MINIERA DI MAGNESITE CASTIGLIONCELLO E MONTE PELATO (per chi vorrà proseguire nel pomeriggio, info dal referente)
REPORT DI ESCURSIONE 15/01/2023
REFERENTE LAURA MALEVOLTI
GUIDA - DOTT. ROBERTO BRANCHETTI , PRESIDENTE GRUPPO ARCHEOLOGICO PALEONTOLOGICO LIVORNESE
CONTATTO REFERENTE 3389083212
PRENOTAZIONE : ENTRO VENERDI’ 13 GENNAIO
RITROVO: ANTIGNANO MIRAMARE ORE 8,30 CON PARTENZA IN AUTO NON OLTRE le h.8.40
AVVICINAMENTO tramite AURELIA in DIREZIONE CASTIGLIONCELLO E USCITA CASTIGLIONCELLO, SUBITO SVOLTA A SX FERMATA SVINCOLO VERSO LIVORNO
IPOTESI PARCHEGGIO: PARCHEGGIO INIZIO STRADA STERRATA
PERCORSO TREKKING : QUASI TUTTO IN PIANO SALVO PARTENZA IN LIEVE SALITA E CON QUALCHE DIFFICOLTA’ IN LOCALITA’ BOTRO ARANCIO DOVE IL SENTIERO SI INTERROMPE PER FRANA. DIVERSO IL DISCORSO PER LA SALITA AL MONTE PELATO dove evidentemente non saremo più in piano ma per i dettagli di questa parte del percorso, sentire il referente.
TOTALE CON SOSTE E INTERVENTI GUIDA 4 HH (informarsi c/o referente, se si vuole proseguire per salire al monte Pelato)
CALZATURE CONSIGLIATE :
SCARPE E BASTONCINI DA TREKKING CON PROBABILE ATTRAVERSAMENTO GUADO .
INDUMENTI : TECNICO DA TREKKING .
AVVERTENZA : DOTARSI DI ACQUA E CIBO PER PRANZO AL SACCO
STIMA TEMPI - 4 HH ANDATA/RITORNO ESCLUSO SOSTE .
N.B: IL PERCORSO GUIDATO SI CONCLUDERA’ ALLE 13 CIRCA.
IL NOSTRO ITINERARIO PERO' PROSEGUIRA’ PER IL MONTE PELATO (info dal referente)
Nota: CONTATTO REFERENTE x info - 3389083212 e/o agire.verde@yahoo.com
DESCRITTIVO INIZIATIVA -
La miniera di magnesite di Castiglioncello
Negli anni precedenti la Grande Guerra la stragrande parte della magnesite utilizzata in Italia proveniva dalle miniere austriache e questa veniva impiegata per la produzione di mattoni refrattari, utilizzati negli altoforni per la produzione di acciaio.
Con lo scoppio della guerra crebbe a dismisura la necessità di acciaio per la produzione di armi ed al contempo vennero meno le importazioni dall’Austria, divenuta nemica dell’Italia, così in Italia iniziò una ricerca febbrile di nuovi giacimenti di magnesite, molti dei quali furono trovati in Toscana e tra questi, molto importante, fu quello di Castiglioncello, per il quale già molti anni prima i geologi dell’Università di Pisa avevano segnalato la presenza di filoni di magnesite nei suoi dintorni.
La miniera di magnesite di Castiglioncello ebbe vita breve ma la sua importanza fu notevole sia per l’economia locale sia per quella nazionale.
I lavori iniziarono nel 1914 e dopo anni di intensa produzione proseguirono con alterne vicende fino al 1930, dopo di che la produzione subì un netto calo. Negli anni migliori impiegò diverse centinaia di persone ed il minerale coprì quasi per intero il fabbisogno nazionale e fu anche destinato all’esportazione.
Il minerale estratto con scavi a giorno ed in galleria veniva trasportato con 2 teleferiche fino allo stabilimento alle Forbici – dove si producevano i mattoni refrattari - ed alla ferrovia litoranea.
Ancora oggi, nonostante il tempo trascorso e la vegetazione che si è ampiamente reinsediata, sono ben visibili sul terreno le tracce e le testimonianze delle passate attività: i ruderi degli edifici minerari, le tracce degli scavi a giorno, il pozzo verticale e le gallerie ancora ben visitabili.
Con l’escursione, verrà data ampia descrizione degli aspetti geologici e geominerari, si traccerà la storia della miniera e si visiterà la galleria potendo così rivivere in un ambiente unico e suggestivo le emozioni dei tempi andati.
Note tratte da: https://www.parcoculturaledicamaiano.toscana.it/miniera-castiglionello.html
Riferimenti da: http://www.lungomarecastiglioncello.it/Castiglioncello/Magnesite/~Magnesite.htm
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MOLINO DI PAPO – SAN JACOPO DI LUPETA
ITINERARIO AD ANELLO, DA VICOPISANO - escursione del 29.01
REFERENTE : LAURA MALEVOLTI
CONTATTO REFERENTE : 3389083212
Nota bene - prenotazione entro venerdi 27 gennaio
LINK di riferimento :
https://selfguided-toscana.it/track/tra-molini-e-pievi/
Breve descrittivo, tratto dal link -
Un anello di media lunghezza con partenza da piazza Cavalca di Vicopisano, per salire verso le pendici del Monte Pisano seguendo il Rio Grande e attraversando poi la zona dei Mulini. In seguito si raggiungerà il Campo dei Lupi, portandoci verso la zona Le Mandrie, con visuali che si aprono verso il paese sottostante. Adesso, dopo una sosta per visitare la Chiesa di San Jacopo in Lupeta, si comincerà la discesa finale verso il Frantoio di Vicopisano ( Molino di Papo) da dove, chiudendo quindi l' anello, termineremo l’escursione.
RITROVO: PARCHEGGIO IPERCOOP LIVORNO ORE 8.30
PARTENZA IN AUTO : NON OLTRE 8.40
AVVICINAMENTO : S.S. G.C. VARIANTE AURELIA DIREZIONE FIRENZE
USCITA LAVORIA CON DIREZIONE FORNACETTE SU S.S. 67 ARNACCIO, DIREZIONE VICOPISANO
PARCHEGGIO : PARCHEGGIO CIMITERO VICOPISANO
PERCORSO TREKKING CON ANDAMENTO ALTIMETRICO VARIABILE EDISLIVELLO 450 m. (TRATTO CON PENDENZA IMPEGNATIVA DI CIRCA 40/50 MINUTI)
LUNGHEZZA COMPLESSIVA PERCORSO TREKKING - 12 KM. H.5 CON SOSTE
12 FEBBRAIO 2023 AZIENDA BIOLOGICA FLORIDDIA A PECCIOLI, CON VISITA GUIDATA - incontro didattico sulla filiera del grano
Nella campagna dell’Alta Valdera, a Fabbriche di Peccioli, visiteremo un’azienda agricola bio, con filiera diretta campo di grano/mulino a pietra/pastificio/forno e l’utilizzo esclusivo di grani antichi. Sapientemente guidati in un percorso didattico particolare, ci porteremo al mulino e quindi al pastificio, per ricevere spiegazioni dettagliate su come si arrivi dalla coltivazione bio dei grani alla loro molitura a pietra e infine alla produzione di pane e pasta, lavorati con processi artigianali e lunghe lievitazioni, sempre garanzia di qualità e gusto. CON GUIDA – dettaglio: https://www.aziendabiofloriddia.com/ -- Referente e info: Leo Panicucci 3400033113
dettaglio:
programma dettagliato:
ITINERARIO AD ANELLO DA MONTEFORTI E VISITA AZIENDA BIOLOGICA FLORIDDIA
PRENOTAZIONE : ENTRO VENERDI’ 10 FEBBRAIO
AZIENDA FLORIDDIA VIA DELLA BONIFICA 171 PECCIOLI
Link -
https://ilmulinoapietra.com/
https://www.aziendabiofloriddia.com/
RITROVO
PARCHEGGIO IPERCOOP LIVORNO ORE 9,00.
PARTENZA IN AUTO NON OLTRE 9.10
AVVICINAMENTO S.S. G.C. VARIANTE
AURELIA DIREZIONE FIRENZE
USCITA PONTEDERA DIREZIONE MONTEFOSCOLI SU S.P. 11, S.P 64 MONTEFOSCOLI
PARCHEGGIO A MONTEFOSCOLI IN VIA DEI FOSSI
PERCORSO TREKKING :
ANDAMENTO ALTIMETRICO VARIABILE; DISLIVELLO 150 m.. LUNGHEZZA CIRCA 9 KM.
STIMA TEMPI - DURATA COMPLESSIVA CON PRANZO AL SACCO 4 H
NOTA BENE - DOPO IL PRANZO AL SACCO IN 14 KM SI RAGGIUNGERA’
L’ AZIENDA FLORIDDIA ALLE ORE 15; CHI LO DESIDERA, AVVERTENDO POTRA’ PARTECIPARE SOLO ALLA VISITA.
Per ogni info in merito all'escursione odierna e per la visita alla salina, contattare personalmente il referente poiché la visita alle saline va prenotata con largo anticipo: Leo Panicucci 3400033113 -
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NOTA - Cliccando qui, troverete il report sintetico dell'iniziativa.
1) lungo la vecchia ferrovia a cremagliera, tra Saline e Volterra ( ipotesi di percorso, vedere qui sotto, al n°1)
2) 2) le saline di Volterra (cliccare per andare al link) -
L’ 1) escursione di oggi ci vedrà attorniati dalla splendida cornice delle colline metallifere, sul tracciato della vecchia ferrovia a cremagliera che si arrampicava fino alla pittoresca cittadina etrusca e medievale di Volterra, con partenza da Saline. Lungo il percorso incontreremo alcuni caselli e varie case coloniche, immersi in un panorama straordinario, su cui spiccano le mulattiere dell’antica viabilità poderale. Dopo la sosta pranzo, sarà poi fattibile un prolunghiamo della nostra camminata in un trekking urbano sulle tracce delle civiltà storiche che si sono avvicendate nel territorio, raggiungendo il centro della città di Volterra e la bellissima piazza dei Priori. Il ritorno a Saline lo faremo nel pomeriggio, ripercorrendo a ritroso il tragitto dell’andata. Nota: è possibile una variante per il ritorno, in base anche al tempo necessario per dare almeno un’occhiata a Volterra, quando invece non si decida di saltare la visita al borgo in favore di quella alla salina. Obbligatorio quindi, viste le molte varianti possibili, informarsi c/o il referente a proposito di orari e i tempi, abbastanza stretti. Ricordiamo anche che la visita alla salina va prenotata.
