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via Anna Frank 17 - 57124 - Livorno - mail : agireverde@tin.it
lettera aperta, approssimandosi la data della marcia Perugia Assisi, del nostro gruppo di lavoro “ambiente e territorio”.Un documento che intende far conoscere il punto di vista dell’associazione Agire Verde sulla questione di Camp Darby con l'intenzione di aggiungere informazione, prendere posizione e non assistere passivamente a fatti che, in ultima analisi, ci coinvolgono tutti.
le motivazioni della nostra adesione al comitato
aggiornamenti sulle iniziative in corso:
1) 18.01.2006 motivazioni dell'incontro
2) IL SITO DEDICATO, per visionare basta un clic
3) tutti a Vicenza il 17.02.2007: il Dal Molin di Vicenza, collegamento con Camp Darby
4) ancora a Vicenza 15.12.2007
LETTERA APERTA ALLE ASSOCIAZIONI PACIFISTE, AI PARTITI, ALLA REGIONE TOSCANA , AL COMUNE E ALLA PROVINCIA DI LIVORNO
Con l’avvicinarsi della scadenza della marcia per la pace Perugina Assisi, convocata per il giorno 11 Settembre, a cui parteciperemo come associazione Agire Verde, insieme a molti di voi, sentiamo l’esigenza di esprimerci sui contenuti che tale giornata, qualificano.
Pur nella ricerca della maggiore unità possibile tra diversi, assolutamente necessaria sul tema della lotta per la pace e la giustizia, riteniamo necessario enucleare alcune battaglie locali fondamentali e che costituiscono una cartina al tornasole per contraddistinguere un pacifismo di pura facciata da una prassi di incisiva operatività anti-bellica.
Ci auguriamo sinceramente di poter iniziare un percorso insieme a voi, non astratto o velleitario ma concreto, che possa portarci ad introdurre nella realtà del nostro territorio incisivi elementi di liberazione da logiche militariste esterne .
La questione che vogliamo porre con questa lettera è quella delle servitù militari a cui è sottoposto il nostro territorio con la base Statunitense di Camp-Darby e lo stesso porto di Livorno, classificato tra gli 11 porti italiani che possono ospitare sommergibili nucleari.
Sappiamo benissimo che tale questione sfugge alle logiche della sola politica locale, in quanto coinvolge accordi internazionali fortemente secretati ma ciò, lungi dall’essere un alibì per tutti noi, deve costituire uno stimolo per innescare un processo di liberazione del territorio da tali servitù .
In tal senso la nostra Regione e il nostro Comune se vogliono essere rappresentativi, devono essere in prima fila nelle grandi battaglie che contribuiscono a disinnescare le ragioni della guerra .
Una politica “contro l’avvelenamento militare e civile del territorio” è sicuramente una battaglia primaria da portare avanti a livello sia tattico, impostando una trattativa con il governo italiano per la conoscenza degli accordi segreti che regolano tale presenza, sia strategico, richiedendo la liberazione del territorio della base.
La funzione geo-strategica di Camp Darby
La base fu frutto di un accordo siglato tra Roma e Washington nel 1951, da quel momento un’area di 1000 ha del litorale tirrenico “la pineta di Tombolo” è diventata un segreto americano. L’unica cosa certa è la sua importanza geo-strategica sempre ribadita sia per le sue dotazioni infrastrutturali che per la sua funzione di deposito di armi, munizioni e vettovaglie.
Infatti è una delle poche basi che dispone di un canale navigabile, il canale dei Navicelli che permette un trasporto diretto di materiali verso il porto.
«E' una posizione ideale - dichiara il responsabile dei magazzini in una rivista dell'Us Army -. Siamo vicini al porto, allo scalo di Pisa, all'autostrada e abbiamo una linea ferroviaria che arriva dentro la base» .
Essa è la Santa Barbara ideale, unica fuori dalla patria, che permette di evitare il viaggio verso gli Stati Uniti per il rifornimento delle missioni all’estero.
“Ventimila
tonnellate di munizioni per artiglieria, missili, razzi e bombe d'aereo con
8.100 tonnellate di alto esplosivo ospitate in 125 bunker. E, ancora, gli
equipaggiamenti completi per armare una brigata meccanizzata: 2.600 tra tank,
blindati, jeep e camion. Nella lista ci sono tutti i migliori sistemi
dell'esercito statunitense, inclusi 35 carri armati M1 Abrams e 70 veicoli da
combattimento Bradley. Ma l'inventario prosegue con un elenco impressionante,
sintetizzato da una cifra: ci sono materiali bellici del valore di due miliardi
di dollari (l'equivalente in euro), missili e ordigni esclusi.”
Da Nexus
Le sue attività sono talmente segrete che è interessante rammentare una storia di cinque anni fa.
“A
Camp Darby ci sono enormi depositi sotterranei refrigerati, per proteggere dal
calore gli apparati più sofisticati destinati ai caccia e ai bombardieri.
Furono costruiti negli anni Settanta ma hanno cominciato presto a mostrare
problemi strutturali. Dieci anni dopo i tecnici della base li hanno rinforzati
con lastre d'acciaio: un intervento che forse ha peggiorato la situazione. Le
crepe si sono allargate, inesorabilmente. Nel maggio 2000 pezzi di cemento
cominciano a cadere dal soffitto sulle armi e i genieri fanno scattare
l'allarme. Con cautela estrema tra giugno e luglio vengono sgomberati dodici
bunker, contenenti 100 mila ordigni con 23 tonnellate di esplosivo ad alto
potenziale. L'operazione viene descritta come delicatissima dagli stessi
esecutori, che l'hanno realizzata utilizzando robot telecomandati: nella loro
rivista la chiamano «un piccolo miracolo». “ Da Nexus.
