetto
alla popolazione per la distanza diventa un fattore di ulteriore aggravamento
potenziale degli effetti di incidenti in primis sugli addetti al terminale (che
hanno ridotte possibilità di allontanamento dal terminale stesso in tempi brevi
per portarsi a distanza di sicurezza) come pure di navi di passaggio nelle
vicinanze (non si conosce la posizione ipotizzata per il terminale).
Allo stato e con
gli elementi a disposizione non è possibile da parte di chi scrive porre
all’attenzione ulteriori considerazioni di un idoneo dettaglio, si rimane a
disposizione ove emergano ovvero siano messi a disposizione nuovi elementi.
Per il Centro per la Salute “Giulio A. Maccacaro”
- Caldiroli Marco
Interrogazione
parlamentare
Sen.
Boco. – Ai Ministri delle attività produttive e dell'ambiente e della
tutela del territorio.
-
Premesso:
che il 16 ottobre 2002 il
sindaco di Livorno Gianfranco Lamberti e l'amministratore delegato della Olt
Offshore Lng Toscana Mario Iviani hanno firmato un protocollo di intesa, con
l'obiettivo di definire gli impegni reciproci per portare a buon fine il
progetto per la realizzazione nell'Alto Tirreno di un terminale di
rigassificazione off-shore, per un investimento pari a 250 milioni di euro;
che l'impianto, che
sarebbe realizzato a 12 miglia dalla costa livornese, consisterebbe in due
grosse navi che convertono i gas naturali in metano, poi ridistribuito a terra
tramite una condotta sottomarina;
che la giunta comunale di
Livorno ha dato il suo parere favorevole alla sottoscrizione del protocollo
d'intesa dopo aver esaminato uno studio – fornito dalla Olt – in cui si
dimostrerebbe come i margini di pericolosità della piattaforma off-shore siano
praticamente nulli: questo studio, secondo quanto dichiarato dall'assessore alle
politiche ambientali del Comune di Livorno Luca Bussotti, è stato redatto per
la Olt dal professor Zanelli dell'università di Pisa, professore indicato dalla
provincia di Livorno come proprio rappresentante all'interno del programma
relativo alla sicurezza in mare, nonché coredattore del piano di risanamento
dell'area critica ad elevata concentrazione industriale di Livorno;
che nel luglio 2002 il
ministro dell'ambiente Altero Matteoli riferiva in un'intervista al quotidiano
"il Tirreno" di aver discusso di un progetto di piattaforma off-shore
nel porto di Livorno, giudicandolo un'occasione importante, con l'assessore
regionale all'ambiente Tommaso Franci, il quale immediatamente e con decisione
smentiva il ministro, perché non avrebbe potuto discutere di un progetto di cui
il suo assessorato non possedeva alcuna informativa;
che il presidente della
provincia di Livorno Claudio Frontera, dopo aver appreso dai quotidiani locali
del 17 ottobre 2002 del protocollo d'intesa tra il comune di Livorno e la società
Olt Offshore Lng Toscana, in un comunicato stampa ha dichiarato, tra l'altro,
che "nell'ambito del piano di risanamento dell'area critica ad elevata
concentrazione industriale di Livorno (legge 137/97) approvato dal ministero
dell'ambiente nel 2001, per quello che concerne l'approvvigionamento energetico
dal mare con condotte sottomarine, fu presa in considerazione e scartata in
quanto considerata pericolosa una tale ipotesi. Per riprendere in considerazione
un progetto, ancorché diverso, rispetto a quelli precedentemente valutati,
occorre una doverosa prudenza e un'attenta valutazione degli aspetti riguardanti
la sicurezza dell'impianto e delle aree marine interessate. Bisogna prendere
infatti in attenta considerazione non solo gli elementi di pericolosità
intrinseca nell'impianto (rischi di esplosione e simili) ma l'aumento del
rischio nautico derivante dal forte incremento di traffico di grandi navi
gasiere che verrebbero a conferire il gas liquido all'impianto di
rigassificazione posto in lato mare";
che nella stessa
dichiarazione il presidente della provincia di Livorno ha giustamente
evidenziato la necessità di una valutazione anche di tipo economico sulla
compatibilità di un simile impianto, considerando le linee di sviluppo del
traffico diportistico legate al progetto di porto turistico di Livorno e anche
ad altri porti turistici limitrofi,
per
sapere:
se e quale progetto la
società Olt Offshore Lng Toscana abbia presentato ai ministri in indirizzo;
se il ministro delle
attività produttive abbia informato e coinvolto la regione Toscana e la
provincia di Livorno in merito al progetto citato in premessa o in che tempi
abbia intenzione di procedere al loro coinvolgimento;
se il ministro
dell'Ambiente intenda procedere, per la valutazione dell'impatto ambientale,
riferendosi esclusivamente allo studio presentato dalla società interessata al
progetto;
se è intenzione dei
ministri in indirizzo considerare, nella valutazione della compatibilità
ambientale ed economica del progetto, gli interessi collettivi alla tutela delle
aree marine, alla sicurezza, allo sviluppo del turismo diportistico o dare
priorità a quelli della società Olt Offshore Lng Toscana.