Dal sito: http://carrozzadergambini.it/volter/c-era-una-volta-un-trenino.html
Descrizione |
Un lungo tragitto che nella prima parte ripercorre lo storico tracciato della vecchia ferrovia a cremagliera, che per quasi 60 anni, dall’inizio del 1900 ha collegato col famoso ‘trenino’, Saline alla città etrusca di Volterra. Un’escursione priva di qualsiasi difficoltà che si snoda sui dolci pendii delle colline di creta che col variare delle stagioni si colorano di mille sfumature che caratterizzano da sempre il paesaggio volterrano. Abbiamo scelto di provare il percorso in piena primavera, quando ad allietare il nostro cammino, sarà la costante presenza delle fioriture di molteplici specie, su tutte le acacie e le ginestre che renderanno l’intero tragitto piacevolmente profumato. Per comodità abbiamo pensato di non compiere un anello completo, rinunciando ad un ultimo tratto altrimenti percorribile su asfalto. Lasceremo perciò un’auto in località Scornello, poco meno di 1 km dopo l’abitato di Saline, in direzione Pomarance, mentre con un’altra auto ci dirigeremo al posteggio all’inizio del paese, proprio a ridosso della ferrovia. Ci incamminiamo lungo la vecchia massicciata ferroviaria dove per circa 400 metri è ancora presente il binario e costeggeremo una serie di pollai, piccoli orti, capanni e baracche, da cui l’assordante abbaiare dei cani, ci accompagnerà per qualche centinaio di metri. Il cammino quasi totalmente pianeggiante fino ad ora, continua sul vecchio tracciato ferroviario, che ha mantenuto sia la dimensione che il pietrisco originale. Pian piano la strada inizia a salire dolcemente, costantemente accompagnati dalle fioriture delle acacie che con il loro profumato richiamo attirano le api delle numerose arnie, che qualche apicoltore ha posizionato negli spazi adiacenti alla ferrovia. Continuando a salire, si delinea davanti a noi l’inconfondibile possente struttura del Mastio di Volterra, mentre se ci voltiamo indietro, potremmo spaziare con lo sguardo su tutta la vallata del Cecina e le sue morbide colline. Dopo aver camminato per circa km 1,700, sulla nostra sx, seminascosti dalla vegetazione noteremo i ruderi di un primo casello ferroviario, che conserva appena la struttura perimetrale. Poco dopo 1 km e mezzo, dal primo, in prossimità di un crocevia, incontreremo un secondo casello, sempre invaso da rovi, acacie e timide rose antiche, che una volta abbellivano le aiole adiacenti la costruzione. Da qui aveva inizio la tratta ancorata con la cremagliera. Prima di proseguire ci fermeremo per le immancabili foto e per raccogliere qualche mazzolino di camomilla, rigogliosa lungo l’argine dei vicini campi; poi continueremo per altri 2 km, prima di incontrare il terzo casello, senza cambiare mai direzione. La salita diventerà pian piano più costante e più ripida e noteremo che in mezzo alla ghiaia della vecchia massicciata, compaiono ogni tanto, alcuni monconi ferrosi che ancoravano la cremagliera. Passando da un viottolo, aggireremo l’arco di un piccolo ponte che sosteneva la strada ferrata, ma che alcuni vistosi cartelli, ora ne vietano l’attraversamento perché pericolante. Riguadagneremo di nuovo il vecchio tracciato ghiaioso, sempre sovrastati dalla mole del Mastio di Volterra, incorniciato dal verde dei campi e saliamo ancora ignorando i piccoli incroci. Ci manterremo sempre sul tracciato, che lambisce ora piccoli orticelli e oliveti e oltrepasseremo una grande casa colonica sulla nostra sx. Salendo ancora incroceremo una strada rurale, attraverseremo un ponte a tre arcate, fino a intravedere la sagoma della vecchia stazione. Abbandoniamo qui il percorso della ferrovia, perché sommerso dalla vegetazione, per seguire un breve e tortuoso viottolo che in pochi metri ci condurrà alle prime case della periferia di San Lazzero. Da qui proseguiremo lungo la via asfaltata, portandoci prima verso sx, poi verso dx in ripida salita, che con ancora poche centinaia di metri ci condurrà alla strada regionale per Colle Val d’Elsa. Volteremo a dx in prossimità di una scuola e benché costretti a percorrere un breve tratto della trafficata regionale, avremmo modo di ammirare il vasto panorama che si apre di fronte a noi, lasciando alle nostre spalle l’arco dei grandi ponti di regresso che conduceva il trenino al punto estremo della tratta. Raggiunto l’imbocco della strada dello Zambra o di Scornello, inizierà la seconda parte del nostro percorso, che scendendo verso Saline, si snoderà attraverso una piacevole campagna tra calanchi, biancane e verdissime colline tondeggianti. Camminando ora comodamente lungo la piccola strada asfaltata che costeggia poderi e casali ristrutturati, passeremo a margine di numerose olivete, dove le fioriture primaverili colorano e contrastano il verde diffuso in tutta vallata. Di fronte a noi la magnifica vista spazia fino ai fumi della Valle del Diavolo, mentre voltandoci indietro non ci stancheremo di osservare la severa sagoma di Volterra e più in basso quello che rimane dei ponti e delle strutture ferroviarie. Camminando per circa km 3,200 dall’inizio della discesa, devieremo leggermente il nostro cammino a sx per curiosare tra i resti della grande colonia agricola (Tanzi) dell’ospedale psichiatrico volterrano. L’intera zona che stiamo attraversando, fino agli anni 1970 era infatti di esclusivo utilizzo del manicomio. L’innovativa ‘ergoterapia’, che lo psichiatra Luigi Scabia sperimentava coi ricoverati, prevedeva che questi venissero curati anche con un costante impegno lavorativo, a seconda della gravità della patologia. All’interno dell’ospedale vi erano laboratori di ogni genere e nella zona che da San Lazzero, costeggia l’antica villa di Scornello, era sorta una vera e propria azienda agricola, comprendente i fabbricati della Tignamica, il Caggio, con nuove costruzioni e tanti poderi già esistenti adattati per ospitare gli ammalati i medici e tutto il personale necessario. Nella grande azienda oltre alla produzione agro-alimentare, i ricoverati si dedicavano all’allevamento di ogni tipo di bestiame, da stalla e da cortile. La grande struttura a cui ci stiamo avvicinando è conosciuta popolarmente con il nome di ‘Tignamica’ e anche se in condizioni di fatiscente abbandono, conserva un inquietante e misterioso fascino. Data la precarietà degli edifici è sconsigliabilissimo addentrarci, ma sbirciando attraverso le aperture delle porte e delle finestre rotte, ci sembrerà di sentire voci provenire dai disegni che colorano le pareti e il fruscio del vento che smuove la polvere sulle suppellettili abbandonate. Scattate le immancabili foto, riprendiamo di nuovo il nostro percorso tornando sui nostri passi o tagliando liberamente per il campo sottostante. Da qui la strada non è più asfaltata, ma si presenta inghiaiata e un po’ sconnessa a causa dei recenti lavori del nuovo acquedotto. Oltrepassati i ruderi di ‘Casa Gattera’ inizieremo a salire lungo i tornanti che portano verso la villa di Scornello, importante residenza secentesca degli Inghirami, nobile famiglia volterrana. Con una deviazione di circa 6/700 metri dedicheremo una breve visita alla villa per apprezzarne il fascino un po’ decadente delle sue strutture esterne. (43°21’28,6’’N 10°51’07,4’’E) Nel ‘Dizionario Geografico, Fisico, Storico della Toscana’, Emanuele Repetti descrive la villa adagiata su un piccolo promontorio di un poggio cretoso, cosparso di filoni di gesso, sotto i quali scorre l’acqua salata delle Moje vecchie di San Giovanni. La villa, su una carta del 1700 appare sovrastata da una torre a tre piani con tetto a capanna e attorno si era costituito in senso longitudinale, un borgo denominato ‘Citernino’. Dal 1777 al 1794 la proprietà comprendeva 9 poderi, passati a 30 negli anni intorno al 1940. Ancora oggi, la villa di Scornello, in parte attrezzata come agriturismo, appartiene agli eredi della famiglia Inghirami. Torniamo di nuovo sulla nostra strada che si snoda sotto due file di grandi cipressi, per percorrere il tratto finale che ci riporterà all’auto. Qui il fondo stradale è costituito da un selciato abbastanza ampio, ancora in buono stato di conservazione e questo ci fa notare in maniera evidente, la tecnica, ma soprattutto la cura e la meticolosità, che veniva riservata una volta alla costruzione delle strade, anche se di campagna. Rimangono ora circa km 3 alla fine del nostro giro che continueremo a percorrere sulla medesima strada, accompagnati nell’ultimo tratto da evidenti tracce dell’attività industriale del sale, come resti di pozzetti e di tubazioni. Giunti in prossimità di un vecchio podere, vicino al quale abbiamo parcheggiato l’auto, possiamo scorgere in direzione di Saline la zona delle ‘Moje Vecchie’ che biancheggiano nel paesaggio fin dal tempo degli Etruschi. Non ci resta che riprendere l’auto e raggiungere l’abitato di Saline da cui ha avuto inizio questa nostra escursione. Più che una lunga passeggiata, è stato come ripercorrere un viaggio attraverso i particolari di una storia recente un po’ dimenticata, che dall’inizio del 1900 per circa 70 anni, ha caratterizzato la vita e l’economia di una grande zona, geograficamente periferica e di un’intera città: Volterra, conosciuta per la sua storia fatta dagli Etruschi e dai Vescovi, ma anche dal suo alabastro, dal suo manicomio e dal suo sbuffante trenino. |
Video:
https://www.youtube.com/watch?v=KRwhtMZy9n8https://www.youtube.com/watch?v=KRwhtMZy9n8
– riferimenti presi dal sito: https://www.viaggi-vacanze.org/viaggi-in-italia/saline-di-volterra-scopri-come-visitarle/
cenni storici
Le Saline di Volterra erano già presenti durante l’epoca etrusca, ma i primi documenti storici che parlano dello sfruttamento delle saline risalgono al 981 d.C.
In quell’anno l’imperatore Ottone II interpellò alcuni lavoratori di sale del sito toscano per imparare l’antica tecnica di estrazione delle moie (sorgenti di acqua salata).
A partire dal 1203, il Comune di Volterra confiscò i pozzi e le sorgenti di acqua salata al Vescovo e ne divenne proprietario. Nei secoli, le Saline di Volterra furono oggetto di contesa, vista la continua e crescente produzione di sale.
Alla fine, però, rimasero sempre di proprietà del Comune, grazie anche all’incapacità dei diversi proprietari di lavorare questa preziosa risorsa.
Durante il Granducato di Toscana venne costruito il primo impianto industriale per la produzione di sale, uno stabilimento che è attivo ancora oggi e che è stato trasformato dall’ingegnoso architetto Nervi, per realizzare l’originale e suggestiva cascata di sale.
A partire dal 1990, le Saline di Volterra sono di proprietà della famiglia Locatelli che ha costruito un polo museale per far conoscere il sale di Volterra e le sue straordinarie proprietà.
Le Saline di Volterra sono un luogo affascinante e suggestivo, immerso nella campagna toscana, dove si può visitare il sito per l’estrazione del sale e ammirare i diversi processi produttivi per creare la sostanza salina pura al 99,9%.
Il tour delle saline di Volterra inizia nell’enorme stabilimento del sale e continua nel padiglione costruito dall’architetto Nervi, dove si può ammirare la grandiosa cascata di sale.
La “cascata dell’Angelo” è un’opera in continuo mutamento davvero spettacolare: dal tetto del padiglione il sale cade in basso per formare una vera e propria cascata. All’interno del padiglione, sono presenti anche delle installazioni di arte contemporanea, che rendono l’ambiente ancora più interessante.
Durante l’anno si può assistere alla rievocazione storica dell’antica pesa del sale, organizzata ai piedi della cascata dell’Angelo.
La visita alle Saline continua al Museo del Sale, dove sono presenti diverse opere artistiche realizzate con il sale di Volterra, inoltre è possibile vedere diversi video che raccontano la storia dello stabilimento.
I prodotti realizzati alle Saline di Volterra
Sempre all’interno del Museo, si possono osservare da vicino i tantissimi prodotti realizzati dall’azienda Locatelli con il sale come i cosmetici per la cura del viso e del corpo, la birra al sale e diversi altri articoli. Tutti i prodotti visti all’interno del Museo possono essere acquistati presso l’Emporio del Sale, realizzato in uno spazio moderno e innovativo.
Nota:
Per visitare le Saline di
Volterra è opportuno
prenotare, soprattutto
se si tratta di necessario
quindi contattare il ns/referente
La visita guidata alle Saline di Volterra dura circa sessanta minuti.
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Domenica 26/02/2023
REPORT DI ESCURSIONE
REFERENTE - LEO PANICUCCI 340 0033113
PRENOTAZIONE : ENTRO GIOVEDI’ 9 MARZO
RITROVO – Dopo prenotazione telefonica
ANTIGNANO METAMARE LIVORNO ORE 8,20 - PARTENZA IN AUTO NON OLTRE h.8.30
AVVICINAMENTO per S.S. N.1 AURELIA DIREZIONE GROSSETO e USCITA SAN PIETRO IN PALAZZI CECINA NORD - DIREZIONE VOLTERRA SU S.S. 68
PARCHEGGIO: VIA MASSETANA A SALINE DI VOLTERRA
PERCORSO TREKKING : ANDAMENTO ALTIMETRICO COSTANTE IN PROGRESSIVO AUMENTO ;
DISLIVELLO 440 m LUNGHEZZA 7.5 KM - TOTALE H.4 PER TREK E SOSTA PRANZO
AVVERTENZE : L ‘ EVENTO COMPRENDE L’INGRESSO CON VISITA GUIDATA ALLE SALINE ORE 16
Nota: TEMPI IMPOSTI DA ORARIO PULLMAN RIENTRO DA VOLTERRA A SALINE SOLO ORE 14.
PRENOTAZIONE OBBLIGATA ENTRO GIOVEDI’ PER FISSARE UNA O PIU’ GUIDE SE IL GRUPPO SARA’ SUPERIORE A 20 PERSONE.
COSTO VISITA 5 €. COSTO CORRIERA 3 €.
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LE CAVE DI FANTISCRITTI E IL BORGO DI COLONNATA
Per ogni info in merito all'escursione odierna e per la visita alla cava, contattare personalmente il referente Massimo degli Innocenti 370 3781803
Le cave dei Fantiscritti, o a' Fantiscritti sono delle cave di marmo bianco situate nel comune di Carrara.
Il nome delle cave è dovuto ad un bassorilievo di epoca romana (III d.C.), scolpito su una parete di roccia e raffigurante tre divinità ("fanti") con sotto di esse una dedica in latino ("scritti"). Tale rilievo si trova del 1863 nel cortile dell'Accademia di belle arti e oggi ne esiste una replica in sito. Da diversi anni, a causa dell'elevato impatto paesaggistico ed ambientale in un territorio ricco di biodiversità e geodiversità come quello delle Alpi Apuane, la filiera del marmo è oggetto di un'aspra battaglia ambientalista per la chiusura delle cave
Creata con lo scopo di riproporre alla memoria la vita dei cavatori e del lavoro in cava in epoca antica, la Cava Museo Danesi non è una cava estrattiva, ma la testimonianza del lavoro alle cave e della condizione sociale degli operai che vi lavoravano. La ricostruzione di un capanno, la stesa del filo elicoidale, i buoi in marmo a grandezza naturale, gli attrezzi dei cavatori sono alcuni dei pezzi della collezione. Nella Cava Museo Danesi è riprodotta la casa dei cavatori, un’ umile dimora dove vivevano famiglie numerose ed il cui unico “tesoro” erano gli “scarponi chiodati” senza i quali il padre non poteva recarsi al lavoro.
La Cava Museo Danesi si trova nel piazzale di Fantiscritti, in una splendida posizione panoramica.
Dettagli sul territorio:
1) https://www.aptmassacarrara.it/cava-museo-fantiscritti/
2) https://laurasimonetti.com/cave-marmo-fantiscritti/
Colonnata -
Colonnata si trova nella cornice naturale delle Alpi Apuane, tra i monti Maggiore, Spallone e Sagro, a 8 km ad est di Carrara. È raggiungibile dalla antica strada che passa per i borghi di Vezzala e di Bedizzano. È collocata all'interno del comprensorio delle cave e in particolare nella zona conosciuta come "Gioia Calagio": qui si trova il bacino di Gioia, una delle cave maggiori, sfruttata con un'estesa lavorazione a gradini, che produce marmo venato, arabescato e bardiglio. La cava venne sfruttata anche in epoca antica, come provano i ritrovamenti di monete ed epigrafi incise direttamente sulla roccia; proviene inoltre da questa zona un bassorilievo con il dio Silvano.