Tale storia è
emblematica del livello di autonomia e di informazione che le nostre stesse
autorità hanno avuto sui pericoli che abbiamo corso.
“Nessun
pericolo, quindi. Ma anche nessuna informazione alle nostre autorità: in genere
in Italia si fanno evacuare aree gigantesche solo per disinnescare un residuato
bellico con una carica di pochi chili. Che precauzioni sarebbero state adottate
per muovere migliaia di ordigni a ridosso delle spiagge più affollate? “
C’è da dire però che da tale base sono partite anche operazioni di aiuto umanitario in caso di catastrofi naturali in Kurdistan, nei Balcani, in Africa, in Turchia.
“A
sorvegliarla ci sono pochi soldati statunitensi: 350 militari professionisti,
700 della Guardia nazionale. Manutenzione, pulizia e manovalanza invece sono
appaltate ad aziende italiane, con 580 dipendenti, per i quali però esistono
zone off limits . Ma le presenze americane si moltiplicano in estate: 50 mila
solo nel 2000. Perché - come recitano le brossure del Pentagono - «la spiaggia
privata di Camp Darby offre sole, mare, giochi e relax riservato al personale
autorizzato». Il tutto accanto ai bunker più esplosivi d'Europa.”
I
perché di tale battaglia
Qualcuno potrebbe obbiettare del perché scegliere una finalità di tale portata che sfugge al potere locale e alle possibilità del movimento della pace, quando vi sono altre battaglie più facili.
Le risposte sono molteplici:
-si tratta di una battaglia giusta contro un centro propulsore di azioni di guerra, come è stato chiaro nel periodo più caldo della guerra all’Iraq; infatti da essa sono partite gran parte delle armi e delle munizioni che hanno seminato morte;
-si tratta di una battaglia sui diritti per riaprire ai cittadini della Toscana una zona di territorio che è sparita dalla vita, nel senso che in essa tutto (persone, ecosistema) è asservito ad un potere militare che risponde ad una logica imperiale esterna;
- si tratta di una battaglia per la libertà soprattutto di noi abitanti di questa zona della Toscana,che ci viene negata come cittadini che si riconoscono nella Costituzione Italiana che con l’art. 11 ripudia la guerra.
Le servitù militari sono un buco nero sul territorio col loro alone di segreto, ma rischiano di esserlo anche per il movimento per la pace se non si affronta il problema del loro progressivo dissolvimento ed anche per le istituzioni che finiscono per subire uno stato di fatto senza futuro.
La lotta deve essere pacifica ma decisa, non estremista ma risoluta.
Gli
enti locali e la base
La dichiarazione del Presidente della Regione Toscana Martini dell’8 marzo 2004 sull’argomento delle servitù militari costituì una apertura, una vittoria del movimento per la pace che in qualche modo aveva contagiato le istituzioni toscane : <<Dobbiamo cominciare a pensare a una riconversione ad uso civile della base che dovrà perdere le sue caratteristiche esclusivamente militari e assumere invece quelle di peace-keeping per garantire la pace, la cooperazione e gli aiuti umanitari nel mondo>>.
Rimane poco chiara la funzione di “peace-keeping per garantire la pace “ che Egli vuole affidare a quella parte del territorio perché a nostro parere occorre promuovere una pacifica ma incisiva pressione per una totale liberazione dell’area che rimane l’obbiettivo finale.
Ultimamente è
apparso sulla stampa la precisazione di un vecchio progetto di ampliamento di
tale base, con l’indicazione nella zona di Guasticce per tale polo di
espansione….”Già all'inizio degli
anni `90 viene concepito in sede Nato un piano (il "Cp 340019") da 52
milioni di dollari per l'ampliamento della base che prevede la costruzione di
sette magazzini climatizzati, di una grande officina, e di varie infrastrutture
per 450mila metri cubi complessivi e 9 ettari di superfici coperte o
impermeabilizzate. Nel 1992 il progetto viene presentato al Comipar (il Comitato
misto paritetico sulle servitù militari di cui fa parte anche la Regione
Toscana) che lo approverà il 10 ottobre 1996. Il 2 luglio 2003, lo stesso
Comipar approva all'unanimità pure i due dossier Usa "Pn 58497" e
"Pn 58493", praticamente identici a quello già approvato nel 1996 ma
con la differenza che nei 7 anni intercorsi è cambiato il proponente: non più
la Nato ma gli Stati uniti” ( il Manifesto 12 Agosto 2005 ).
A tal proposito vi sono stati pronunciamenti di diverso tenore tra il sindaco di Livorno e di Pisa.
E’ certo che accettare anche solo un tavolo di discussione sull’ampliamento della base di Camp Darby sarebbe un grave passo indietro.
Tale terreno di discussione va assolutamente rifiutato, in qualsiasi modo venga presentato il problema. Anche se apparentemente possa sembrare un investimento produttivo di un “contractor” privato che lavora per la logistica a servizio dell’amministrazione U.S.A. e delle sue varie operazioni militari che si svolgono nel sud- est o in qualsiasi parte dello scenario globale.
A maggior ragione se in cambio venisse offerto un investimento fortemente appetibile per il nostro territorio come il dragaggio del canale dei Navicelli per renderlo navigabile (vedi art. su il Tirreno del 11 Agosto 2005).