[1] Protocollo di intesa tra il Comune di Livorno e la Società OLT Off-shore Lng Toscana, delibera della Giunta Comunale n. 357 del 7.10.2002.
[2] Dobbiamo supporre, anche se in nessuna parte dei documenti esaminati viene specificato, che si tratta di normal metri cubi.
[3] V. Rapporto 2001 “Salute Sicurezza Ambiente” della società Snam Rete Gas.
[4] Legge 21.12.2001 n. 443 "Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive".
[5] Delibera CIPE n. 121/2001 del 21.12.2001.
[6] Così nel rapporto 2001 dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, p. 190, riferendo altresì che "per questi nuovi terminali si presenta il problema della conciliazione dell'accesso ai terzi a un'infrastruttura che in questa fase transitoria di sviluppo della concorrenza, riveste ancora il carattere di infrastruttura essenziale". Più avanti (p. 194) l'Autorità indica che "Per la definizione della tariffa per l’utilizzo degli impianti di rigassificazione degli impianti del Gnl, trasportato con navi metaniere, è stata seguita la stessa metodologia di rigassificazione di calcolo utilizzata per le tariffe di trasporto, prevedendo una remunerazione degli investimenti del 9,15 per cento. Il maggiore tasso di rendimento applicato all’attività di rigassificazione rispetto a quello per l’attività di trasporto è motivato dal maggior rischio che tale attività comporta. Per lo stesso motivo, ma anche per incentivare in Italia la realizzazione di nuovi impianti di rigassificazione la riduzione del price cap è stata fissata al 2 per cento."
[7] Vedi www.edison.it/idrocarburi-gnl.html.
[8] Relazione della Autorità per l'energia elettrica e il gas, anno 2001, pp. 97-98.
[9] La Commissione prevista dall'art. 21 del DLgs 22/97 o all'autorità definita dalla specifica normativa regionale.
[10] V. Legge 1.08.2002 n. 166 e Dlgs 20.08.2002 n. 190.
Al momento, risultano sotto utilizzati i tre gasdotti esistenti in Italia, uno proveniente dalla Tunisia e dalla Libia, uno dalla Russia e uno dall’Olanda. Un altro gasdotto dovrebbe essere costruito a breve dall’Algeria alla Sardegna e poi fino a Piombino.
I MOTIVI DI OPPOSIZIONE
I danni ambientali
·
L’impianto sarebbe collocato
in mare vicino alle secche della
Meloria, nel mezzo del santuario dei cetacei.
·
Non è stata fatta alcuna
valutazione degli effetti degli sversamenti
dell’impianto in mare; i danni
sono certi.
·
L’impianto, libererebbe ogni
anno, oltre a altri inquinanti, molti milioni di metri cubi di gas metano
contribuendo all’effetto serra e all’inquinamento
di tutta la zona.
I rischi d’incidente
·
L’impianto sarebbe collocato
in zona sismica senza che sia
stato fatto alcuno studio preliminare.
·
Un impianto
di questo tipo “a rischio
d’incidente rilevante” andrebbe in una zona ricca di tali impianti.
·
Ci sarebbe un aumento di traffico
di navi gasiere, ulteriori elementi di pericolo.
·
Un
impianto di questo tipo non è stato ancora realizzato in nessuna parte del
mondo. Le cavie saremmo noi.
·
Una apposita commissione
ministeriale aveva espresso nel 2001 parere sfavorevole alla costruzione di
un impianto off-shore per ragioni di sicurezza.
I danni economici
·
L’interdizione
alla navigazione per 42 chilometri quadrati di mare sarebbe di ostacolo
alla nautica da diporto, all’attività del porto di Livorno, oltre che
alle sue future possibilità di espansione.
·
Ampie
aree vicine all’impianto e al gasdotto sarebbero interdette
alla pesca procurando danni non trascurabili.
·
L’impianto sarebbe di grave
danno per l’attività turistica,
uno dei settori di maggiore espansione e più produttivi in termini
occupazionali in Toscana.