Circa un km a valle, nella località di "Fossacava" si trova inoltre la maggiore cava del comprensorio di epoca romana, sviluppata ad anfiteatro per una lunghezza di circa 200 m: da qui si estraeva la varietà del bardiglio nuvolato (citata anche da Strabone come "azzurro variegato"). Da qui provengono antichi attrezzi da scavo e una piccola scultura riconosciuta come una Artemide con una fiaccola, conservata al Museo Archeologico di Firenze. Conservata al Museo Civico del Marmo di Carrara, su concessione del Museo Archeologico di Firenze.
Colonnata è situata all'interno del Parco naturale regionale delle Alpi Apuane.
Le origini di Colonnata risalgono all'insediamento, qui sorto intorno al 40 a.C., per l'alloggio degli schiavi destinati allo sfruttamento intensivo delle cave per l'impiego a Roma del marmo locale (detto marmo lunense dalla vicina colonia di Luni, fondata nel 177 a.C. dopo la sconfitta dei Liguri), in sostituzione dei più costosi marmi bianchi greci (pario e pentelico).
Il nome dell'insediamento si riteneva derivare dal vocabolo latino columna, indicando il luogo in cui venivano estratte le colonne di marmo da inviare a Roma, ma l'origine del toponimo potrebbe essere ricollegata ai termini latini collis ("colle") o columen ("sommità").
Le cave potrebbero essere state utilizzate anche dai Liguri Apuani, i quali furono forse impiegati anche in seguito come esperti del lavoro di estrazione: tracce di attività estrattiva risalente al VI secolo a.C. sono infatti state rinvenute in località Fantiscritti e precisamente presso la "Fossa Carbonera".
Da una lapide rinvenuta nel 1810 e che riporta i nomi dei consoli degli anni 16-22 d.C., sembra che l'insediamento fosse retto da decurioni e da un magister, tutti di origine servile, che dovevano sovraintendere ai lavori.
Ulteriori notizie risalgono solo al XIII secolo, mentre la chiesa del borgo sembra risalire al XII secolo. È possibile tuttavia che Colonnata sia stata nell'alto medioevo una roccaforte difensiva per i popoli che si sono succeduti in queste zone (Bizantini, Goti e Longobardi). Nel XVI secolo le notizie riportano l'esistenza di 53 famiglie.
Il borgo ha continuato a vivere, fino ad oggi, soprattutto dell'attività estrattiva. Vi venne introdotto, forse dai Longobardi, l'allevamento dei suini, favorito dalla ricca presenza di castagni e col tempo si sviluppò in particolare l'attività di trasformazione delle carni acquistate appena macellate, utilizzate come companatico dai cavatori, dando così inizio alla tradizionale produzione del celebre lardo.
Il 24 agosto 1944, durante la seconda guerra mondiale, l'abitato fu bruciato dai nazifascisti.
Il paese ha mantenuto in parte le proprie caratteristiche storiche originali che erano principalmente improntate all'uso nelle opere murali del marmo lasciato a vista, nei portali, negli stipiti di porte e finestre ed in altri componenti edilizi. Tra gli altri elementi di arredo presenti nel paese si possono ammirare: la porta Nord di accesso al borgo, appartenuta alla cinta muraria medioevale oramai scomparsa; l'aia pavimentata in marmo che si trova nella punta più a Sud dell'abitato, dove un percorso pedonale costruito con informi marmorei ad incastro situato poco sotto, la Piazza Palestro, porta alla moderna scultura dedicata al Cristo dei cavatori; il campanile con sassi a vista e orologio; la chiesa parrocchiale del XVI secolo dedicata a San Bartolomeo: all'interno nel suo arredo marmoreo spiccano l'altare maggiore in marmo bianco, gli altari laterali in marmi policromi e il rilievo marmoreo raffigurante l'Assunzione in cielo di Maria tra i Santi; conserva anche nel coro i frammenti di un'ancona d'altare con i santi Andrea, Bartolomeo e Pietro e un bel crocifisso in marmo del Seicento attribuito ad un allievo di Michelangelo Buonarroti.
Ipotesi di trekking, rimanendo tempo utile dopo la visita alla zona delle cave e partendo dal borgo di Colonnata, ovviamente a salire: Anello di Colonnata
Come raggiungere Colonnata: in
auto, sulla autostrada A12
Genova-Rosignano uscire a
Carrara, da qui seguire le
indicazioni per Colonnata,
distante circa 7 km.
In autobus, utilizzare la
compagnia locale CAT.
In treno, sulla linea
Genova-Livorno stazione di
Carrara.
Trekking: Si parte dal centro di Colonnata, Piazza Palestro.
Partiamo proprio dal centro del paese, in piazza Palestro, e seguiamo le scalette che in salita si infilano tra le abitazioni. Pochi metri e troviamo una fontanella dove seguiamo le indicazioni per Cima d'Uomo. Giungiamo così sopra il borgo e teniamo la sinistra paralleli ad un parapetto in ferro. Ci attende una parte abbastanza faticosa, prima sulle rocce e dopo in mezzo ai pini. Effettuata la salita approdiamo su di un comodo sentiero che seguiamo verso destra, quanto basta per trovare la deviazione sulla sinistra che riparte in salita. La fatica è ricompensata dalla vista che abbiamo sul gruppo del Maggiore appena ci affacciamo di fronte alla sua impressionante parete a strapiombo. Proseguiamo ma non più ripidamente come prima. Dobbiamo affrontare il promontorio che ci sovrasta, ma lo facciamo tagliandolo in diagonale in modo tale da ridurre in parte la fatica. Una volta che ci siamo portati sull'altro versante della parete, quello meridionale, saliamo verso la vetta, lungo la costa che da questa scende, per raggiungerla in venti minuti. È possibile adesso vedere la Cima d'Uomo che ci attende e possiamo guadagnarne la sommità in un quarto d'ora. Pur essendo un rilievo modesto -968 m- rispetto alle alture circostanti è un ottima postazione da cui osservare le impervie creste Apuane. Verso sud est è facile riconoscere la particolare sagoma della Tambura e a seguire tutte le altre vette affacciate sul versante marino. Lo sguardo verso nord indugia invece sul grande bacino marmifero che abbraccia Colonnata. Dalla Cima d'Uomo, posto ideale per effettuare una sosta, ripartiamo puntando il monte maggiore. Affrontiamo un tratto in leggera discesa per poi risalire su di una seconda piccola vetta. Da questa si scende per andare diretti sotto la parete del monte. Alla base, in direzione di destra, parte un sentiero che entra dentro la piccola vallata e la costeggia fino a condurci leggermente più in basso, al limitare del bosco. Incontriamo una fonte e da qui ci addentriamo all'ombra degli alberi. Stiamo raggiungendo il borgo di Vergheto, un paese popolato dai cavatori ed ora pressoché abbandonato. Ad anticiparlo vengono incontro alcune case diroccate; passiamo di fianco ad una di queste per arrivare al sentiero n.38, che proviene dal fondo della vallata, e lo seguiamo fino ad attraversare Vergheto. Uscendo dal borgo il percorso si biforca; bisogna andare a destra. (Tenendo la sinistra si andrebbe dritti fino al termine del sentiero, su un bel pianoro a strapiombo con a destra la vista su Colonnata.) Iniziamo una discesa in mezzo ai castagni, prima andando in leggera pendenza, poi aumentando con una serie di curve che a serpentina conducono in breve ad un tratto con alcuni scalini in pietra e successivamente ci colleghiamo ad un altro sentiero che prendiamo sempre in discesa. Siamo così arrivati ad un piccolo ponte che oltrepassiamo e, seguendo le indicazioni su un casottino in muratura, ci avviciniamo al centro di Colonnata, che troviamo dopo aver attraversato un nucleo di case.
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Domenica 02 aprile -
Escursione al sito
archeominerario nella di
Calcaferro (Le Mulina, Stazzema
– LU) fra sorgenti, mulini,
ingranaggi
e natura incontaminata.
foto -
Calcaferro 1-monte Cavallo 2-
pieve san Martino alla Cappella
3 -
ITINERARIO
Escursione ad anello lungo i
sentieri del sito
archeominerario di Calcaferro,
nel Comune di Stazzema (LU),
appendice del SAV – Sentiero
dell’Alta Versilia sulle Alpi
Apuane.
Partendo da località “Mulina”
attraversando una galleria ci
ritroveremo come per magia in
uno scenario da fiaba, fra
torrenti, cascate, natura
incontaminata.
Proseguendo il cammino in un
sentiero molto avventuroso
scopriremo davanti a noi “le
meraviglie”: ruderi di vecchi
polverifici, mulini, tratti di
binari e macchinari ormai
dismessi. Giungeremo fino in
cima alle sorgenti delle
Molinette per poi riscendere
lungo un sentiero alla scoperta
di bellissime e suggestive
miniere.
INFO PERCORSO
L’escursione non presenta
particolari difficoltà tecniche
ma richiede un buon
allenamento
alla camminata essendo il
percorso all’andata tutto in
salita. I sentieri sono
prevalentemente bagnati per la
presenza di rigagnoli di acqua e
bisogna porre particolare
attenzione ai tratti che
potrebbero essere fangosi.
Distanza |
3 Km |
Dislivello Salita |
150 metri |
obbligatorio l'uso di scarpe alte da trekking, possibilmente suola vibram e impermeabili
Nel pomeriggio, se rimanesse ancora tempo disponibile, dopo il trekking, visiteremo
La Pieve della Cappella o anche
detta Pieve di San Martino,
in
località Cappella ad Azzano,
frazione del comune di Seravezza,
in un punto di eccezionale
interesse paesaggistico e che
offre un
panorama unico sulle antiche
cave di marmo di Trambiserra e
il monte Altissimo.
La
chiesa, interamente in
marmo, è stata costruita prima
del Mille e rimaneggiata nel XII
secolo. Il campanile, separato
davanti al prospetto, è
anteriore al XI secolo.
La facciata venne poi abbellita
da un porticato, completato nel
1538, i cui
capitelli pare fossero disegnati
da Michelangelo,
al quale la tradizione locale
attribuisce anche il rosone,
detto per questo "l'occhio di
Michelangelo". Purtroppo
il colonnato è andato distrutto
durante la Seconda Guerra
Mondiale. Nell'
interno, a tre navate a pianta
rettangolare, sono notevoli gli
altari in marmo del XVII secolo.
Riferimenti web:
2) https://www.versiliahistorica.org/balestrino-post-it.php?id=13
approccio in auto, andata: autostrada verso Genova, uscita Versilia/Apuane, poi direzione Seravezza e, prima di Stazzema, dopo Pontestazzemese, deviare per Strada Comunale Cardoso-Volegno-Pruno, fermandosi a Mulina - h.1 km.70. Al ritorno: tornare verso Seravezza e qui deviare a destra per Azzano, prima di entrare nell'abitato. H.0,21 km.16.
Parcheggio auto nei pressi del bar ristorante Luciana – SP 42 (sotto la strada e a vista del campanile della chiesa, nostro riferimento sopra)
Domenica 02/04/2023 ITINERARIO AD ANELLO DA CASALE MARITTIMO
Report di escursione - REFERENTE LAURA MALEVOLTI contatto 338 9083212
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA ENTRO VENERDI’ 31.03
LINK : https://www.terredipisa.it/
RITROVO - PARCHEGGIO METAMARE LIVORNO ORE 9,30 CON PARTENZA IN AUTO NON OLTRE H.9.40
AVVICINAMENTO : S.S. AURELIA DIREZIONE SUD FINO A CHIOMA (ROMITO),
PARCHEGGIO GRATUITO IN VIA DELLA MADONNA A CASA
PERCORSO TREKKING - ANDAMENTO ALTIMETRICO FALSOPIANO IN ANDATA E
VARIABILE AL RITORNO, CON PICCOLA SALITA VERSO CASALE.
DISLIVELLO 180 mt. LUNGHEZZA 8 KM.
CALZATURE CONSIGLIATE : SCARPE E BASTONCINI DA TREKKING .
DOTARSI DI ACQUA E CIBO PER PRANZO AL SACCO - STIMA TEMPI: DURATA TOT. CON PRANZO AL SACCO 4 HH
DESCRITTIVO
-
Casale Marittimo, luogo del
cuore FAI,
si trova nella Maremma Pisana su
un colle che domina la Val di
Cecina, in Toscana. E' adagiato
su una collina da cui si gode un
panorama straordinario
sull’Arcipelago Toscano e della
costa, che dista solo 12 km. E’
immerso nel verde della macchia
mediterranea tipica e sono
presenti luoghi di interesse
archeologico come Casalvecchio e
Casa Nocera.
“A destra si stacca una propaggine di collina, che si stende verso il mare, e nel di cui ultimo dorso è il situato il moderno Casale”. Giovanni Targioni Tozzetti, viaggiatore erudito, a metà del ‘700, dava evidentemente voce alla tradizione secondo cui erano esistiti due castelli: Casalvecchio, il cui nome è rimasto ad indicare una collina a sud-est dell’attuale paese, e Casalnuovo, l’odierno Casale Marittimo. La zona, ricca di acque minerali, di selvaggina, di sale, insieme alla mitezza del clima, aveva del resto favorito fin dai tempi più antichi l’insediamento umano. E proprio sulla collina di Casalvecchio gli scavi archeologici hanno riportato alla luce i resti di un villaggio etrusco del VII sec a.C.. Ma la scoperta più straordinaria è quella della necropoli di Casa Nocera, un complesso di sepolture, di età orientalizzante, appartenute ai principi guerrieri etruschi, che dominavano la zona. Al VI sec. A.C. risale la tomba a tholos delle Poggiarelle, un eccezionale esempio di architettura funeraria etrusca, scoperto nel 1896 (si trova al museo archeologico a Firenze).
Il centro storico è composto da edifici in pietra che seguono ad anelli concentrici lo sviluppo delle due cerchie murarie di epoca medievale. Al Castello si accede attraverso una rampa dove si erge la torre dell’orologio eretta nel 1854. Dalla Piazza principale si accede ai borghi, quartieri sviluppatisi fuori dalle mura del Castello a partire dalla fine del 1500., con caratteristici vicoli, portici e scalinate. Dal punto di vista storico sono interessanti la Pieve di Sant’Andrea, il palazzo della Canonica, la Chiesa di San Sebastiano e la Cappella della Madonna delle Grazie, ricchi di reperti archeologici di epoca romana.