Cadere nel tranello dello scambio utilitario sarebbe una logica assolutamente perdente per la Toscana.
La
futura destinazione del territorio liberato
Ci piace pensare ad una progressiva liberazione dell’area di Camp Darby per destinarla ad una utilizzazione vitale per il territorio, all’insediamento di attività in rete con le altre attività presenti nel comprensorio..
Ci piacerebbe progettare in questi 1000 ha liberati dalla servitù militare piste ciclabili nella pineta di Tombolo per un turismo ecologico, ippovie collegate a quelle del parco di Migliarino Massaciuccoli e delle Colline Livornesi nell’ambito di uno sviluppo agrituristico, percorsi su canoa che solcano il canale dei Navicelli fino al porto, una grande area dedicata allo sport ed al tempo libero.
Si ipotizza una grande area di cerniera tra Livorno e Pisa che si inserisca nell’Area Vasta che sta nascendo e che incrementi anche lo sviluppo economico, che con l’insediamento dell’interporto nella piana di Guasticce ha fame di zone produttive.
Un’area su cui anche i privati oltre che il pubblico possano investire nell’ambito di una cornice di sviluppo disegnata in modo partecipato.
Ci
piacerebbe proporre alla Regione Toscana, al Comune di Pisa, al Comune di
Livorno di ritagliare all’interno di essa, anche uno spazio per costruire una
“Cittadella dell’Altra Economia” di valenza regionale da destinare
ad associazioni non profit, del commercio equo e solidale, del
volontariato, che possano autogestirla ed avviare anche attività
eco-compatibili quindi anche attività produttive artigianali di tipo leggero,di
promozione delle energie alternative, di ricerca.
Un esempio in corso di realizzazione è quello che già il Comune di Roma ha avviato e di cui si prevede l’apertura per l’inizio 2006 all'interno del Campo Boario nell'ex Mattatoio di Testaccio.
Ovviamente tale idea richiederebbe per il suo sviluppo integrale la redazione di un piano urbanistico attuativo ( o studio di fattibilità) del quale le amministrazioni locali avviino lo studio con specifiche norme di attuazione sia per la fase transitoria che finale che progetti la reimmissione definitiva dell’area nel circuito vitale.
Anche la strada
di avviare uno studio urbanistico che cancelli quell’unico retino nel quale
attualmente è accomunata tutta la zona sulle mappe e disegni le prospettive di
questo territorio ora negato potrebbe essere un modo per far pressione sul
governo nazionale ma soprattutto per
capire le grandi opportunità economiche che il nostro territorio perde
continuando ad accettare tale stato di fatto.
Potrebbe
essere un grande esperimento di partecipazione democratica tramite una gestione
con assemblee pubbliche nelle quali i cittadini Toscani possano vivere in
diretta il sogno della rinascita di una grande parte del proprio territorio.
Le modalità di avvio di un tale piano o studio di fattibilità (atipico per il fatto che interessa un’area di cui non si dispone) andrebbero concordate a livello amministrativo in quanto si studierebbe su uno spazio che dovrà essere contrattato, conquistato. Insomma potrebbe essere una frontiera da conquistare anche un po’ alla volta.
La
riconversione in parco di tutta l’area richiederà una approfondita
bonifica che si renderà necessaria data la sua funzione di stoccaggio di armi
nucleari con i problemi di rilascio radioattivo anche se per bassi dosaggi.
Tale aspetto dovrà essere trattato e riveste un’importanza grandissima sotto l’aspetto ambientale,sanitario ed economico.
Chi pagherà i costi di tale decontaminazione ?
Abbiamo studi sul livello di inquinamento dei suoli?
Tale argomento sarà il banco di prova per far rinascere il territorio di cui parliamo.
In definitiva impostare tale problematica in modo concreto fin da ora è fondamentale per le Istituzioni Toscane, per il Movimento della Pace e per tutti i cittadini.
Sez.“ambiente e territorio” Associazione Agireverde
aggiornamenti ed ulteriori informazioni
Camp Darby fa parte del sistema delle basi Usa in Italia, le cui
dimensioni possono essere dedotte dal rapporto ufficiale del Pentagono Base
Structure Report 2005: le forze armate statunitensi posseggono nel nostro
paese 1.614 edifici, con una superficie di 892 mila metri quadri, e hanno in
affitto 1.190 edifici, con una superficie di 886 mila m2. Il
personale addetto a tali basi ammonta a 14.000 militari e 5.140 civili, per un
totale di circa 20 mila.
Come documenta un altro rapporto ufficiale del Pentagono (Report on Allied Contributions to the Common Defense, July 2003), l’Italia contribuisce per il 34% al costo economico del mantenimento di basi e forze statunitensi sul nostro territorio: il “contributo” annuo italiano, ammontante a 324 milioni di dollari nel 2001, è oggi sicuramente superiore a tale cifra.
Camp Darby è la base logistica che rifornisce le forze terrestri e
aeree Usa nell’area mediterranea, nordafricana e mediorientale. Secondo il
rapporto Base Structure Report 2005,
essa comprende 136 edifici con una superficie di 60 mila metri quadri.
E’ l’unico sito dell’esercito Usa in cui il materiale
preposizionato (carrarmati M1, Bradleys, Humvees, etc.) è collocato insieme
alle munizioni, comprese sicuramente quelle a uranio impoverito e quelle al
fosforo usate in Iraq.