·
L’impianto prevede l’impiego solo
di 10-15 addetti.
·
I vantaggi economici derivanti
dalla prospettata riduzione del costo del gas sono incerti e tutti da
quantificare.
L'inaffidabiltà del progetto
·
Il
progetto è nato per iniziativa di un imprenditore più volte incriminato.
L'ultima sua condanna, nel 2003, è per bancarotta fraudolenta.
·
Il labirinto di partecipazioni
azionarie, anche estere della società OLT proponente l’impianto, non
forniscono garanzie di una netta separazione tra coloro che esercitano
legittimi interessi d'impresa e coloro che nelle istituzioni devono tutelare
l’interesse collettivo.
·
Sono fortissime le perplessità
sulla affidabilità della OLT e sulle sue capacità di risarcire
eventuali danni.
·
Non risultano esistere studi
seri e obiettivi che abbiano valutato attentamente gli aspetti economici e
ambientali.
·
I
processi autorizzativi sono andati avanti sulla base di documenti di parte
senza che neppure si rivedesse quanto approvato man mano che il progetto
subiva cambiamenti. Ad esempio, a tutt’oggi non è nota la precisa
localizzazione della piattaforma.
·
Violando trattati
internazionali e leggi, non sono state fornite ai cittadini adeguate
informazioni e si è loro impedito di esprimere le proprie opinioni.
·
La scorrettezza delle
procedure, l’esclusione dei
cittadini dalle decisioni, le affermazioni
false perfino da parte delle Istituzioni rendono illegittimo
il procedimento autorizzativo fino ad oggi seguito.
Comitato contro il terminale gas off
shore
via
S Andrea 75, f. i. p., dicembre 2005
Condividiamo
le preoccupazioni e le perplessità sollevate dal comitato ed ecco alcuni
dei motivi che ci hanno portato ad aderire:
RISCHI
PER LA SICUREZZA
In
caso di incidenti il gas può espandersi fino ad un raggio di 55 chilometri.
Il gas corre sull’acqua, appena incontra una scintilla, basta una
lampadina, s’incendia. Ed è un tipo di fuoco che non si può arginare: si
spegne solo quando tutto il gas si è esaurito.
Il
sito scelto non sembra proprio brillare in quanto a precauzioni per la
sicurezza infatti:
1)
si troverebbe proprio sopra l’epicentro di fenomeni sismici come il
terremoto di Pasquetta ci ha ricordato. In merito a ciò il geologo
strutturale del CNR di Firenze, Prof. Luigi Piccardi afferma:”La
preoccupazione per la realizzazione dell’impianto di rigassificazione in
una zona sismica non è ingiustificata” (Il Tirreno del 19/4/’06).
2)
nel raggio di 55 Km si trovano la darsena petroli, la raffineria
dell’Agip petroli e Camp Darby con i suoi depositi esplosivi.
3)
La superficie marina davanti alla costa di Livorno vede un intenso
traffico di navi: mercantili, traghetti passeggeri, petroliere, militari
dirette a Camp Darby; per cui il rischio di incidenti non è escluso,
come la tragedia della Moby Prince ci ha dimostrato.
DANNI
AMBIENTALI
Il
GNL trasportato dalle gassiere è a una temperatura di –160°, occorre
quindi, perché arrivi attraverso le condutture marine a terra,
rigassificarlo, cioè riportarlo dallo stato liquido allo stato gassoso.
Per
fare tale operazione sarebbe utilizzata acqua marina addizionata con
varichina. Tale acqua raffreddata sarebbe poi ributtata in mare.:
612
milioni di metri cubi d’acqua raffreddata, addiziona con varichina, che
ogni giorno verrebbe ributtata in mare.
Quali
gli effetti sull’ecosistema marino?
Quali
i danni per la pesca?
Si
parla dell’immediata moria del 25% del pesce, tanto per iniziare.
la
località prescelta non sembra proprio in linea con criteri che volessero
salvaguardare una fascia costiera che vede appena dietro il terminal la
“Riserva
naturale della Meloria”, a
nord il”Santuario dei
Cetacei” e a sud – ovest il
“Parco
Naturale dell’Arcipelago Toscano”
VOGLIAMO
DEMOCRAZIA E TRASPARENZA
Pensiamo
che la decisione in merito a un’opera di così tale portata non possa
essere presa solo in ambito istituzionale ma che necessita del
coinvolgimento dei cittadini che devono essere debitamente informati.
Pertanto,
con il comitato, chiediamo che sia fatto un referendum.