Intorno al paese, e fra questo e il mare, si estende una campagna riccamente lavorata che produce cerali, olio, miele e un vino pregiato, il DOC Montescudaio. - Tratto da: https://www.e-borghi.com
10
APRILE 2023 PASQUETTA INSIEME ANELLO DI MONTEFORTI SANTA LUCE
la descrizione del percorso è quella comunicata dal referente dell’iniziativa: un trek che si svolgera' tra le colline di santa luce con un percorso ad anello fino al paese dimenticato di Monteforti e alla cascate dell'alloro, lungo il torrente Tora.
Questo il dettaglio del percorso, come seguito dal referente: Tra I Colli di Santa Luce e Le Rovine Della Pieve Di Monteforti
Lunedì 10/04/2023 - Referente - Laura - Contatto Referente 338 9083212
Prenotazione entro Venerdi’ 7 Aprile
Riferimento Iniziativa : Programma Febbraio 2023-Giugno 2023 Ubicazione - Anello A Partire Da S.P. 13 Del Commercio
Link : https://www.Terredipisa.It/Territorio/Santa-Luce/
Ritrovo : Ipercoop Porta a Terra Lato Torri Livorno Ore 9,45.
Partenza In Auto : Non oltre h.9.50
Avvicinamento : S.P. N.° 4 Via Delle Sorgenti- Cisternino -Breve
Tratto S.P. N.° 206- S.P. N.° 21 Acciaiolo-Lorenzana Proseguire Su S.P. N.° 13 Fino Al Punto Di Partenza.
Parcheggio : Nelle Vicinanze Della Partenza
Percorso Trekking : Andamento Altimetrico Costante In Progressivo Aumento Fino A Meta’ Percorso ;
Dislivello 320 M Lunghezza 8.5 Km. Calzature Consigliate : Scarpe E Bastoncini Da Trekking . Indumenti : Tecnico adatto alle temperature, Pausa Pranzo : Acqua e Cibo per Pranzo Al Sacco
Stima Tempi - Durata Complessiva Trek e Pranzo al Sacco 4 Hh.
Avvertenze - Sentiero Collinare In Bosco Con Ascesa Impegnativa - Pranzo Previsto Presso Rovine Della Chiesa.
Tratto da: https://www.collipisani.it/project/dalla-cascata-dellalloro-a-monteforti/
Monteforti è un antico borgo del comune di Santa Luce, in provincia di Pisa, oggi completamente disabitato. Un tempo rinomato centro agricolo, Monteforti sorge ai bordi di un rilievo collinare assai elevato, a ridosso di ampie macchie mediterranee ricche di legname. Dagli anni '70 del XX secolo è completamente disabitato. La strada che vi porta è in pessimo stato e può essere percorso solo da mezzi adeguati. Del borgo oggi rimane la strada principale ed i resti del Santuario dedicato alla Beata Vergine Maria, eretto in stile barocco tra XVII e XVIII secolo. Fino al secondo dopoguerra era meta di pellegrinaggio e luogo di importanti festività mariane. Da alcuni anni si organizzano processioni il 13 maggio (ricorrenza della Madonna di Fatima) a piedi in occasione della festa della Madonna nella speranza di poter avviare qualche azione di conservazione del borgo, messo a rischio dal carattere franoso del colle su cui sorge. Durante la costruzione dell’antica chiesetta, il lavoro venne interrotto per la mancanza di acqua. Una mattina gli operai notarono che il serbatoio vicino alla chiesa era pieno. Il fatto, inspiegabile, si ripeté più volte e, una notte, gli operai decisero di nascondersi nei dintorni della chiesa per vedere chi fosse il loro benefattore. Scoprirono, con grande meraviglia, che una signora biancovestita scendeva a valle, ad una polla che sgorgava da una roccia, e portava lacqua sul colle, in un cestello di vimini senza fondo, attualmente esposto nella cappella della Tora, permettendo agli operai di completare il lavoro. Così venne costruita la Chiesa del Monteforte e da questo evento nacque la devozione per la Vergine, la cui festa ricorre il tredici maggio di ogni anno. Tratto da: https://fondoambiente.it/luoghi/borgo-di-monteforti
Dalla foce del Serchio alla riserva della Bufalina (Marina di Vecchiano) Domenica 23.04
Un semplice percorso che attraversa la Riserva di Bocca di Serchio e ci porta alla riserva della Bufalina a Marina di Vecchiano, percorrendo circa 8 km a/r con sosta pranzo sul litorale. Inizialmente seguiremo il sentiero che costeggia l’ultimo tratto del fiume Serchio, soffermandoci di fronte alla Penisola dei Gabbiani per effettuare, volendo, un’attività di birdwatching ad osservare le specie ancora svernanti durante la migrazione invernale. Proseguendo, sempre parallelamente alla linea di costa, attraverso dune e stagni retrodunali di acqua dolce, apprezzeremo poi l’ecosistema dunale in tutta la sua interezza ma anche in tutta la sua fragilità per la conservazione di specie sensibili, prima tra tutte il fratino, un piccolo trampoliere che nidifica ogni anno su questo litorale ed è sempre più a rischio estinzione a causa della pulizia delle spiagge che precede la stagione balneare, con spianamento della sabbia e conseguente distruzione di eventuali nidi e pulcini.
pranzo al sacco con sosta a Marina di Vecchiano
Riferimenti:
1) http://www.lipu.it/articoli-natura/5-conservazione/901-fratino
2) https://www.parcosanrossore.org/poi/riserva-naturale-di-bocca-di-serchio/
TIPO: Storico, Naturalistico,
Fotografico.
DURATA: 4 h escluse le soste.
DIFFICOLTÀ: Facile
DISLIVELLO: nessuno.
LUNGHEZZA: 8 km a/r
Appuntamento alla Guglia alle h.9.45 con partenza h.10
Avvicinamento per via Aurelia fino a Vecchiano poi, dopo il semaforo, girare a sinistra per Marina di Vecchiano e fermarsi al primo grande parcheggio che si incontra.
Prenotazione entro venerdi 21.04
Domenica 7 maggio - Al monte Croce da Palagnana,
Referente - Referente Luciana Russo 320 3166800
per info dove trovarsi la mattina e prenotare la presenza, contattare il referente -
In
auto si raggiunge Palagnana e da
lì si prosegue fino alla
frazione Pioppo (basta seguire
la strada), lasciate quindi le
auto si inizia il sentiero 135,
davanti a noi e si arriva a
Foce Termine, dove gireremo a
sinistra per il sentiero 108 in
direzione del monte Croce e
anche della foce delle
Porchette, da dove sii potrebbe
arrivare fino al m.Forato
(sentiero 109, andando a
destra). Molto prima però, sul
sentiero 108, noi prenderemo a
destra per un sentiero di
dorsale tracciato con segni blu
e che si inerpica fino ai 1.314
metri del m.Croce, per ammirare
le fioriture delle giunchiglie.
Nota: girando invece a
sinistra, sempre per il
sentiero109 e quando fossimo
arrivati a foce Termine, si
arrivderebbe al callare del
Matanna e al relativo rifugio.
Il ritorno sarà sullo stesso
percorso dell’andata.
Info dettagliate su flora e percorsi anche alternativi, su: https://www.escursioniapuane.com/SDF/MonteCroce.html
Dislivello m.300 circa, distanza km.2,5, percorribili in h.1,5/2, solo andata.
Avvertenza: quando andate in Apuane, portatevi sempre una carta dei sentieri e informatevi prima su dislivelli da salire, direzioni da seguire e se esistano difficoltà particolari.
Palagnana - Borgo del comune di Stazzema formato da gruppi sparsi di case il maggiore dei quali, Palagnana, si trova a quota 764 metri ed occupa una terrazza nei pressi del fiume Tùrrite di Palagnana. La chiesa di S. Anna si trova un po’ più in alto a quota 889 insieme ad altre costruzioni, ancora più alti sono il Pioppo ed Ontanelli. Il nucleo si sviluppò come alpeggio estivo di Stazzema, nel cui comune ancora si trova. È situato ai piedi del Monte Croce e del Monte Nona. Non è direttamente raggiungibile per strada da Stazzema ed è necessario fare una lunga deviazione di 68,4 km per Castelnuovo Garfagnana, Gallicano e Fabbriche di Vallico (da cui dista circa 7 km). Era prevista negli anni ‘70 del secolo scorso la costruzione di una strada Stazzema – Palagnana che in circa 6 km avrebbe collegato i due borghi, ma i lavori sono stati interrotti. Da Palagnana parte il sentiero 8 per la Foce delle Porchette – Fonte Moscoso – Cardoso e il sentiero 3 per il Rifugio Albergo Alto Matanna (raggiungibile anche in auto). Dalla località il Pioppo parte poi il sentiero 135 per la Foce del Termine ed il Monte Bicocca.
Il monte Croce - fa parte delle Apuane Meridionali, si trova nel comune di Stazzema e la sua vetta raggiunge i 1314 metri. È così chiamato poiché i quattro crinali principali che lo formano si intersecano più o meno perpendicolarmente a formare una croce. La parte occidentale del monte è costituita da uno zoccolo calcareo che si eleva poi in un pendio prativo, rinomato per la bella fioritura dei narcisi nella primavera avanzata. In vetta c’è una croce molto semplice e si gode di no splendido panorama sul gruppo delle Panie.
CASCATE E POLLE DI MALBACCO-SERRAVEZZA
REPORT DI ESCURSIONE
DOMENICA 21 MAGGIO
Andremo alla scoperta di un luogo ameno, mèta durante la stagione più calda ed afosa di coloro che vogliono farsi un bagno nel torrente Serra, Malbacco, dopo un sentiero che ci porterà fino alla Cappella di Azzano.
Contatto Referente
Referente Adalgisa Brogi 338 8776130Prenotazione : Entro Venerdi’ 19 Maggio
Meta Finale : Pozzo Della Madonna
Link : Https://Www.Puntinesulmondo.It/Natura-Toscana-Un-Tuffo-Nelle-Polle-Di-Malbacco/
Ritrovo : Contattare Referente Adalgisa
Avvicinamento : Autostrada E 80 A12 Uscita Versilia
Direzione Seravezza-Malbacco – tot. Da Livorno 61 Km
Parcheggio Libero Gratuito A Malbacco, dove inizia la ZTL, sulla strada asfaltata, in salita, per Azzano
Percorso Trekking : vedi report
Calzature Consigliate : Scarpe Da Trekking E
Dettagli: Da Seravezza (entrando nel paese) si va verso Azzano. Trovata l’avvertenza che stiamo entrando in zona ZTL, si parcheggia e, un po’ più avanti e sulla destra, lasciando l’asfaltata si va verso il borgo di Riomagno, per iniziare il trekking.
La mattina - Il percorso
inizia quindi proprio dal paese
di Riomagno.
Poco sopra l’asfaltata, andando
verso destra e fiancheggiando un
negozio di alimentari, si
oltrepassa un arco, a sinistra,
e si inizia a salire verso il
borgo di Fabbiano. Tra terreni
coltivati e castagneti si arriva
così al paese di Fabbiano, lo si
attraversa e arriviamo poi
all'Area Archimineraria de la
Cappella, un sistema di cave
dismesse all'interno delle quali
è stato allestito un percorso di
visita. Un po’ più in alto si
arriva alla Pieve romanica di S.
Martino de La Cappella (XI - XII
secolo), situata su una terrazza
panoramica naturale che sovrasta
la valle del
Serra,
tra il monte Serra e Trambiserra.
Da qui si può ammirare un
panorama mozzafiato, grazie al
Monte Altissimo in alto e alle
sue cave, famose sin dai tempi
di Michelangelo, sopra di noi.
Qui sosta e pranzo
Nel pomeriggio andremo alla scoperta delle pozze di Malbacco, scendendo per l’asfaltata e prendendo un sentiero (20/30 minuti) alla nostra destra (varco n°4). Ottima la cartellonistica che ci permette di individuare con facilità la nostra mèta.
Tempi del trekking (a/km.2,5 + r/km.2,5): salita per sentiero h.1,30. Discesa fino alle pozze su asfaltata h.0,20 – discesa per sentiero al varco 4 altre h.0,20. Discesa su asfaltata, fino alle auto h.0,30.
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03-04
GIUGNO 2023 RIFUGIO BATTISTI NEL CUORE
APPENNINO TOSCO EMILIANO -
Referente Salvatore Picardi 347 3637538
Il Rifugio Cesare Battisti, del CAI Reggio Emilia, sorge a 1761 metri, in una delle zone più affascinanti del Parco Nazionale dell'Appennino Tosco Emiliano. E’ situato in un ambiente di alta montagna, tra il massiccio del Cusna e quello del Prado, nei pressi del valico di Lama Lite, tra le valli dell'Ozola e del Dolo.
Dettagli a - https://www.rifugio-battisti.it/shelters.html dove viene visualizzata anche la varia tipologia dei posti letto.
Capirete bene di come sia necessario contattare con molto anticipo il referente, proprio per la collocazione/notte.
Per info sull'iniziativa - agire.verde@yahoo.com
Nota: le prenotazioni verranno comunque prese fino ad esaurimento dei posti disponibili.