Secondo lo stesso rapporto, altre strutture per il rifornimento e
l’addestramento, comprendenti 327 edifici in proprietà e 58 in affitto,
si trovano in tre località in provincia di Livorno e in due in provincia
di Pisa.
Con la fine della guerra fredda, Camp Darby, come le altre basi Usa e
Nato in Italia, ha acquistato una importanza ancora maggiore. Da qui è partita
gran parte degli armamenti e altri materiali usati dall’esercito e
dall’aviazione Usa nelle due guerre contro l’Iraq e in quella contro la
Jugoslavia.
Ora, nel quadro della ridislocazione delle forze Usa dall’Europa
settentrionale e centrale a quella meridionale e orientale, il Pentagono ha
necessità di aumentare la capacità della base, ormai satura. Non basta però
potenziare le installazioni interne e allargare il Canale dei Navicelli che la
collega al porto di Livorno. Occorre altro spazio per costruire una seconda
base.
Secondo una inchiesta giornalistica pubblicata in agosto,
plenipotenziari statunitensi stanno conducendo colloqui riservati per ottenere
un’altra area su cui costruire una seconda base da affiancare alla prima. La
zona potrebbe essere la piana di Guasticce, vicino all’interporto e allo
scolmatore. La nuova base sarebbe probabilmente gestita da un contrattista del
Pentagono con personale civile.
Fin qui la “scheda” su Camp Darby. Cerchiamo di capire ora perché
questa base costituisce una fonte continua di pericoli.
Tutto inizia nel 1951, quando il governo De Gasperi stipula con quello
statunitense un accordo segreto cedendogli una vasta area della pineta di
Tombolo per costruirvi Camp Darby.
La funzione di questa base non è stata però solo quella di supporto
logistico alle forze statunitensi. Come è emerso dalle successive inchieste dei
giudici Casson e Mastelloni, Camp Darby ha svolto sin dagli anni Sessanta la
funzione di base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar nel quadro
dei piani segreti «Stay Behind» e «Gladio»: qui furono addestrati i
neofascisti pronti a entrare in azione e conservate le armi per il colpo di
stato.
Non solo. Camp Darby fa parte di un triangolo militare, che possiamo
definire triangolo dei segreti: a fianco della base vi sono una stazione
statunitense di ascolto radio (ossia di spionaggio) e il Cisam, l’ex Camen:
qui, come rivela l'ex ministro della difesa Lelio
Lagorio nel suo libro «L'ora di Austerlitz», si progettò segretamente nel
1980 di costruire l’atomica italiana (piano non attuato sostanzialmente per il
veto Usa).
Camp Darby ha con tutta probabilità a che vedere anche con la tragedia
del Moby Prince del 10 aprile 1991, in cui perirono 140 persone: quella notte
nel porto di Livorno era in corso una operazione segreta di trasbordo di armi
dirette probabilmente in Somalia (come ben documenta Enrico Fedrighini in
“Moby Prince”, ed. Paoline).
Nel 2000 – secondo notizie raccolte dall’organizzazione statunitense
Global Security e mai smentite – a
Camp Darby si rasentò la catastrofe. Il soffitto di alcuni depositi pieni di
missili, testate esplosive, proiettili e detonatori, aveva cominciato a cedere.
Fu quindi necessario rimuovere, in una operazione durata 12 giorni in piena
estate, oltre 100mila testate e proiettili esplosivi pesanti circa 24
tonnellate.
La rimozione, estremamente rischiosa, venne effettuata con speciali
mezzi teleguidati e robot. Tutto, naturalmente, nel più assoluto segreto. Le
stesse autorità civili italiane furono tenute all’oscuro. Ancor più la
popolazione che, durante l’estate, cresce di numero essendo questa una località
di villeggiatura.
La realtà è che Camp Darby, come le altre basi statunitensi,
pur essendo in territorio italiano è inserita nella catena di comando del
Pentagono e quindi sottratta a qualsiasi meccanismo decisionale italiano.
The Shell Agreement –
il memorandum d’intesa tra i ministeri della difesa di Italia e Usa sull’uso
di installazioni/infrastrutture da parte delle forze statunitensi in Italia,
stipulato il 2 febbraio 1995 durante il governo Dini – non
intacca questo “principio” in quanto attribuisce alle autorità
italiane compiti relativi alla sicurezza della base, non facoltà di stabilirne
l’uso: «Il comandante statunitense – sottolinea l’accordo – ha il pieno
comando militare sul personale, gli equipaggiamenti e le operazioni statunitensi».
Deve solo «informare in anticipo il comandante italiano su tutte le
significative attività statunitensi».
Il Memorandum stabilisce però anche che «la responsabilità per la
sicurezza esterna è assegnata esclusivamente alle autorità italiane» (art.
15) e «il trasferimento di materiale pericoloso (carburante, esplosivi, armi)
nello spazio territoriale italiano» deve avvenire in «conformità alla
legislazione italiana» (art. 16). Cosa che sicuramente non avviene.
Occorre considerare, per di più, che Livorno
è uno degli 11 porti nucleari italiani (Augusta, Brindisi, Cagliari,
Castellammare di Stabia, Gaeta, La Maddalena, La Spezia, Livorno, Napoli,
Taranto e Trieste), in cui possono attraccare unità navali di superficie e
sottomarini a propulsione nucleare (per la maggior parte statunitensi, in quanto
la marina italiana non ha unità a propulsione nucleare).