INIZIATIVE
DEL COMITATO CONTRO L’OFF – SHORE
Petizione popolare per chiedere uno studio di
fattibilità che faccia piena luce sui rischi per la sicurezza e
sull’impatto ambientale (chi volesse firmare può tel. a Fiorigia 0586
801235)
VENERDI’ 12 MAGGIO ORE 21
Presso la Circ. 5 in V.
Machiavelli Sono invitati a
partecipare:
·
Rappresentanti delle istituzioni locali
·
Le segreterie provinciali dei sindacati
·
Rappresentanti della Confindustria
A
FINE MAGGIO (data ancora da precisare ), al Cinema AURORA,
verrà proiettato il film
“I
RISCHI DEI RIGASSIFICATORI”
Agireverde
Ritenendo
che un rigassificatore alla Meloria porti più svantaggi al territorio
che vantaggi, destinati tuttavia alle multinazionali impegnate in un
progetto da centinaia di milioni di euro, e ritenendo che anche il
gas, come il petrolio sia a termine e quindi non un buon investimento
per la politica energetica del Paese, ci adoperiamo volentieri,
unitamente ad altre Associazioni per l’ambiente, a perorare la causa
dei cetacei: meno dipendenza da petrolio e gas, più incentivi alla
ricerca per l’impiego massivo delle energie alternative e
salvaguardia dell’ambiente.
Segue
la petizione: I
SOTTOSCRITTI CITTADINI, CONSIDERATO CHE: ·
L’impianto previsto,
sarebbe il primo al mondo ad essere collocato in mare aperto e
vi è la possibilità che un incidente possa causare una vera
catastrofe ambientale in pieno Santuario dei Cetacei, area
particolarmente protetta a livello internazionale; ·
Sul
sito insistono specie protette ai sensi della Direttiva Habitat
92/43/CEE, quali la posidonia oceanica, su cui la VIA è carente. Non
vi è stata valutazione di incidenza nell’ambito della procedura di
VIA; ·
La
valutazione di impatto ambientale sembra lacunosa almeno sotto quattro
profili, e segnatamente:
o
la movimentazione dei
sedimenti
o
il reimpianto della
prateria di posidonia
o
la qualità degli
scarichi in mare dell’impianto
o
l’analisi sulla
rumorosità dell'impianto industriale e dell'impatto sulle popolazioni
di cetacei residenti e migratori; ·
Esistono
notevoli perplessità in ordine alla correttezza del procedimento
autorizzatorio semplificato, utilizzato di cui all’art.8 della legge
n.340/00 stante che il progetto insiste in un sito marino, e non già
su un sito classificato come industriale dai vigenti strumenti
pianificatori; ·
Sono
diversi gli enti illegittimamente pretermessi dai lavori della
conferenza dei servizi; ·
È
mancata completamente la fase consultiva con le popolazioni
interessate, pur prevista dalla vigente normativa europea, recepita
nel nostro ordinamento; CHIEDONO Al
Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro delle Attività
Produttive, al Ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio
e del mare, al Ministro delle Infrastrutture, al Consiglio dei
Ministri,al Presidente della Commissione Europea,al Commissario
all’Ambiente UE. L’immediato blocco
delle procedure autorizzative e la totale riconsiderazione della
realizzazione del rigassificatore off-shore.
GIOVEDI'
14 FEBBRAIO ore 21.00
Via
S. Andrea, 75 CONVOCAZIONE ASSEMBLEA APERTA PER LA
COSTITUZIONE DI UN COORDINAMENTO PROMOTORE DI UN REFERENDUM
AUTOGESTITO SUL RIGASSIFICATORE.
Livorno, 6 febbraio 2008
Il Comitato contro il Rigassificatore di Livorno e
Pisa chiama a raccolta la cittadinanza per preparare una campagna di
mobilitazione, da svilupparsi nei prossimi mesi nei quartieri della
città, con lo scopo di costruire un fronte comune ampio ed articolato
che cerchi di fermare l'ipotesi di costruzione dell'impianto di
rigassificazione offshore previsto a largo della costa di Livorno e
Pisa. Lo strumento che riteniamo idoneo a questo scopo è il
referendum autogestito, da tenersi nei modi e nei tempi che lo stesso
coordina-mento deciderà, referendum che chieda alla cittadinanza
tutta intera di esprimersi nel merito della questione "rigassificatore".