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18.06 - (MS-Massa) FORNO loc. CASA BIFORCO (376m)–VALLE DEGLI ALBERGHI–CASE CARPANO (1047m)
Avvertenza – il percorso potrebbe variare a discrezione del referente che obbligatoriamente va interpellato per ogni info su difficoltà, tipologia del terreno etc. etc. Ovviamente questa iniziativa è praticabile da soggetti in buona forma e allenati. Riferimento: Referente Rossano Poggi 331 1131900
Superato
Forno la strada prosegue
costeggiando il Canal Secco, tra
edifici che testimoniano
un’intensa attività estrattiva
ormai passata. Poco prima che la
strada finisca ci fermiamo
presso uno spiazzo, protetto da
un muro di cemento con
indicazioni dei sentieri 36, 167
e 168. Camminiamo per pochi
minuti e troviamo la
biforcazione che dà il nome alla
zona (Biforco): a destra sale il
canal Cerignano con a fianco la
marmifera che costituisce il
sentiero 36 per le Vettoline ed
il Passo della Focolaccia,
invece a sinistra c’è il Canal
Fondone. I due canali, in
realtà sassosi e secchi, si
fondono nel canal Secco
tributario del Frigido.
Prendiamo a sinistra la
marmifera, subito molto ripida,
dalla quale, più in alto, hanno
origine i sentieri 167 e 168. La
zona è ampiamente sfruttata per
l’estrazione del marmo con
numerose cave attive ed in
espansione che stanno
velocemente mutando la
conformazione della zona. A 18’
ci troviamo presso la cosiddetta
Cava Romana posta a circa 500
metri, la vecchia Cava Romana è
abbandonata, ma fino a qualche
anno fa era possibile entrare,
mediante un cunicolo nel marmo,
e visitare la cava che si
presenta, salendo un poco il
sentiero, come un’enorme
voragine. Oggi il cunicolo è
stato ostruito, forse per
impedire che incauti
escursionisti si avventurino per
la cava stessa. Il nome, rimasto
alla nuova cava che sta
coltivando intensamente la zona,
a monte della vecchia cava, non
ha comunque nulla a che fare con
i romani, poichè l’attività
estrattiva a Forno è iniziata
nel 1800. Sulla destra c’è
l’ingresso della nuova cava,
mentre a sinistra inizia il
sentiero 168 del Canal Fondone
per la Foce Rasori. Noi
continuiamo di fronte, dove è
ben indicato il sentiero 167 che
nella parte iniziale coincide
per lo più con la vecchia via di
lizza degli Alberghi, ed è
subito molto ripido. È possibile
seguire la via di lizza oppure
lasciarla a tratti per evitare
la parti più ripide. Noi
decidiamo di seguire i segni per
cui poco dopo la decisa curva a
destra prendiamo, a 37’, la
deviazione a destra, indicata
dai segni e da un ometto. Il
sentiero si mantiene parallelo
alla via di lizza un po’ più in
alto, poi a 46’ incrociamo di
nuovo la via di lizza e ci
portiamo a sinistra per pochi
minuti. Infatti attraversiamo di
nuovo la lizza e continuiamo
sulla destra, di fronte iniziamo
a scorgere la cima del monte
Contrario, oggi innevata. A 56’
siamo ancora sulla via di lizza
che adesso seguiremo fino agli
Alberghi. Il fondo è sconnesso e
parti della via sono franate,
con un ultimo semicerchio
arriviamo a 01h 14’ ad un
intaglio posto a 794 metri.
Sulla destra c’è un modesto
cocuzzolo detto localmente Il
(sic) Zucco (811 metri). Da
questo momento il panorama si
apre incredibile sull’alta valle
degli Alberghi, dominata dalla
parete sud-ovest del monte
Contrario, salendo poi si apre
alla Forbice del Grondilice a
sinistra ed al monte Cavallo a
destra, mentre sotto la mole del
Contrario si vede la Casa degli
Alberghi. Pochi metri dopo
l’intaglio è ancora presente un
bel piro in marmo con le
scalanature dovute alle corde
usate nella lizzatura, nascosto
alla vista da un masso caduto
alcuni anni fa, c’è da dire che
salendo troveremo altri piri di
marmo. Il sentiero adesso si fa
ameno e sale modestamente
mantenendo a sinistra il canale
degli Alberghi. A 01h 28’ si
stacca, a quota 830 metri, sulla
sinistra, il sentiero dei
Pradacetti per il Passo delle
Pecore e cava 27 che scende nel
canale per proseguire nel
versante opposto. Questo
sentiero è impegnativo e non è
indicato nelle cartine.
Continuiamo e poco dopo lasciamo
il ramo principale della via di
lizza che si stacca verso
sinistra per le cave degli
Alberghi, alla base del
Contrario a 1050 metri. Noi
proseguiamo per i resti della
via di lizza proveniente da
Carpano di Sopra ed iniziamo a
salire prima su sfasciumi e poi
sull’abbondante paleo. Superiamo
un rudere e dopo essere saliti
per alcuni tornanti, a 01h 46’,
troviamo il bivio posto a 907
metri per la casa degli Alberghi
e per la ferrata del Monte
Contrario sulla sinistra. Noi
invece proseguiamo a destra
sempre sul sentiero nel paleo,
superiamo poi un canalino, in
cui a volte scorre l’acqua, per
proseguire ancora nel paleo, in
salita, per facili tornantini
fino ad un tratto scalinato, dal
quale si gode di bella vista sul
monte Sagro. Continuaimo poi per
un tratto misto di erba e roccia
con a destra una cava
abbandonata, ed in breve
arriviamo (02h 16’), dopo aver
superato vecchie cariche di
marmo, a Case Carpano. Esse si
trovano sulla parte iniziale
della cresta sud del monte
Contrario, proprio all’incrocio
tra il sentiero 167 ed il 170.
Il 167 sale a sinistra verso
Forcella di Porta ed il passo
della Focolaccia, con percorso
impegnativo, mentre il 170
scende alle Vettoline e a
Resceto. La località è Càrpano
di Sopra ed è estremamente
panoramica sulle pendici e sulle
gobbe del Monte Cavallo oltre
che sulla sottostante Valle
degli Alberghi e su Canal
Cerignano. Le case sono ruderi
di ricoveri di pastori e forse,
in un secondo momento, di
cavatori che lavoravano nelle
vicine cave ormai abbandonate.
Molto caratteristico è un
vecchio sambuco che si trova di
fronte ad una di queste
abitazioni. Una lastronata di
marmo vicino alle case riporta
vecchie incisioni, frutto della
pazienza e dell’ingegno dei
pastori nelle ore di riposo: tra
le incisioni un volto femminile,
il volto del diavolo, un
uccello, un’orma, inoltre anche
dei nomi e delle date. Ci
fermiamo 27’ poi scendiamo per
la stessa strada. In 33’ siamo
al bivio per la casa degli
Alberghi, in 01h 02’ siamo
all’intaglio alla base dello
Zucco e in 02h 02’ siamo a
Biforco.
Testo tratto da: https://www.escursioniapuane.com/itinerari/itinerario.aspx?Id_Itinerario=126
Report sintetico:
Località di partenza: casa Biforco (376m)
Località di arrivo: Case Carpano (1047m)
Dislivello mt.: 671 m
Tempo totale: 04h 45'
Sequenza sentieri: marmifera, 167, marmifera
PROGRAMMA INIZIATIVE DEL
SECONDO SEMESTRE 2023
1 |
01 OTTOBRE 2023 |
DA MONTE SERRA A MONTEMAGNO TREKKING SUI MONTI PISANI REFERENTE LUCIANA 3203166800 |
2 |
15 OTTOBRE 2023 |
PARMA IN PULLMAN CON GUIDA (RISERVATA AGLI ISCRITTI) REFERENTE MASSIMO 3703781803 |
3 |
22 OTTOBRE 2023 |
VISITA GUIDATA ALLA CENTRALE DI LARDERELLO PRANZO FACOLTATIVO ALLA BIRRERIA ”VAPORI DI BIRRA” REFERENTE LEO 3400033113 |
4 |
12 NOVEMBRE 2023 |
VIA DEI CAVALLEGGERI ANTICO COLLEGAMENTO DA LIVORNO A PIOMBINO. PERCORSO DA BARATTI A CALA MORESCA REFERENTE MASSIMO 37037881803 |
5 |
26 NOVEMBRE 2023 |
ANELLO DELLA MADONNA DEI TUFI:TRA STORIA E LEGGENDA NELLA CAMPAGNA INTORNO A BIBBONA REFERENTE LEO 3400033113 |
6 |
17 DICEMBRE 2023 |
TREKKING DELLE SETTE CHIESE CON FINE GIORNATA CONVIVIALE CON SCAMBIO DI AUGURI(IN FASE DI PREPARAZIONE NEI DETTAGLI) REFERENTE LUCIANA 3203166800 |
7 |
14 GENNAIO 2024 |
LA VALLE DELLA LUNA: PAESAGGI ASPRI E DESERTICI VICINO A NOI REFERENTE LEO 3400033113 |
8 |
28 GENNAIO 2024 |
TREKKING URBANO A FIRENZE (PROGRAMMA IN FASE DI PREPARAZIONE NEI DETTAGLI) REFERENTE STEFANIA 3290757575 |
Iniziative da riproporre in ULTERIORI occasioni
La Riserva Naturale del Lago di Sibolla
nasce per proteggere una piccola
ma significativa zona umida che si
estende per circa 60 ettari nel comune di
Altopascio e
rappresenta, dal punto di vista floristico, uno dei più importanti biotopi
palustri della Toscana.
Per un'ampia parte l'area palustre è circondata da prati incolti e campi tuttora coltivati, mentre
nelle parti sudorientale e orientale del bacino si trovano i boschi.
Il Lago di Sibolla,
rimasto incontaminato negli anni e rende bene l'idea di come
dovevano apparire i vicini Paduli di Fucecchio e di Bientina prima delle
bonifiche del secolo scorso. Sulle rive dello specchio d'acqua si possono
ammirare diverse specie di uccelli acquatici, tra
cui una colonia di aironi coloniali.
dettagli:
Il bacino della Sibolla, situato a circa 2,5 km. a nord-est di Altopascio, e’ costituito da un piccolo specchio lacustre circondato da un territorio paduloso. Qui infatti si sono mantenute condizioni ambientali che hanno permesso la conservazione di una flora interessantissima, ormai quasi totalmente scomparsa altrove. Il laghetto di Sibolla presenta una forma allungata ed e’ diviso da una strozzatura. Lungo circa 400 metri e largo 50, non e’ mai profondo piu’ di 3 metri. Non vi sono emissari e l’alimentazione dipende in massima parte dalle acque meteoriche. Esiste invece un fosso di scolo, il cosiddetto “fosso di Sibolla”, e si tratta di un emissario artificiale, come testimonia un decreto del podesta’ di Lucca datato 22 Agosto 1263. Circonda lo specchio d’acqua una caratteristica formazione che prende il nome di aggallato o pollino.Tali formazioni vegetali erano un tempo comuni in tutte le paduli della Toscana e la loro pecularieta’ ha attirato l’attenzione dei naturalisti fin dal Settecento.
Gli aggallati durante i periodi di magra del Sibolla si posano sul fondo, contribuendo al naturale processo di interramento del lago che va infatti lentamente evolvendosi in torbiera. Dal punto di vista botanico, sono presenti sia specie palustri che acquatiche. In copiosa quantita’ vi si trovano le ninfee sia gialle che bianche; le brasche, l’erba vescia, le callitriche, il mirofillo,eccetera. Sebbene piu’ rara, e’ presente anche l’aldrovanda, che e’ da considerarsi un relitto terziario accantonatosi a Sibolla poiche’, durante piu’ mesi dell’anno, le acque raggiungono una elevata temperatura – fino a 30° – e sono poverissime di calcio. Durante la visita naturalmente incontreremo anche numerose specie di uccelli, tra le quali garzette, aironi, falchi, oche eccetera.
Approfondimenti:
https://it.wikipedia.org/wiki/Lago_di_Sibolla
http://angoliditoscana.it/altopascio-lucca-riserva-naturale-del-lago-di-sibolla/
galleria fotografica -
Tempi: visita al borgo h.1,5 – sosta pranzo h.1 - visita Sibolla h. 2 a/r tramonto alle h. 17.50
Scheda di viaggio con direzione indicativa: andata – Livorno-Arnaccio-Fornacette-Vicopisano-Bientina-Altopascio- lago di Sibolla (Riserva Naturale del Lago di Sibolla, Via dei Sandroni, 15, 55011 Altopascio LU. (h.1.00). Dopo Sibolla- Montecarlo e ritorno da Montecarlo x medesimo percorso andata o autostrada
Dal Gabbro al “ponte romano” sul botro Riardo (anello)
Utilizzando la nuova segnaletica del Parco dei monti livornesi, realizzata e messa in opera grazie al lavoro delle associazioni aderenti al “progetto occhisullecolline”, oggi percorreremo un interessante anello che si sviluppa ora in zone boschive, ora per tratte agresti ora infine nella valle del botro Riardo, sotto i rilievi di Monte Carvoli e del Monte Pelato, nel Parco di Camaiano, arrivando al cosi detto “ponte romano di Castelnuovo della Misericordia”, benchè le sue origini siano più recenti, verosimilmente tardo settecentesche, costruito per rendere raggiungibile una fornace di mattoni oltre il botro Riardo, anche durante eventuali periodo di piena. L’escursione inizierà dal paese del Gabbro per raggiungere i vecchi lavatoi, un itinerario che veniva seguito dalle donne del Gabbro per andare ad attingere l’acqua ed a lavare i panni dalla seconda metà del 1600 fino alla seconda del 1900. Saremo parzialmente sul “sentiero del mille” (tracciato altomedioevale che collegava i borghi collinari a Vada e quindi al mare, anche se la costa era tuttavia raggiungibile ben prima, prendendo per la via vecchia della Marina del m.Pelato), per boschi e viottoli di campagna che si alternano piacevolmente, in un trekking di circa h.4/4.30, escluse le soste.