I piani di emergenza militari e civili,
entrambi finora “classificati”, risalgono alla fine degli anni Settanta e
non non risultano aggiornati. Soprattutto la popolazione non ne è informata,
per cui in caso di incidente sarebbe assolutamente impreparata. Manca inoltre
qualsiasi copertura assicurativa per i cittadini nel caso di incidente.
Vi è poi la questione dell’impatto
ambientale della base: se si sa che, tra i siti di cui è prevista la bonifica
in provincia di Pisa, circa la metà si trova all’interno di Camp Darby.
Questa però probabilmente è solo la punta dell’iceberg: occorrerebbe quindi
passare al setaccio la base per accertare quale sia il suo reale impatto
ambientale.
Impatto non solo ambientale ma politico. Quale sia il ruolo delle basi statunitensi in Europa, e quindi anche di quelle in Italia, risulta evidente dal Rapporto presentato il 9 maggio 2005 al Presidente e al Congresso degli Stati uniti dalla Commission on Review of Overseas Military Facility Structure of the United States.
«La rete globale delle basi statunitensi – si afferma nel rapporto – è lo scheletro su cui si modellano la carne e i muscoli della nostra capacità operativa», il cui scopo principale è quello di «perseguire i nostri interessi nel mondo». In tale quadro «la presenza statunitense in Europa resta cruciale».
Le basi Usa in Italia ed Europa costituiscono i Forward Operating Sites (Siti operativi avanzati) che, «mantenuti in caldo con una limitata presenza militare statunitense a carattere rotatorio», sono rapidamente «espandibili» per operazioni militari su larga scala in una vasta area comprendente, oltre all’Europa orientale, il Mediterraneo, il Medio Oriente e l’Africa.
Importante a tal fine è il «preposizionamento» di armamenti ed equipaggiamenti, così che le forze che arrivano dalle basi negli Stati uniti e in altri paesi possano essere immediatamente dotate di tutto il necessario per la guerra. Tra i più importanti siti del preposizionamento statunitense figurano Aviano, Livorno e Sigonella.
Contemporaneamente – sottolinea il rapporto – le basi statunitensi in Italia ed Europa servono a «mantenere l’influenza e la leadership statunitensi nella Nato: nella misura in cui rimangono in Europa significative forze statunitensi, la leadership può essere mantenuta».
E’ dunque un documento ufficiale al massimo livello a dichiarare esplicitamente che la presenza militare statunitense in Europa serve non solo a proiettare forze nelle aree di interesse strategico, ma a mantenere l’Europa sotto la leadership statunitense.
Tutto questo risulta dagli stessi documenti ufficiali statunitensi e da altre documentazioni della massima attendibilità.
La base è dunque un corpo estraneo ed estremamente dannoso in un territorio la cui vocazione deve essere quella economica e turistica: vocazione che viene danneggiata dal fatto che il potenziamento della base comporta una militarizzazione del territorio, soprattutto nei momenti di crisi.
Da qui la necessità dello smantellamento della base e della riconversione a usi esclusivamente civili del territorio che essa occupa. La popolazione di Livorno e Pisa vuole che la sua terra non sia un ponte di guerra, ma un ponte di pace.
(Relazione di Manlio Dinucci all’Incontro-dibattito “Camp Darby: smantellamento o raddoppio? La smilitarizzazione del territorio asse di un nuovo modello di sviluppo”, Livorno, 29 novembre 2005)
MARTEDI' 29.11.05 ORE 21
SALA DELLA PROVINCIA DI LIVORNO, Piazza del Municipio, 4
"CAMP
DARBY: SMANTELLAMENTO O RADDOPPIO? LA SMILITARIZZAZIONE DEL TERRITORIO
ASSE DI UN NUOVO MODELLO DI SVILUPPO"
Richieste consegnate a mano ai rappresentanti istituzionali presenti
all’incontro.
1) Informazioni alla cittadinanza e formulazione di piani d’evacuazione
Sappiamo della volontaria reticenza delle autorità militari statunitensi nel comunicare attività, spostamenti esterni/interni di armi e munizionamento, quantità di armi contenuti nelle base, quindi l’impossibile valutazione formale dei pericoli che questa presenza rappresenta per i territori circostanti .
Non di meno l’incidente dell’agosto 2000, emerso grazie ad un sito statunitense, il “globalsecurity”, evidenzia il grado di rischio che tutto il territorio circostante per un diametro all’interno del quale probabilmente sono da inserire le intere province di Pisa e Livorno
Quali strumenti s’intendono adottare per un possibile monitoraggio ambientale indipendente delle attività della base?
Sulla scorta delle esperienze maturate da situazioni simili, come ad esempio le costanti esercitazioni antiterrorismo (per inciso quattro solo negli ultimi due anni a Pisa e sul litorale) non è possibile costituire un gruppo di lavoro composto da ARPAT, Protezione Civile, Vigili del Fuoco ed altri corpi addetti alla prevenzione di catastrofi naturali, in grado di preparare uno specifico piano di prevenzione ed evacuazione delle popolazioni in caso di incidente grave nella base di Camp Darby?
2) Livorno porto nucleare: far rispettare il decreto legislativo 230 del 1995
Il porto di Livorno come sappiamo è inserito nella lista degli 11 porti italiani che possono ricevere natanti a propulsione nucleare o trasportanti armi nucleari
In base al decreto legislativo 230 del 1995 i cittadini dovrebbero sapere se vivono in un'area a rischio nucleare. Nel decreto si stabilisce che le Prefetture hanno il dovere di informare le popolazioni sulla pericolosità della presenza di natanti a propulsione nucleare, predisponendo nel contempo un piano d’evacuazione in caso d’incidente nucleare all’interno del porto da diffondere capillarmente. Anche in questo caso le Prefetture interessate, compresa quella di Livorno, sono inadempienti.