Ci accingiamo a promuovere questa iniziativa con la
consapevolezza che, nonostante le continue false informazioni
circolanti principalmente a mezzo stampa, la partita sia ancora tutta
da giocare (come dimostra il tentennamento di gruppi finanziari a
sborsare i promessi investimenti economici) e che sia sempre più
urgente e necessario dare una concreta dimostrazione che le comunità
locali non sono solo serbatoi di voti, da richiamare esclusivamente in
prossimità di ogni tornata elettorale, ma gruppi di persone che
vogliono poter contribuire attivamente alle scelte sul proprio
destino.
A fronte dei definitivi e ripetuti rifiuti da parte
dell'ente pubblico di avviare confronti,
dibattiti, incontri pubblici o referendum sulla
questione "rigassificatore", il coordinamento dovrebbe
impegnarsi a colmare questo enorme vuoto di democrazia, dando vita ad
una strada autonoma di percorso democratico: visto che i nostri
amministratori non ci ascoltano, saremo noi stessi a farci sentire. Lo
strumento ultimo di questo percorso dovrebbe essere, ripetiamo, un
referendum
autogestito.
Invitiamo tutti coloro che sono contrari al
rigassificatore ad unirsi a noi in questa campagna, ricordando, per
chi ancora ha qualche dubbio, che:
1) Questo progetto, se dovesse giungere a
compimento, darebbe vita ad un ecomostro di cui non esistono altri
esemplari al mondo. Si tratterebbe del primo di una nuova generazione
di impianti sui quali non esistono riscontri effettivi di nessun
genere e la cui realizzazione è stata rifiutata, per la pericolosità
e nocività, in ogni parte del mondo.
2) La presenza di questa struttura davanti alle
nostre coste delineerebbe, anche qui per la prima volta al mondo, il
mare come "sito industriale", con tutto quello di pericoloso
e devastante che ne conseguirebbe, e avrebbe enormi effetti negativi
per la pesca e per la salute dell'ambiente ittico. Per di più sarebbe
situato in una zona particolarmente rilevante:
il “Santuario dei Cetacei”, parco marino
internazionale, il cui ambiente marino sarebbe pesantemente inquinato
e penalizzato dagli sversamenti di tonnellate al secondo di acqua
fredda piena di varechina che verrebbe espulsa in mare dopo ogni
trattamento, e dai rumori devastanti per la fauna marina protetta che
si trova in questo parco.
3) Incrementerebbe l'economia violenta di rapina da
parte delle multinazionali del gas nei confronti dei paesi terzi
fornitori della materia prima, in particolare del delta del Niger.
4) Farebbe aumentare notevolmente il traffico navale
di petroliere e gasiere nel Mediterraneo con un aumento esponenziale
di inquinamento.
5) Non comporterebbe alcun guadagno per la città di
Livorno, sia in termini di occupazione, dato che i lavori sono stati
appaltati a ditte esterne e comunque i posti di lavoro si riducono a
poche decine, tutti estremamente specializzati, che in termini di
riduzione dei costi delle bollette, visto che i processi di
trasformazione del gas e di mantenimento della struttura galleggiante
sono estremamente onerosi e verrebbero pagati tramite le nostre
bollette.
Per questi e molti altri motivi gridiamo il nostro
NO
a
questo progetto assurdo, di fatto solo l'ennesima speculazione ai
danni di tutti che farà guadagnare i soliti noti, e chiediamo
l'impegno di tutti in questa avventura, che ha come fine quello di
provare a costruire gruppi di sostegno nei quartieri e nelle
situazioni interessate, grazie ai quali arrivare a realizzare il
referendum, che - negatoci in passato con un vergognoso stratagemma
burocratico – può rappresentare un autentico importantissimo
momento di democrazia autogestita, l'unica, a quanto pare, che ci
resta. COMITATO CONTRO IL RIGASSIFICATORE OFFSHORE DI LIVORNO E PISA
Il ricorso da noi effettuato al T.A.R, unitamente ai Comitati, è stato accolto e quindi tutto è rimandato, sperando che alla fine il rigassificatore, se proprio si dovrà farlo, trovi altre collocazioni. Del resto il mare non è zona industriale e un sito industriale come il rigassificatore, proprio accanto alla zona protetta detta "santuario dei cetacei" ,sarebbe stato come voler far passare una ferrovia o impiantare una raffineria proprio di petrolio accanto al Colosseo o a piazza del Campo a Siena.................o a Montecristo.E' proprio indispensabile svendere anche iI mare ai privati, per avere fonti alternative di energia? Ecco comunque la notizia ansa, come pervenutaci:
ENERGIA:
TAR BOCCIA RIGASSIFICATORE LIVORNO-PISA (ANSA) - Gesualdi, il rigassificatore: "Un progetto mastodontico per garantire profitti alle imprese"Il presidente del Centro Nuovo Modello di Sviluppo di Vecchiano: "Livorno ha paura, ma Comune e Regione non ne tengono conto, vanno avanti spediti. La propaganda lo giustifica dicendo che l'Italia è a corto di gas. In realtà la stessa Eni riconosce che già oggi l'Italia riceve ogni anno 10 miliardi di metri cubi di gas oltre il suo fabbisogno".da: http://www.pisanotizie.it/index.php/news/news_20100302_gesualdi_rigassificatore.htmlLivorno ha paura, ma Comune e Regione non ne tengono conto, vanno avanti spediti. Mi riferisco al rigassificatore in costruzione in mare aperto davanti a Livorno. Un impianto che immagazzina gas liquido trasportato da navi e, dopo averlo scaldato per riportarlo allo stato gassoso, lo manda a terra tramite tubi sottomarini. Proprietario e gestore è OLT Offshore LNG Toscana S.p.A., una società nata per accordo della tedesca E.On, che possiede il 47% del capitale e l'italiana Iride che possiede un altro 47%. Una certa propaganda ha giustificato l'impianto alla luce delle esigenze energetiche della Toscana, in realtà il progetto è di portata nazionale perché il gas è immesso nella rete nazionale. La stessa propaganda lo giustifica dicendo che l'Italia è a corto di gas. In realtà la stessa Eni riconosce che già oggi l' Italia riceve ogni anno 10 miliardi di metri cubi di gas oltre il suo fabbisogno. Dal che si deduce che il vero obiettivo è l'Europa. Avendo deciso di trasformare l'Italia in un magazzino di gas per l'Europa si capisce perché si sia messo in moto la corsa ai rigassificatori, ce ne sono in progetto una dozzina che aggiunti ai tre già esistenti, daranno un totale di quindici sparsi a corona lungo le coste d'Italia. Progetti che in termini occupazionali non valgono niente, al massimo una cinquantina di posti per impianto, che però rischiano di appesantire la bolletta degli italiani. Si dà il caso, infatti, che nel mondo ci siano più impianti di rigassificazione (una cinquantina) che impianti di liquefazione (una ventina) col bel risultato che gli impianti di rigassificazione rischiano di non poter ricevere abbastanza gas liquido e quindi di dover funzionare a scartamento ridotto con inevitabile aggravio di costi che però saranno coperti dallo Stato tramite un'apposita tassa introdotta nelle bollette energetiche fatte pagare agli italiani. In conclusione i rigassificatori si stanno rivelando progetti mastodontici, costruiti col sostegno dello stato, ossia dei cittadini, solo per garantire profitti alle megaimprese. Un progetto che il PD toscano ha sposato in pieno, a dimostrazione ulteriore che al di là della retorica anche il PD sta diventando sempre di più un partito degli affari. Un segnale che Rossi ha voluto mandare forte e chiaro scegliendo l'imprenditrice Stella Targetti come suo vice alla presidenza della Toscana. Quindi prepariamoci pure alle colate di cemento da parte delle imprese da costruzione, un settore dove sguazzano cooperative rosse e imprese mafiose, prepariamoci all'assalto da parte dei centri commerciali, Ikea in testa, prepariamoci all'assalto di catene alberghiere e qualsiasi altro tipo di affarista che veda nella toscana una terra da spolpare. Il tutto secondo la perfetta logica berlusconiana dell'Italia del fare. E la gente? Che taccia e subisca tutto passivamente, anche quando si tratta di progetti a forte rischio ambientale e sanitario. I livornesi il rigassificatore non lo vogliono perché in caso di incidente può sprigionare una potenza di fuoco simile a una bomba atomica, per non parlare dei danni sistemici all'ambiente marino provocati da sversamento di sostanze chimiche e surriscaldamento dell'acqua. I livornesi non vogliono il rigassificatore, come in altre zone non vogliono gli inceneritori, pericolosi per diossina e polveri sottili, come mostra il recente ritrovamento di diossina nel latte materno di due mamme di Montale. Allo stesso modo sull'Amiata la gente si oppone alla geotermia perchè sta prosciugando le falde acquifere della zona e sta disseminando in atmosfera e nelle falde sostanze pericolose fra cui l'arsenico. E' il solito vecchio conflitto: la difesa della salute e della qualità