Dettaglio: Dal parcheggio del Gabbro saliamo all’asfaltata e prendiamo subito per via della Rosa, di fronte a noi e ben riconoscibile per la presenza di un ambulatorio veterinario. Andiamo avanti per circa 10 minuti, uscendo dal paese e trovando prima un’edicola votiva a sinistra e quindi un bivio che ci indica Colognole andando avanti e Ricaldo invece a destra.Scendiamo per Ricaldo, ora nel bosco, ora uscendo verso i coltivi ed in altri 20 minuti siamo ai lavatoi del Gabbro, di cui si ha notizia fin dal tardo ‘600. Una breve visita e risaliamo quindi per una
stradina sterrata (a destra) che ci riporta sull’asfaltata in circa 20 minuti. Prendiamo ancora a destra per altri 10 minuti sulla provinciale ed iniziamo l’avvicinamento al ponte romano, facendo attenzione a scendere alla nostra sinistra (ben evidenti i cartelli che indicano la direzione da seguire, seguendo il sentiero 199). Ci aspetta adesso un saliscendi di circa h.1, per zone boschive, sterrati e canneti e viottoli lastricati di massi, vestigia degli antichi tracciati, finchè, dopo aver guadato il botro Riardo, saremo ad un cancello grigio dove gireremo a sinistra per altri 45 minuti, per raggiungere il “ponte romano”. Il ritorno sarà per questo stesso sterrato, altre h.0,45 dunque, ma andando questa volta a diritto per h.0,20 finchè, alla nostra sinistra, troveremo un breve stradello a fondo chiuso dove noi gireremo invece alla prima carrareccia a destra. In altre h.0,30 saremo al botro Sanguigna ed ai suoi mulini e, girando a destra e seguendo il corso d’acqua termineremo la nostra passeggiata, risalendo per circa h.0,20 (unica salita impegnativa) ed arrivando al campo sportivo prima e dopo ancora al parcheggio dove avremo lasciato le auto. Tot. Prima parte h.1 + seconda parte h.1.45/.Ritorno circa h.1.45 Calcolare le soste al ponte h.1 (sosta pranzo). Trekking di h.4.30/5 + soste.
Altre note descrittive :
1) Gabbro - Sorto sul versante orientale dei monti livornesi ha origini medievali: mai citato dalle fonti come castello – nel ‘300 è definito ‘comune rurale’ - l’agglomerato ereditò probabilmente la popolazione dei vicini castelli di Torricchi e Contrino, forse distrutti già nel corso del basso-medioevo. Il toponimo, dal latino glabrum, allude alla sterilità del suolo, ricco di rocce di origine vulcanica - il “gabbro” appunto, così battezzato in onore del paese, trovando un curioso parallelo nell’appellativo ‘Pelato’ dato al poggio su cui il paese sorge.
La zona fu oggetto, dal 1547 - con Cosimo I° de Medici - in poi, di ripetuti tentativi di colonizzazione voluti dai Medici allo scopo di accrescere la produzione agricola necessaria allo sviluppo del centro di Livorno. L’interesse granducale è testimoniato anche dai resti di numerosi mulini ad acqua, risalenti allo stesso periodo e che sorgevano lungo l’alta valle del Botro Sanguigna, facenti parte di un più ampio sistema produttivo creato proprio allo scopo di approvvigionare di grano la nascente e vicina città di Livorno. Dal 1886 visse a Gabbro il pittore macchiaiolo Silvestro Lega che nella sua opera si è ispirato più volte al paesaggio di questo ridente paese.
2) I vecchi lavatoi:
Situata fra
Gabbro e Torricchi, per secoli è stata usata da uomini e donne per l'acqua da
bere e per lavare i panni. Da Piazza Cavour, seguendo Via Rialto che scende
verso la vallata orientale si ha occasione di percorrere un sentiero molto
suggestivo che si snoda fra alberi di sughero ai margini della boscaglia. Questo
itinerario veniva seguito dalle donne del Gabbro per andare ad attingere l’acqua
e a lavare i panni alla fonte di Rialto. Tale fonte fu ristrutturata nel 1609 e
nel 1682 quando vennero costruiti i lavatoi e gli abbeveratoi per gli animali.
Prima di arrivare
alla
fonte è possibile scorgere una edicola votiva originaria del 600, che custodisce
un quadro della Madonna, ed alcuni cunicoli nei quali i Gabbrigiani si
nascondevano per sfuggire ai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale. Si ha
notizia dei lavatoi fin dal 1682, quando vengono stanziati dalla Comunità del
Gabbro: "25 scudi per fare un arco e muro attorno alla Fonte del Ricaldo, per
far venire l'acqua a doccio, fare un abbeveratoio per le bestie.Il rifornimento
di acqua potabile avveniva presso le due fonti distanti un
chilometro dal paese sulla parte destra della strada che porta a Castelnuovo
della Misericordia. Veniva anche attinta a una fonte situata nella località
Riardo, anche questa distante oltre un chilometro dal paese, lungo
una strada secondaria che porta
verso
la località di Staggiano. Dopo
il
1945 la fonte fu chiusa e l'acqua incanalata, a mezzo di un piccolo acquedotto, fu fatta affluire alla Fornace Serredi per le necessità della lavorazione. L'acqua veniva trasportata giornalmente alle abitazioni dalle donne che portavano sulla testa brocche o canestre piene di fiaschi e da ragazzi con carrettino, con corbellini anche questi pieni di fiaschi. La lontananza delle fonti causava fatica e perdita di tempo specialmente nell'estate quando si doveva fare la fila perchè il getto dell'acqua diminuiva. Le donne spesso si recavano, portando sempre grosse canestre in testa, a lavare i panni ai due lavatoi pubblici, cioè a quello di Rialdo e a quello che si trova dalla parte opposta, sulla via che dal Gabbro porta a Castelnuovo della Misericordia. Due fonti di incerta potabilità, una chiamata fonte di Giomo sulla via Taversa Livornese per Castelnuovo poco prima della località Stregonie e l'altra situata nelle vicinanze, fornivano acqua, per far fronte alle diverse necessità degli agricoltori e dei possidenti, i quali riempivano damigiane e botticelle che trasportavano con carri trainati da buoi o con barrocci trainati da cavalli o di ciuchi. Dopo il 1945 il comune di Rosignano Marittimo, dietro le insistenti richieste dei paesani, deliberò di fare l'acquedotto per portare l'acqua potabile in paese. Fu allora incanalata l'acqua delle due fonti e, utilizzate altre sorgenti a mezza costa della collina di Poggio d'Arco, fu creato un deposito sul Poggio Pelato. Col passar del tempo le fonti del paese furono integrate da altre direttamente installate nelle case avendo così gli utenti l'acqua sempre a disposizione senza fatica, con vantaggi igienici e senza perdita di tempo. Purtroppo quando il Comune, per approvvigionare l'acqua potabile al paese di Nibbiaia, decise di alimentare l'acquedotto con altra acqua presa lungo il fiume Sanguigna, in località Bucafonda, la situazione peggiorò sia come qualità sia come quantità. testo da - http://www.lungomarecastiglioncello.it/
Pellegrinaggi medioevali nel territorio livornese - Nell’area settentrionale delle Colline livornesi sono presenti due complessi storico-religiosi di culto Mariano che hanno caratterizzato dal punto di vista sociale, economico e religioso questa porzione di territorio: il Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero (1390) e l’Eremo di Santa Maria alla Sambuca (1367). In questi due luoghi i pellegrini medioevali, di ritorno da Santiago di Compostela o diretti a Roma, arrivano alla ricerca di riparo, ospitalità e cibo e ci sono testimonianze di un percorso che dalla pianura livornese, attraverso la via delle Sorgenti, costeggiava la valle del torrente Ugione per giungere all’Eremo della Sambuca, da dove poi proseguiva verso Roma lungo la Via delle Parrane. La presenza di testimonianze religiose e dello storico uso di strade e sentieri come percorso di umiltà e semplicità ci offre lo spunto per proporre un particolare utilizzo dell’anello di sentieri di questa porzione del Parco che, come il pellegrino di un tempo, noi ripercorreremo.
Dettaglio: - Nell’area settentrionale delle Colline livornesi sono presenti due complessi storico-religiosi di culto Mariano che hanno caratterizzato dal punto di vista sociale, economico e religioso questa porzione di territorio: il Santuario della Madonna delle Grazie di Montenero (1390) e l’Eremo di Santa Maria alla Sambuca (1367). In questi due luoghi i pellegrini medioevali di ritorno da Santiago di Compostela o diretti a Roma, due delle tre grandi mete spirituali dell’epoca, insieme a Gerusalemme, arrivano alla ricerca di riparo, ospitalità e cibo e ci sono testimonianze di un percorso che dalla pianura livornese, attraverso la via delle Sorgenti, costeggiava la valle del torrente Ugione per giungere all’Eremo della Sambuca, da dove poi proseguiva verso Roma lungo la Via delle Parrane oppure lungo il principale percorso della Via Francigena, verso Volterra e S. Gimignano. I Gesuati gestirono congiuntamente i beni dell’Eremo della Sambuca e del Santuario di Montenero (tra il 1450 e il 1650) ed è quindi probabile che per questo siano aumentati i contatti tra i due luoghi facendo in modo che i devoti che venivano in pellegrinaggio al Santuario proseguissero poi il loro cammino penitenziale o devozionale verso l’Eremo della Sambuca e viceversa. Oggi è storicamente possibile ricostruire un percorso che, partendo dall’Eremo della Sambuca sale a Valle Benedetta, prosegue per un breve tratto verso ovest sulla S.P. 5 di Valle Benedetta fino a Poggio Montioni e, deviando a sinistra verso Campo della Menta e Popogna Nuova, raggiunge la Strada provinciale e Popogna Vecchia per terminare, seguendo l’attuale segnavia 140, a Castellaccio e quindi, per la via del Poggio, arrivare in breve all’Aula Mariana ed al Santuario, dove nel 1500 i fedeli si recavano, dopo la fine della pestilenza della città di Livorno (1479) a rendere grazie alla Madonna di Montenero. La presenza di testimonianze religiose e dello storico uso di strade e sentieri come percorso di umiltà e semplicità offre lo spunto per proporre un particolare utilizzo dell’anello di sentieri di questa porzione del Parco che, come il pellegrino di un tempo noi percorreremo, ritrovando forse un’occasione per rallentare i nostri ritmi quotidiani, ascoltare la voce della natura ed anche ascoltare noi stessi.
Il Percorso del Pellegrino si sviluppa su una parte dei sentieri presenti nella foresta di Montenero, tutti efficacemente e recentemente segnalati con segnaletica a terra dalle associazioni aderenti al Progetto “Occhi sulle Colline”. Il Percorso del Pellegrino è formato da quattro sentieri principali, percorribili ad anello, e due varianti che permettono di “chiuderlo”. L’intero percorso è segnalato con frecce segnavia.
Testo liberamente adattato da: http://www.percorsodelpellegrino.it/pagine/pellegrinaggi.html
Maggiori dettagli sui percorsi a: http://www.percorsodelpellegrino.it/pagine/i_sentieri.html
Noi oggi seguiremo un itinerario
breve, utilizzando i sentieri
138 (in discesa per h.0,40 fino
a Pian della Rena dove, a vista
della costruzione, si prosegue
per il sentiero 138, in salita
per h.0,20, fino
all’intersezione col n°140. Qui
si va a sinistra per il sentiero
134 (non segnalato), bellissimo
tratto nella macchia che scende
per h.1.45 ed arriva a un
evidente bivio dove noi,
lasciando il 134, scendiamo per
la bretella di raccordo 134 a,
altri h.0.20. Terminata la
discesa, talora difficoltosa,
siamo sul sentiero 136,
costeggiamo il botro del Molino
nuovo, passando un paio di ponti
in muratura, e proseguiamo in
leggera salita per h.0.45,
tornando quindi a Pian della
Rena dove saliremo nuovamente
per il sentiero 138 e quindi il
140 verso destra per arrivare in
h.0,45 all’asfaltata. Altre
h.0.15 e saremo di nuovo alle
auto. Nota: in prossimità di
questo percorso sono accessibili
sia 1) la fonte del Sasso Rosso
(dall’area di sosta del
Castellaccio si scende per il
primo sentiero a sinistra del
parcheggio – non segnalato- per
m.0,20). 2 la Grotta dei Banditi
(lungo il n°140, poco dopo lo
sbocco del n°138, una deviazione
a destra -non segnalata- che
scende per circa m.0,40.
Da: http://www.agireverde.it/PARCO%20MONTI%20LIVORNESI.htm
Totale escursione, escluso soste, h.4/4.30 circa.