Attraverso quali strumenti politici ed istituzionali le amministrazioni comunale e provinciale di Livorno hanno intenzione di premere sulla Prefettura perché finalmente realizzi e distribuisca alla popolazione il suddetto piano di evacuazione?
3) blocco d’ogni decisione all’intero del CoMiPar toscano
Sappiamo che nella riunione del 2 luglio 2003 il CoMiPar toscano ha approvato all’unanimità, quindi con il voto favorevole dei 7 rappresentanti della Regione Toscana il dossier di richiesta del governo statunitense recante le sigle USA PN 58497 e PN 58493 che contiene il progetto di potenziamento della base per la costruzione di sette magazzini e varie infrastrutture per complessivi 450mila metri cubi e nove ettari di superfici coperte ed impermeabilizzate con un investimento di oltre 50 milioni di dollari annuali stimanti.
Sappiamo che uno dei motivi che hanno portato in questi giorni ad un’ipotesi concreta di smantellamento delle basi statunitensi in Sardegna, oltre alla pluriennale battaglia dei comitati e dei cittadini sardi, è stato l’atteggiamento assunto dal Presidente della Regione Sardegna Soru, il quale ha indicato ad i tecnici della Regione Sardegna presenti nel CoMiPar di respingere ogni proposta inerente le attività delle basi militari.
Chiediamo che la Regione Toscana assuma lo stesso atteggiamento d’ostruzionismo all’interno del CoMiPa per ogni tipo d’attività inerente la base di Camp Darby.
4) avvio del progetto di “Riconversione preventiva”
E’ di questi giorni la richiesta da parte del sindaco del comune de La Maddalena d’aiuti alla Regione Sardegna per la riconversione delle aree che saranno liberate dalle servitù militari e per garantire la continuità lavorativa delle maestranze impiegate nelle strutture in fase di dismissione.
Proponiamo l’assunzione da parte delle amministrazioni locali dell’obiettivo della “riconversione preventiva” della base USA di camp Darby, cioè di un atteggiamento politico e operativo che pianifichi ed organizzi sin da subito, e cioè prima dell’effettiva partenza delle truppe americane, le condizioni per il ripristino dell’area ad uso esclusivamente civile.
In questo senso proponiamo che le amministrazioni locali si facciano co-promotrici di una proposta alla Regione Toscana per la costituzione di un “Fondo Regionale per la riconversione” dal quale attingere per avviare controlli ambientali indipendenti, promuovere studi per la riqualificazione del territorio liberato, finanziare borse di studio per progetti di riuso dell’area, promuovere corsi di formazione per la riqualificazione degli addetti civili della ex base, organizzare pool di esperti (ingegneri, architetti, economisti, ambientalisti, pacifisti) in grado di maturare proposte concrete di riconversione attuabili sin da subito, quanto altro si riterrà necessario per evidenziare la volontà concreta di allontanare questa base di morte dai nostri territori.
BIBLIOTECA
COMUNALE DI PISA, LUNGARNO G. GALILEI.
IL RUOLO DELLA BASE U.S.A. DI CAMP DARBY
DOPO
LA FINE DELLA GUERRA FREDDA.
TERRITORI,
SOVRANITA' NAZIONALE E POLITICHE DI PACE DI UN GOVERNO ALTERNATIVO AL
CENTRODESTRA
MAURO
BULGARELLI,
estensore
di due proposte di legge su
Ø
Disposizioni in materia di
desecretazione e accesso ai documenti di Stato
Ø
Indizione di un referendum
consultivo sullo smantellamento degli armamenti nucleari sul territorio
nazionale e adesione dell'Italia alla NATO
ALL’INCONTRO CHIAMIAMO I RAPPRESENTANTI DI
TUTTI
I PARTITI POLITICI DELL’UNIONE
L'Italia si avvicina ad una
scadenza elettorale che potrebbe cambiare l'attuale assetto politico ed
istituzionale del paese, aprendo la strada ad un governo di centro sinistra.
Molte le domande, le aspettative, le richieste di cambiamento rispetto
all'attuale gestione politica degli affari interni ed internazionali.
La base U.S.A. di Camp Darby, nata
nell’epoca della “guerra fredda”, invece di essere smantellata mantiene
intatta la sua funzione di base logistica al servizio delle attuali guerre in
Medio Oriente.
Si è parlato addirittura di un suo
potenziamento nell'area di Guasticce, smentito da alcune poco rassicuranti
dichiarazioni dell'Ambasciatore USA in Italia e dei vertici militari.
Parlare di Camp Darby significa
quindi entrare immediatamente nel merito delle politiche interne ed
internazionali del nostro paese.
Vorremmo sapere dagli esponenti
delle forze politiche dell'Unione che politiche assumeranno in difesa della
nostra sovranità locale e nazionale, quali misure prenderanno per ripristinare
il rispetto dell'Art. 11 della Costituzione , che provvedimenti adotteranno per
la salvaguardia delle popolazioni che vivono nelle aree contigue alla base e al
porto di Livorno, divenuto uno degli 11 porti nucleari italiani.