della vita contro una concezione di sviluppo basato sull'aumento di produzione fino a se stesso anche a costo di morte, tumore, compromissione del nostro futuro. A quando un altro modello economico organizzato per la gente invece che per il profitto? Un altro modello economico consapevole che la buona vita non dipende tanto dal numero di elettrodomestici, quanto dalla sicurezza sociale, dalla solidarietà collettiva, dalla salute fisica e mentale, da un ambiente sano e pulito, da buone relazioni umane e affettive, da disponibilità di tempo per gustarci la vita. Leggi anche: -Gasiera in vista (http://www.pisanotizie.it/index.php/news/news_20100226_breve_cronistoria_progetto_rigassificatore.html ) -Rigassificatore: al via i lavori. E' arrivata 'Castoro 7' (http://www.pisanotizie.it/index.php/news/news_20100216_inizio_lavori_rigassificatore.html) -Rigassificatore tra Pisa e Livorno: Il Consiglio di Stato dà il via libera per
ulteriori informazioni,
visitare
il sito
www.offshorenograzie.it |
E' finita come al solito: qualcuno (pochi!) guadagnano senza rischio, molti (noi, come cittadini) non ci guadagnano mai ed anzi garantiscono i mancati guadagni dei pochi. In ogni caso, se avete seguito la vicenda potete farvene un'idea da soli, sia leggendo l'immagine sotto, come anche l'articolo di Mauro Zucchelli su IL TIRRENO del 30.01.2014
dal TIRRENO DI FINE GENNAIO 2014//
http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2014/01/30/news/offshore-fermo-per-ora-non-ha-clienti-1.8571149
Ma la società può avere dallo Stato ricavi garantiti (con un extra sulle bollette). E ora spunta l’idea del polo per il gas alle navi
LIVORNO. È stato un fantasma per 11 anni: 12 miglia al largo della costa di Tirrenia non c’era ancora nemmeno un bullone ma l’idea di arrivare lì il “bombo- lone” del rigassificatore offshore ha innescato cortei, comitati e proteste. Inclusa una alluvione di firme per poter dire la pria con un referendum: prontamente dribblato dal Comune con uno slalom di scuse. Adesso l’ex nave metaniera trasformata in un terminale gas è laggiù davanti, nove miglia a nord ovest della Torre della Meloria: ma resta ugualmente un fantasma perché, dopo la fine del periodo di collaudo, benché formalmente in funzione (dal 20 dicembre scorso), il rigassificatore Olt si è ritrovato al palo. Zero contratti, almeno per adesso.
CASTIGATO DAL MERCATO
Non l’avevano fermato la mobilitazione della galassia No Offshore, che pure all’inizio di agosto era riuscita a portare in piazza migliaia di persone al “funerale del mare” quando il terminale è arrivato in zona. Non l’aveva bloccato la battaglia ambientalista, compreso Greenpeace, a colpi di carte da bollo contro la trasformazione del mare in area “industriale”, contro le quantità di cloro immesse in mare per i trattamenti anti-vegetativi. Paradossalmente l’ha stoppato proprio il mercato, cioè la logica in base alla quale era nato: da un lato, per liberarsi dalla “dittatura del tubo” (i gasdotti con Russia e Algeria, a rischio per le turbolenze politiche); dall’altro, in nome della crescita esponenziale della domanda di energia, che nel nostro Paese costa troppo e azzoppa la competitività delle imprese.
Risultato: gli scenari di mercato nello specifico settore del gas naturale liquefatto (lng) sono finiti sull’ottovolante della crisi. A cominciare dal fatto che la domanda di gas è in netto calo: meno 6,4% nell’ultimo anno, raddoppiando (e in modo ancor più consistente il calo di 4 punti registrato nel 2012). Fino a tornare negli ultimi dodici mesi a consumi al di sotto degli standard 2002.
Non basta: i borsini delle “commodities” dicono che le quotazioni del gas naturale sono più che dimezzate rispetto al 2008 (ma adesso con un rimbalzo verso l’alto che però riguarda l’Asia, soprattutto dopo che il Giappone ha utilizzato i rigassificatori per rimpiazzare il nucleare dopo lo choc del terremoto che ha messo ko Fukushima).
CONTRATTI FORMATO SPOT
In questo puzzle di effetti e controeffetti, bisogna metterne nel conto che l’estrema volatilità delle condizioni di mercato ha in pratica fatto sparire i contratti di medio-lungo periodo sostituiti da contratti-spot di breve o brevissima durata.
È una analisi sulla quale curiosamente si possono ritrovare accenti (quasi) simili tanto nel “fronte del no” che nel quartier generale dell’Olt.