I mulini ad acqua del rio Sanguigna - Sorto sul versante orientale dei monti livornesi Gabbro, ha origini medievali e, benchè mai citato dalle fonti come castello, già nel ‘300 viene definito ‘comune rurale’, probabilmente ereditando l’agglomerato la popolazione dei vicini castelli di Torricchi e Contrino, comunque distrutti già nel corso del basso-medioevo. Con Cosimo I° de Medici la zona fu oggetto, dal 1547 in poi, di ripetuti tentativi di colonizzazione voluti dai Medici allo scopo di accrescere la produzione agricola necessaria allo sviluppo del centro di Livorno, come è testimoniato dai resti di numerosi mulini ad acqua, risalenti allo stesso periodo, che sorgevano lungo l’alta valle del Botro Sanguigna e che facevano parte di un più ampio sistema produttivo creato proprio allo scopo di approvvigionare di grano la nascente e vicina città di Livorno. Info: Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530
descrittivo:
Dettaglio: Dal parcheggio del Gabbro saliamo all’asfaltata e prendiamo subito per via della Rosa, di fronte a noi e ben riconoscibile per la presenza di un ambulatorio veterinario. Andiamo avanti per circa 10 minuti, uscendo dal paese e trovando prima un’edicola votiva a sinistra e quindi un bivio che ci indica Colognole andando avanti e Ricaldo invece a destra.Scendiamo per Ricaldo, ora nel bosco, ora uscendo verso i coltivi ed in altri 20 minuti siamo ai lavatoi del Gabbro, di cui si ha notizia fin dal tardo ‘600. Una breve visita e risaliamo quindi per una stradina sterrata (a destra) che ci riporta sull’asfaltata in circa 20 minuti. Prendiamo ancora a destra per altri 10 minuti sulla provinciale ed iniziamo a scendere alla nostra sinistra, attraversando l'asfaltata e dopo circa m.200 (ben evidenti i cartelli che indicano la direzione da seguire, seguendo il sentiero 199). Ci aspetta adesso un saliscendi di circa h.1, per zone boschive, sterrati e canneti e viottoli lastricati di massi, vestigia degli antichi tracciati, finchè, dopo aver guadato il botro Riardo, saremo ad un cancello grigio dove gireremo a destra (a sinistra si andrebbe al ponte romano). Altre h.0,45, andando a diritto per h.0,20, finchè, alla nostra sinistra, troveremo un breve stradello a fondo chiuso ma noi gireremo invece alla prima carrareccia a destra. In altre h.0,30 saremo al botro Sanguigna ed ai suoi mulini e, girando a destra e seguendo il corso d’acqua termineremo la nostra passeggiata, risalendo per circa h.0,20 (unica salita impegnativa) per arrivare al campo sportivo prima e dopo ancora al parcheggio dove avremo lasciato le auto. Trekking di h.3.30/4 + soste, media difficoltà e con piccoli tratti da guadare
L’escursione ci porterà dove il torrente Chioma è raggiunto dall’affluente Quarata, per proseguire nell’ampia valle collinare che lo conduce a Quercianella, ampio ed in un letto ben scavato. L’itinerario è naturalistico, poiché passeremo per una delle zone dove iniziò l’esondazione del Chioma, nel settembre ’17 , ma anche storico, poiché da Nibbiaia ripercorreremo i sentieri che portavano alla macchia i partigiani del Decimo Distaccamento Oberdan Chiesa della Terza Brigata Garibaldi e quindi alla così detta “grotta dei banditi”, dove trovavano momentaneo rifugio.
La “grotta dei banditi” è a neanche un paio di chilometri dal Castellaccio ed era il luogo dove si rifugiavano i partigiani del Decimo Distaccamento Oberdan Chiesa della Terza Brigata Garibaldi, insieme ai tanti giovani alla macchia che, dopo l'8 settembre’43, fuggivano dal reclutamento forzato fra i repubblichini e dai rastrellamenti dei tedeschi (ricordiamo che la strage di Sant’Anna di Stazzema avvenne nell’agosto del’44 e quindi che la guerra era tutt’altro che finita). La zona “Quarata” è impervia e boscosa ma, conoscendone i sentieri, non sarà difficile arrivarci a partire da Nibbiaia. L’escursione ha una notevole valenza paesaggistica ed evidentemente anche storica, sviluppandosi per i 2/3 nel folto del sottobosco collinare e per 1/3 su strade vicinali, ad uso dei numerosi poderi della zona. Dettaglio: seguendo il sentiero 00 in discesa (segni bianco/rossi), si arriva al podere del Gorgo dove, per una carrareccia, prenderemo la direzione Quarata per salire verso una casa colonica bianca, in alto sulla collina e a destra. Ci addentreremo quindi nella macchia, arrivando ad uno spiazzo aperto con evidente bivio da dove, in discesa, ci porteremo alle grotte (dei banditi dal tedesco banditen), da dove, visitati questi anfratti naturali, sempre in discesa, chiuderemo il nostro anello in circa h.4.30 di cammino.I mulini lungo il torrente Lòmbrici. Alle pendici delle montagne che circondano Camaiore si trova un luogo incantevole, in una zona ad alto valore paesaggistico e storico la cui natura è incontaminata, con il torrente che crea piscine naturali e cascatelle di rara bellezza. Sulle pareti rocciose laterali esistono poi alcune tra le palestre di roccia più interessanti dell’Italia centrale e lungo la via d’acqua, riccamente verde, sono disseminati numerosi opifici di epoca pre-industriale. Dei 40 mulini, pastifici e frantoi, tutti azionati tramite l’energia idraulica ricavata dalla forza propulsiva del torrente ed uno dei quali troviamo addirittura documentato a Casoli sin dal 1347, rimangono tuttavia ad oggi soltanto dei ruderi, benchè ne sia previsto un recupero strutturale. L’escursione non presenta difficoltà e viene abbinata alla raccolta delle castagne nei boschi sovrastanti che raggiungeremo in auto nel pomeriggio, lasciando tuttavia la possibilità, per chi volesse camminare un po’ di più, di raggiungere il borgo di Metato per il "Sentiero do Saudade" (h.1.30), dedicato ai soldati brasiliani che lo percorsero nel 1944 per scollinare il monte Prana, dove ci ricongiungeremo tutti insieme.
Lasciata l’auto in località Candalla (dove la strada finisce), si attraversa il ponte sul torrente Lombricese e si prosegue lungo il sentiero che costeggia il torrente stesso, e trascurando la deviazione per Casoli a sinistra. Alla destra è ben visibile un’imponente parete di roccia. Trascurare la deviazione a destra (sentiero con balaustra) che conduce al torrente ed alla vicina palestra di roccia. Si incontrano i primi ruderi (ex pastificio) e si prosegue ancora per una decina di minuti lungo la traccia, fino a giungere ad una biforcazione in prossimità di due grossi massi. Pochi metri oltre i massi, un guado facilmente superabile porta ad altri ruderi di vecchi mulini. Se si volesse proseguire verso Metato o verso Casoli, entrambi luoghi caratteristici meritevoli di essere visitati, basta salire a sinistra e superare una grossa pietra sul sentiero per arrivare allo stradello che porta a sinistra a Casoli (h.0,15) ed a destra a Metato (h.1,30)..Per Candalla si chiuderà poi l'anello, in discesa, seguendo le indicazioni nella piazzetta del paese.
Domenica di marzo: l’area boschiva del Cisternino di Pian di Rota ed "il risveglio muscolare"
Spesso
andiamo in cerca di aree verdi lontano dalla città quando invece le abbiamo e
belle proprio fuori porta, nella zona del Cisternino di Pian di Rota ad esempio.
A partire dai Bagnetti, una delle ultime costruzioni di
Pasquale Poccianti,
costruiti tra il
1843 ed il
1844 nella
campagna intorno alla città per rappresentare il nuovo centro di attrazione dei
villeggianti dell'epoca, stante la presenza di alcune polle d'acqua solfurea
idonee per lo sfruttamento termale, seguiremo il corso del rio Puzzolente nel
suo andare a nord verso il torrente Ugione, per sentieri recentemente riadattati
all’attività dei taglialegna e, seguendo campi incolti prima e tracciati nella
macchia poi, dove il leccio si alterna al Cerro e alla Rovella, descriveremo un
anello di circa h.3/3.30. L’escursione è quasi una passeggiata, con percorso
pianeggiante e nel verde, appena macchiato da ginestroni e cisto bianco che
cominciano a fiorire proprio in questo inizio di primavera e, se non
disturberemo troppo con il nostro chiacchiericcio l’avifauna locale, sarà bello
sentirsi accompagnati ora dai verso dell’Upupa, ora dal grido d’allarme della
ghiandaia che segnalerà la nostra presenza, come anche dal volo della poiana che
ci scruterà dal cielo. Nel corso dell'escursione un esperto introdurrà i
partecipanti alle metodiche del "risveglio muscolare", esercizi di preparazione
e completamento dell'attività motoria Percorso: dai Bagnetti prendiamo a sinistra del ponte e
devieremo per la salitella che troveremo alla nostra sinistra. Prima il bosco,
poi una radura ed ancora il bosco e saremo in vista degli archi dell’acquedotto
dove noi prenderemo a destra, lungo i campi e costeggiando una distesa di grano
selvatico. Andiamo adesso sempre a diritto per entrare in un bosco più fitto di
lecci e querciformi, trovando un bivio che dovremo prendere a sinistra
perché a
destra andremmo al monte La Poggia. Il sentiero diviene adesso più largo e battuto e ci
riporta alla radura di prima, da dove in poco tempo si ritorna, non prima però di aver
seguito un percorso nella macchia molto frequentato dai numerosi cinghiali che
vivono in queste selve.
I Bagni nell’Acqua… Puzzolente ………..
"Lasciammo a destra la strada del Limone e da mano sinistra è una pozza o Lagunetta formata da una sorgente di Acqua Sulfurea fredda, la quale a cagione del gran fetore, viene in Livorno chiamata l'Acqua Puzzolente […] L'acqua assaggiata non ha sapore, né acido di alcunasorta in se, ma puzza di Uova sode. Ella fa bene per i Mali cutanei". Così scrisse Giovanni Targioni Tozzetti nelle sue "Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana" del 1786.Per sfruttare le proprietà dell’acqua solforosa i proprietari della tenuta Limone affidarono all'architetto Poccianti la realizzazione dei bagni della Puzzolente, iniziati nel 1843 e inaugurati nel 1844. L’edificio ha pianta rettangolare con due emicicli che contenevano ognuno otto bagnetti. A poca distanza dietro le terme vi è un'altra costruzione a forma di tempietto rotondo dove sono riunite e allacciate tutte le polle. Qui la pompa aspirante raccoglieva l'acqua che veniva riscaldata e diramata nelle diverse cabine. A quell'epoca Livorno, con le sue 12 sorgenti, era un famoso centro termale. Anche la fonte Puzzolente ebbe successo, infatti nell'anno 1876 usufruirono di tali impianti circa 9.720 persone e furono praticati giornalmente oltre 90 bagni. “Molto potremmo dire sopra felici risultati ottenuti dall'uso di quest'acqua e si potrebbero ancora allegare numerosi attestati di persone ammalate che ricuperarono la salute, o trovarono nell'acqua puzzolente alleviamento alle loro sofferenze” (G.Orosi, 1845). Col volgere dei tempi però, con la scoperta di nuove acque simili, con le comodità sempre maggiori che nuovi stabilimenti offrivano ai frequentatori, dopo un lento e graduale decadimento, i bagni della Puzzolente furono chiusi al pubblico nell'anno 1897 ed adibiti ad uso di magazzini e di cantina di vino e le acque furono abbandonate per i fossi adiacenti. Da - http://www.webalice.it/diego.guerri/EeP/guida_boschi_rid.p
altra proposta analoga:
l’area boschiva del Cisternino di Pian di Rota ed "il risveglio muscolare" - Spesso andiamo in cerca di aree verdi lontano dalla città quando invece le abbiamo e belle proprio fuori porta, nella zona del Cisternino di Pian di Rota ad esempio. A partire dai Bagnetti, una delle ultime costruzioni di Pasquale Poccianti, costruiti tra il 1843 ed il 1844 nella campagna intorno alla città per rappresentare il nuovo centro di attrazione dei villeggianti dell'epoca, stante la presenza di alcune polle d'acqua solfurea idonee per lo sfruttamento termale, seguiremo il corso del rio Puzzolente nel suo andare a nord verso il torrente Ugione, per sentieri recentemente riadattati all’attività dei taglialegna e, seguendo campi incolti prima e tracciati nella macchia poi, dove il leccio si alterna al Cerro e alla Rovella, descriveremo un anello di circa h.3/3.30. L’escursione è quasi una passeggiata, con percorso pianeggiante e nel verde, appena macchiato da ginestroni e cisto bianco che cominciano a fiorire proprio in questo inizio di primavera e, se non disturberemo troppo con il nostro chiacchiericcio l’avifauna locale, sarà bello sentirsi accompagnati ora dai verso dell’Upupa, ora dal grido d’allarme della ghiandaia che segnalerà la nostra presenza, come anche dal volo della poiana che ci scruterà dal cielo. Nel corso dell'escursione un esperto introdurrà i partecipanti alle metodiche del "risveglio muscolare", esercizi di preparazione e completamento dell'attività motoria, adesso che questo inizio di primavera comincia ad indurci di nuovo al movimento.
L’Acquedotto del Limone, andando verso il monte La Poggia (colline livornesi)
descrittivo -
All’altezza del ponte in cemento, dopo i vecchi bagni della Puzzolente si va a destra e si procede a diritto per uno stradello che collega tra di loro i diversi poderi e orti della zona e lo si segue per circa h.0,45. Arrivati ad un bivio, lasciamo questa carrareccia e, dove vediamo una sbarra bianco/verde che ci segnala che siamo nel Parco, giriamo ed entriamo nel bosco. Risaliremo adesso il rio dell’acqua puzzolente per circa h.1, dovendolo guadare di traverso per alcune volte. L’ultimo tratto di questo itinerario è in leggera salita per altri h.0,15 (unico tratto con una pendenza noiosa) e ci vede sbucare sotto il monte La Poggia, proprio sotto la zona della cava del Canaccini. A questo punto prendiamo lo stradello asfaltato alla nostra destra e in discesa per circa h.0,20, finchè troveremo un bivio che scende a destra (a sinistra vedremo un viale alberato a cipressi, che sale), prima per h.0.30 di stradello sassoso e dopo, entrando nel bosco per altre h.0.20, uscendone infine sulla sinistra trovando una rete divisoria lunghissima che seguiremo, non lasciando il bosco finchè non arriveremo alla zona degli oliveti. Scendiamo a diritto tra gli olivi, leggermente sulla destra ed eccoci nuovamente alla fonte della Puzzolente in altri h.0,45 (volendo possiamo anche restare a contatto della rete divisoria ed andare a trovare lo stradello che porta alla fattoria didattica del limone) dove prenderemo a destra per tornare alle auto. Totale circa h.4 a/r (escluse soste) – dislivello ca mt.300
L’acquedotto del Limone e l’approvvigionamento idrico di Livorno
L’acqua di questo acquedotto, proveniente da sorgenti della zona (ancora oggi utilizzate ad uso agricolo locale), non serviva soltanto per la sopravvivenza delle popolazioni residenti, ma anche per il rifornimento di navi ormeggiate presso il vicino porto (porto pisano) e per il retroterra produttivo della zona, certamente fiorente vista l’attività del porto nelle varie epoche. Il termine Limone, con cui si definisce quest’area, non è da ricondursi a coltivazioni dell’omonimo agrume; essendo più probabile invece che derivi dal termine latino limus = fango, viste le caratteristiche del terreno che si presenta particolarmente fangoso.