SONO
INVITATE LE POPOLAZIONI, LE FORZE DEL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA,
LE
ORGANIZZAZIONI SINDACALI E SOCIO/CULTURALI
COMITATO
PER LO SMANTELLAMENTO E LA RICONVERSIONE A SCOPI ESCLUSIVAMENTE CIVILI DELLA
BASE USA DI CAMP DARBY
Per
contatti: info@viacampdarby.it
3479626686 340
8550434 3384014989
COMITATO
UNITARIO PER LO
SMANTELLAMENTO E LA
RICONVERSIONE A SCOPI
ESCLUSIVAMENTE CIVILI DELLA
BASE USA DI CAMP DARBY
PISA, 22 dicembre 2005
All'ATTENZIONE DEI PARTITI POLITICI DELL’UNIONE
DELLE
PROVINCIE DI PISA E LIVORNO.
Oggetto:
RICHIESTA DI PARTECIPAZIONE AD INCONTRO PUBBLICO SUL TEMA:
IL RUOLO
DELLA BASE U.S.A. DI CAMP DARBY DOPO LA FINE DELLA GUERRA FREDDA. TERRITORI,
SOVRANITA' NAZIONALE E POLITICHE DI PACE DI UN GOVERNO ALTERNATIVO AL
CENTRODESTRA
Incontro
dibattito con il deputato Mauro Bulgarelli, estensore di due proposte di legge
su desecretazione degli accordi militari e ritiro armi nucleari dalle basi
presenti sul nostro territorio
L'Italia
si sta avvicinando ad una scadenza elettorale che potrebbe cambiare l'attuale
assetto politico ed istituzionale del paese, aprendo la strada ad un governo di
centro sinistra.
Molte
sono le domande, le aspettative e le richieste di cambiamento rispetto
all'attuale gestione politica degli affari interni ed internazionali
portata avanti dal governo Berlusconi.
Il
nostro Comitato, nato il 2 marzo 2005 come impegno di molte realtà politiche,
sindacali, sociali ed associative, si occupa di un tema locale inscindibilmente
legato alle politiche nazionali ed internazionali assunte, sin dal secondo
dopoguerra, dai vari governi succedutisi nel nostro paese.
La
base U.S.A. di Camp Darby, nata come parte integrante di un sistema pensato per
fronteggiare l'antagonista sovietico, invece di essere smantellata mantiene
intatta la sua funzione di base logistica al servizio delle attuali guerre in
Medio Oriente.
Durante
la scorsa estate si è parlato addirittura di un suo potenziamento nell'area di
Guasticce, in provincia di Livorno.
Potenziamento
smentito da alcune dichiarazioni, a nostro modo di vedere poco rassicuranti,
dell'Ambasciatore USA in Italia e dei vertici militari.
Parlare
di Camp Darby significa quindi entrare immediatamente nel merito delle politiche
interne ed internazionali del nostro paese.
Vorremmo
sapere dagli esponenti delle forze politiche dell'Unione che politiche
assumeranno in difesa della nostra sovranità locale e nazionale, quali misure
prenderanno per ripristinare il rispetto dell'Art. 11 della Costituzione , che
provvedimenti adotteranno per la salvaguardia delle popolazioni che vivono nelle
aree contigue alla base e al porto di Livorno, divenuto uno degli 11 porti
nucleari italiani.
Per
affrontare gli scottanti argomenti evidenziati e confrontarci sulle domande che
ne scaturiscono abbiamo pensato di invitare il deputato Mauro Bulgarelli,
estensore di due progetti di legge direttamente legati agli argomenti in oggetto
e risposta al lavoro di tanti comitati che, come il nostro, si battono per
l'allontanamento di basi statunitensi e NATO dai territori italiani.
Le
proposte di legge sono:
Ø
La
n. 6100 Disposizioni in materia di desecretazione e accesso ai documenti di
Stato
Ø
la
n. 5971 per l'indizione di un referendum consultivo sullo smantellamento degli
armamenti nucleari sul territorio nazionale e sull'adesione dell'Italia alla
NATO
LA
PRESENTE È DA CONSIDERARSI COME FORMALE INVITO A PARTECIPARE ALL'INCONTRO CHE
SI SVOLGERÀ
BIBLIOTECA
COMUNALE DI PISA, LUNGARNO G. GALILEI.
In
attesa dell'indicazione di un vostro relatore,
porgiamo
i nostri saluti.
Per
contatti: info@viacampdarby.org
3479626686
340
8550434
3384014989
ALL’INCONTRO
SONO INVITATE LE POPOLAZIONI,
LE
FORZE DEL MOVIMENTO CONTRO LA GUERRA,
LE
ORGANIZZAZIONI SINDACALI E SOCIO/CULTURALI
A
VICENZA IL 17 FEBBRAIO: CONTATTI PER AUTOBUS DA PISA E LIVORNO
Per
la difesa della terra, per un futuro senza basi di guerra
La decisione di ampliare la base militare, presa nella scorsa legislatura dal
governo precedente e confermata dal Presidente del Consiglio, viene imposta
contro la volontà delle popolazioni coinvolte, contraddice l’aspirazione alla
pace, maggioritaria nel popolo italiano, contrasta con il programma
dell’Unione.
Cambiarla e ottenere il pronunciamento vincolante della popolazione, sono gli
obiettivi.