L’azienda lo sottolinea per dire che è una fase congiunturale, una sorta di “rodaggio” commerciale (con i potenziali clienti rimasti alla finestra finché non è stata ultimata poco prima di Natale la fase di collaudo). Gli anti-offshore la pensano in modo del tutto diverso: macché difficoltà congiunturale, è tutta l’operazione a fare acqua sotto il profilo strategico.
E qui l’arcipelago dei contestatori batte un doppio tasto.
L’uno riguarda la composizione societaria di Olt: non sono le illazioni di sovversivi e stremisti ma le notizie della stampa confindustriale a dire che il colosso tedesco E.On – proprietario del 46,8% del rigassificatore (esattamente la stessa quota in mano a Iren, l’ex municipalizzata di Genova più Torino e parte dell’Emilia) – ha intenzione di fare la valigia e lasciare l’Italia cedendo i propri impianti con la regia di Goldman Sachs (con una “vendi- ta-spezzatino” che vedrebbe interessati Eni e i russi di Gazprom ma soprattutto Edison). E Iren? A novembre, in una call sui risultati del trimestre, i vertici della società avevano detto che l’uscita dal rigassificatore è «possibile nel futuro ma non è attuale oggi».
LA STAMPELLA DEI RICAVI
L’altro ha a che vedere con la “stampella” dei ricavi garantiti: cioè, in caso di difficoltà è lo Stato a assicurare comunque alla società del rigassificatore una quota di ricavi garantiti: il giornale on-line di Legambiente parla di una percentuale oltre il 70% della capacità dell’impianto. E chi paga? Gli utenti con un extra in bolletta.
È questo un tema sul quale era intervenuta anche l’Authority dell’Energia che aveva cancellato i ricavi garantiti: il Tar lombardo ha dato ragione a Olt ma l’Autorità di settore è andata al contrattacco e ha portato tutto in appello davanti al Consiglio di Stato.
OLT:PREVISTO DAL 2005
Dalla sede di Olt ribattono che non c’è un beneficio “ad aziendam”: i ricavi garantiti sono stati introdotti nove anni fa in nome dell’idea di mettere da una parte dei rischi gli operatori che avessero investito in rigassificatori. Come? Con la garanzia che, attraverso una sorta di “contributo di sistema” (tramite bollette), gli investitori avrebbero potuto contare su introiti comunque sicuri, indipendentemente da come avrebbe funzionato il business. Insomma, questo canale di approvvigionamento gas era ritenuto fondamentale per non rischiare intoppi sul fronte energia.
IL GAS PER I PORTI
Nelle ultime settimane è saltata fuori una novità che potrebbe cambiare il “mestiere” del rigassificatore. Ne abbiamo già dato conto parlando dell’ultimo convegno dell’Authority all’interporto: alla presentazione del progetto “gru verdi” c’era anche l’amministratore delegato di Olt, Peter Carolan. E se questo non è un segnale di forte interesse, dite voi cos’è.
Detto in sintesi: le flotta navali del Mediterraneo affronteranno fra breve la trasformazione che hanno già avuto nel Baltico con l’obbligo di stare al di sotto di certi standard di emissioni inquinanti. Conseguenza: i motori delle navi riconvertiti a gas. Ma se anche una Panda ha bisogno di sapere dov’è il distributore di metano, figuriamoci una nave chimichiera. Ci vuole la “pompa” del gas sulle banchine. E siccome non è pensabile che tutto questo sia gestibile con grandi navi gasiere, l’offshore livornese si è di fatto candidato a diventare il polo di rifornimento delle bettoline che poi servirebbero i distributori del gas nei porti dell’Alto Tirreno.
Ma questo è uno scenario del futuro prossimo venturo: per l’immediato l’Olt punta ad avere in questi giorni l’ok del ministero per poter ricevere navi fino a 155mila metri cubi, cioè l’80% della flotta di metaniere in circolazione. Solo che se non arrivano i contratti, aumentare la capacità serve a poco........oggi, 2016, a che punto siano i contratti, se ci sono e se la piattaforma O.L.T abbia creato posti di lavoro locali, come promesso, è ignoto. Come sempre il cittadino paga e qualcuno ci guadagna (i soliti pochi?) ma l'informazione tace, sia perchè l'argomento va perdendo interesse giornalistico nel tempo, sia perchè comunque se si dovessero evidenziare problemi di qualsiasi tipo, anche riguardanti in modo specifico la magistratura (tangenti, corruzione etc.etc.), se ne riparlerebbe anni e anni dopo, magari con un articolino in esima pagina, che tanto ormai chi ha avuto ha avuto (vedi il ponte Morandi o il Mottarone o Rigopiano o le ricostruzioni nei post terremoto etc.etc).