Vicenza è stata scelta,
all'insaputa dei suoi abitanti, per diventare lo snodo principale delle
politiche militari statunitensi. L'aeroporto Dal Molin di Vicenza dovrebbe
diventare, secondo gli strateghi del Pentagono, la base logistica più
importante dell'esercito americano, proiettando la propria potenza di fuoco nel
già martoriato Medioriente. La 173^ Airborne Brigade, attualmente dislocata tra
Vicenza e la Germania, si trasformerebbe in un'Unità d'Azione, pronta in poche
ore a trasferirsi, armi e bagagli, nei vari scenari di guerra.
Ma a
Vicenza si è sollevato un movimento che, dal basso e in maniera del tutto
autonoma, ha organizzato una resistenza potente a questo progetto, aprendo una
contraddizione enorme alla politica "ufficiale", quella dei partiti di
centrodestra e centrosinistra. Se il governo precedente ha lavorato sottobanco
per favorire questo insediamento militare, l'attuale governo ha dimostrato ben
poca voglia di contrastarlo ed anzi, il ministro della difesa Parisi ha
testualmente definito "coerente e compatibile con le politiche militari del
governo" questa nuova base di guerra.
Questo movimento ha posto al centro della sua battaglia due
aspetti fondamentali, tra loro concatenati: la tutela del territorio e dei beni
comuni (lo spazio cittadino come identità collettiva da difendere ,anche e
soprattutto in nome delle generazioni future) ed in maniera altrettanto forte il
no alla guerra e il rifiuto di diventare complici, più o meno consapevoli, di
un meccanismo che produce lutti, tragedie e sofferenze e che rende la nostra
vita quotidiana sempre più incerta e pericolosa. È fondamentale quindi essere
solidali con la lotta del movimento vicentino contro l'allargamento della base
Usa, rilanciando una battaglia più complessiva per la chiusura e la
riconversione ad usi civili di tutte le basi militari Usa e Nato dislocate sul
nostro territorio. Tra queste vi è Camp Darby, il più grande insediamento
americano in Europa, da cui partono convogli militari per le guerre in
Medioriente. Accade così che sulle strade tra Pisa e Livorno avvengono spesso
trasferimenti di materiale bellico, all'insaputa della popolazione e nel
silenzio delle istituzioni.
A VICENZA IL 17
FEBBRAIO: CONTATTI PER AUTOBUS DA PISA E LIVORNO
basta
basi, basta guerra
Per
la difesa della terra, per un futuro senza basi di guerra
Manifestazione
nazionale a Vicenza Sabato 17 Febbraio 2007
Pullman da Pisa a 15 euro a/r
per prenotare 347-1621914 e sede Cobas 050 8312172
Confederazione Cobas
Per la difesa della terra, per un futuro senza basi di guerra
15.12.2007 a Vicenza!
La
decisione di ampliare la base militare viene imposta contro la volontà delle
popolazioni locali, contraddicendo l’aspirazione
alla pace, maggioritaria nel popolo italiano.
Modificare questa decisione ed ottenere comunque il pronunciamento
vincolante della popolazione, sono gli obiettivi che vengono perseguiti.
Il
fatto:
Vicenza
è stata scelta, all'insaputa dei suoi abitanti, per diventare lo snodo
principale delle politiche militari statunitensi e l'aeroporto Dal Molin di
Vicenza dovrebbe diventare, secondo gli strateghi del Pentagono, la base
logistica più importante dell'esercito americano, come “una specie di
portaerei di terra”, con la 173^ Airborne Brigade, attualmente dislocata tra
Vicenza e la Germania, trasformata in un'Unità d'Azione, pronta in poche ore a
trasferirsi, armi e bagagli, nei vari scenari di guerra.
Le
richieste del movimento:
il
movimento, “sorto dal basso” ed in maniera del tutto autonoma, si oppone a
questo progetto, ponendo al centro della proprie richieste due aspetti
fondamentali e tra loro concatenati: la tutela del territorio e dei beni comuni
(lo spazio cittadino come identità collettiva da difendere ,anche e soprattutto
in nome delle generazioni future) ed in maniera altrettanto forte il no alla
guerra e il rifiuto di diventare complici, più o meno consapevoli, di un
meccanismo che produce lutti, tragedie e sofferenze e che rende la nostra vita
quotidiana sempre più incerta e pericolosa.
Il
motivo della nostra adesione e partecipazione:
Se partecipiamo alla marcia della Pace
Perugina/Assisi, siamo evidentemente contrari alle logiche di guerra sul Territorio.
L'allargamento della base Usa a Vicenza, oltretutto, negherebbe tout court la riconversione ad usi civili di tutte le basi militari Usa e Nato dislocate sul nostro territorio, quella di Camp Darby compresa, il più grande insediamento americano in Europa, con buona pace dell’ utilizzo di questi spazi a favore dello sviluppo, culturale e soprattutto economico, del nostro territorio.
Le foto:
Sabra, Mario, Fiorigia, Graziella, Stefania e molti altri, andati a far festa a Vicenza………non necessariamente si deve essere “contrari a muso duro” ……..hanno scattato alcune istantanee che ci sono pervenute e sotto riportiamo.
Ps: questa relazione esce dal gruppo Gruppo territorio e ambiente, inteso per affrontare tematiche di interesse pubblico, tipo lo smaltimento rifiuti, l’arredo urbano, il piano del traffico, la ripubblicizzazione dell’acqua, come anche per aderire ai comitati, tipo questo del no Dal Molin o quello no gas offshore. Chi fosse interessato, può scriverci ad agireverde@tin.it , come anche se volesse partecipare agli incontri periodici dell’Associazione.
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