Edificato seguendo un preesistente acquedotto romano che testimonianze archeologiche permettono di datare in un periodo compreso fra il I sec. a.C. ed il IV sec. d.C, con un approvvigionamento stimato per circa 8.000 persone, l’acquedotto di Limone venne approvato nel 1601 da Ferdinando I dei Medici, onde sopperire alla continua mancanza d’acqua potabile in cui si trovava Livorno e divenne la maggiore fonte di approvvigionamento idrico della città fino alla fine dell’Ottocento.
Da
dire che durante il Medioevo la cittadina di Livorno ebbe un forte incremento
demografico con un costante aumento del fabbisogno idrico giornaliero,
soddisfatto tramite la raccolta dell’acqua piovana in grandi cisterne e col
prelievo da pozzi posti nelle vicinanze degli abitati. Nel 1421 a Livorno si
contavano circa 1.200 abitanti e l’acqua potabile veniva cercata in fonti sempre
più lontane ( gli incaricati che si procuravano e smerciavano quest’acqua erano
detti acquaioli). Con la costruzione della Fortezza Vecchia (a.1530 circa) poi
ed il conseguente ampliamento dell’abitato di Livorno, la popolazione salì fino
a circa 1800 persone e quindi aumentò ulteriormente la necessità di acqua per
cui, sotto il governo di Francesco I de’ Medici, fù indispensabile pensare ad un
grande acquedotto che poi fu il Granduca Ferdinando I a realizzare e che entrò
in attività nel 1611, con il nome di Acquedotto di Limone o delle Vigne (
sorgenti ubicate sul Monte la Poggia). Questo permise l’ampliamento di Livorno e
quindi della sua demografia fino al 1645, quando si raggiunsero gli 8.000
abitanti. Un grande acquedotto si era reso indispensabile anche perchè agli
inizi del 1600, con i lavori necessari per la costruzione dei fossi, furono
interrotte numerose falde freatiche locali con in più la salinizzazione di
numerosi pozzi all’interno della città. Per sopperire a questo grave problema ci
si rivolse a sorgenti sempre più lontane dalla città, in particolare a quelle di
Limone, finchè nel 1732, anche l’acqua proveniente da quest’area non si rivelò
insufficiente per una popolazione che ormai contava 24.000 persone e che
raddoppiò entro il 1789. Fù allora che il sovrano Ferdinando III approvò il
progetto dell’Acquedotto di Colognole (1792) che entrò in funzione nel 1816 per
essere infine sostituito agli inizi del ‘900 con quello di Filettole che, con
dovuti ammodernamenti, approvvigiona ancora oggi la città.
approfondimenti:
http://www.archart.it/livorno-sorgenti-di-limone.html archeologia della costruzione
http://www.lalivornina.it/DESCRIZIONI%20PERSONAGGI%20FAMOSI/FERDINANDO%20I.htm Livorno ai tempi di Ferdinando I
http://wsimag.com/it/economia-e-politica/17471-emergenza-idrica-a-livorno emergenza idrica cittadina nel 1600
da Montemarcello a Tellaro (anello)
Dalla cima del promontorio del Caprione, immerso nella vegetazione mediterranea, lascia senza fiato il panorama del golfo di La Spezia a ovest e della fertile piana del fiume Magra, a est. Apprezzata dai Romani, che vi fondarono l'insediamento di Luni, l'area fluviale alterna coltivazioni e zone umide, ove nidificano uccelli acquatici, a settori assai compromessi. Il parco, nato dalla fusione del precedente parco fluviale e dell'area protetta di Montemarcello, rappresenta quindi un esperimento (riuscito!) di riqualificazione di zone degradate, tant’è che la porzione di Parco in cui andremo è veramente bella. Dal borgo di Montemarcello, con le sue viuzze strette che s'intersecano ad angolo retto, ricordano un "castrum" romano, saliremo verso l’orto botanico, splendidamente collocato sulla sommità di Monte Murlo, e sosteremo a Tellaro, piccolo borgo marinaro abbarbicato sopra una penisoletta rocciosa digradante ed ultimo abitato della riva orientale del Golfo dei Poeti. Il ritorno sarà per un sentiero a mezza costa, solo recentemente riaperto, attraverso tratti di macchia mediterranea che si alternano alla folta lecceta. Trekking di media difficoltà ma abbastanza lungo, con tratti segnalati come esposti in cui fare attenzione e salite/discese su terreni sconnessi (in particolare per Tellaro da Zanego). Tempo occorrente circa 5/5,30 ore.
Descrittivo: Una volta giunti a Montemarcello si parcheggia e si entra nel paese attraverso l'antica porta (scegliendo il parcheggio che incontriamo seguendo l'indicazione stradale a destra. A sinistra ne troveremmo un altro che per adesso trascuriamo). Proseguiamo a destra della chiesa parrocchiale dove si scende lungo una scalinata, al termine della quale si attraversa la strada asfaltata, percorrendo circa 100 metri in una stradina tra le case. Attraversata che avremo la strada e trovato un altro parcheggio, quello di cui si diceva prima e che però ci priverebbe della visita al borgo ed anche ai punti panoramici su punta Corvo, si scenderà l’asfaltata in direzione Lerici per 5 minuti, trovando un sentiero segnato ( a destra) che seguiremo fino a Tellaro (n°433).Nota - da adesso seguire sempre il n°433.
Saliamo a destra e ci inoltriamo per 30 minuti in una folta macchia a leccio, uscendone per ritrovare l’asfaltata e, dopo 5 minuti e sempre alla nostra destra, troviamo la continuazione del sentiero 433 per Zanego/Lerici, salendo per altri 15 minuti, in un bosco a pini d'Aleppo e lecci. Altro attraversamento dell’asfaltata ed altri 15 minuti, di salitella col selciato in pietra e due muri a secco che lo delimitano, ed arriviamo ad un punto panoramico, con apertura sul golfo dei poeti, la Palmaria e Porto Venere (siamo ad un bivio col sentiero 437, per l’orto botanico). Noi andiamo a diritto ed in altri 15 minuti siamo a Zanego, nella zona dei coltivi e degli orti e poi tra le case della piccola frazione.
Siamo adesso nuovamente sull’asfaltata che attraversiamo, col ristorante Pescarino davanti a noi, dove, seguendo i segni bianco/rossi tracciati sul muro ( alla nostra destra) scendiamo per 20 minuti il sentiero, tra le abitazioni, arrivando alla segnalazione per Tellaro, davanti a noi ed in discesa ed Ameglia, in discesa ma alla nostra destra. Fin qui sono passate circa h.1.45/2.
Scendiamo per Tellaro, facendo attenzione al fondo sconnesso ed a alcuni punti franati e non troppo larghi. Altri 60 minuti e, passato il bivio per Portesone e Lerici, infine arrivati a Tellaro (borgo incantevole!)in altri 10 minuti, torniamo indietro per il sentiero 444, recentemente riaperto dal CAI di Sarzana e segnalato come con tratti potenzialmente pericolosi e da percorrere con molta attenzione, ed in altre h.1,45 a mezza costa torniamo a Montemarcello e volendo a punta Corvo (bellissimo promontorio ma cui si arriva dopo una scalinata con ben 700 gradini!). Trekking di media difficoltà ma abbastanza lungo, con tratti segnalati come esposti ed in cui fare attenzione. Salite/discese su terreni sconnessi (in particolare per Tellaro da Zanego). Tempo occorrente circa 5/5,30 ore.
Alle pendici del monte Pisano c’è un’area posta ai margini dell’ex lago di Bientina, oggi prosciugato per interventi di bonifica intorno all’anno 1850, con flora e fauna tipici delle aree palustri, oggi sempre più rarefatte e soggette ad azioni di degrado, che vale la pena di conoscere ed apprezzare: il bosco Tanali.
La zona, con prati umidi periodicamente allagati, pagliereti,
boschi umidi ad ontano nero,
canneti e piccoli specchi
d’acqua, offre ambienti
importanti per la vita di
molte specie, sia botaniche
che animali, tipo l’avifauna
migratrice oppure i suoi
antagonisti rapaci (la
poiana, l’albanella o anche
il
falco
di palude, sebbene più
raro).
L’escursione, semplice ma suggestiva, ci condurrà gradatamente
verso la parte più interna
dell’area, attraversando in
sequenza le comunità
vegetazionali principali
(bosco mesofilo, bosco
igrofilo, canneto/cariceto)
terminando, con
l’attraversamento di un
pontile di legno, in un
capanno per l’avvistamento
degli uccelli.
Nota storica:
Il lago di Bientina o di
Sesto (Lacus Sexti) fino
alla prima metà
dell’ottocento costituiva il
lago più grande della
Toscana. Nel 1852 il
Granduca Leopoldo II di
Lorena, approvò il progetto
di bonifica di Alessandro
Manetti con il quale fu
realizzata la deviazione del
Canale Imperiale sotto
l’alveo dell’Arno grazie a
un condotto
Dal sito della regione
toscana
Riserva Regionale: BOSCO DI TANALI (PI)
Atto istitutivo: Delibera della Giunta Provinciale di Pisa n. 77 del 12/04/2010
Estensione: 175 ettari
Descrizione:
Situata ai margini dell'ex
alveo del Lago di Bientina,
occupa un'area di 175
ettari, ricca di fauna e di
flora. Agli inizi del secolo
scorso il territorio, antico
lembo Tale bacino,
con il trascorrere del
tempo, ha contribuito alla
creazione e al mantenimento
di un ambiente umido di
grande interesse
naturalistico. L'area
presenta attualmente una
grande varietà di ambienti
che, sotto l'aspetto vegetazionale, si possono
distinguere in quattro
differenti habitat.
L’'associazione vegetale più
importante è il bosco
igrofilo caratterizzato,
nelle specie arboree, dalla
prevalenza di ontano nero e,
nella flora tipica dei suoli
inondati, dalla presenza
della più grande felce
italiana e di varie liane
rampicanti. Nei terreni dove
l'allagamento è ridotto si
estende il bosco mesofilo,
caratterizzato nella sua
specie vegetale da ontano
nero, pioppo bianco, farnia,
sambuco e salicone. La parte
più orientale del bacino di
colmata è occupato da una
vegetazione uniforme a
cannella palustre. Il
canneto è estremamente
importante per la
nidificazione di molte
specie ornitiche, mentre
nelle parti più depresse del
canneto stesso vegetano i
grandi carici, una specie
palustre in via di
estinzione. All'interno del
cariceto è stata rinvenuta
la primulacea Hottonia
palustris, pianta rarissima
in tutta l'Italia
peninsulare e probabile
unico esemplare superstite
nel Padule di Bientina. Le
raccolte di acqua sottoposte
ad essiccamento estivo
vedono lo sviluppo di
vegetazioni di prato umido
che annoverano specie molto
rare come la Ladwigia
palustris. Le piante
idrofite, necessitando della
presenza d'acqua per
l'intero ciclo vitale,
vivono confinate in alcuni
canali e fossi; tra di esse
meritano menzione il morso
di rana, la ninfea bianca,
la rarissima erba scopina e
l'erba vescica, pianta
carnivora il cui nome
volgare è attribuibile alla
presenza di piccole
vescicole sulle foglie atte
alla cattura di piccoli
invertebrati acquatici. La
ricchezza degli ambienti
vegetazionali dell'area, la
cui variabilità è
incrementata dal periodico
allagamento di alcune zone,
che determina un’ulteriore
diversificazione stagionale,
favorisce la presenza di
numerose ed interessanti
specie animali. Le specie
vertebrate presenti sono
strettamente condizionate
dalla ricchezza di acqua;
tuttavia non manca una fauna
meno legata a questo
particolare ecosistema.
Negli ambienti palustri sono presenti specie nidificanti quali il pendolino, la cannaiola, il cannareccione, il bengalino comune e la gallinella d'acqua. Durante le stagioni invernali è presente il migliarino di padule in migrazione e l'usignolo di fiume che è nidificante. Tra gli ardeidi è stata rilevata la presenza dell'airone cenerino, soprattutto in autunno e inverno, della garzetta durante il periodo primaverile e dell'airone guardabuoi. In estate sono avvistabili l'airone rosso, la garza ciuffetto e la nitticora. Tra gli anseriformi sono stati osservati il germano reale, l'alzavola (nella stagione invernale) e la marzaiola. I rapaci avvistabili con più frequenza sono la poiana (tutto l'anno), il nibbio bruno (durante le stagioni migratorie), il falco di padule e la albarella reale (in inverno). I falconiformi sono rappresentati dal gheppio e dallo smeriglio; gli strigiformi da civetta, barbagianni, allocco e assiolo, presente durante la stagione riproduttiva. Il bosco è visitato regolarmente dal picchio verde e dal picchio rosso maggiore. La presenza d'acqua limitata al periodo fra l'autunno e la primavera costituisce l'habitat ideale per le specie di anfibi che trovano nel vicino bosco un rifugio ottimale per trascorrere gli stati di ibernazione ed estivazione. Le specie di anfibi avvistate sono cinque: il tritone punteggiato, il rospo, la raganella, la rana agile e il complesso delle rane verdi. I mammiferi presenti a Tanali sono il cinghiale, l'istrice, la volpe, la talpa e il riccio. All'interno della riserva sono presenti due strutture che fungono da osservatori, fruibili su richiesta.
Indirizzo: Regione Toscana Direzione Ambiente ed Energia Settore Tutela della Natura e del Mare Indirizzo sede centrale: Via di Novoli 26 - 50127 Firenze
Info dettagliate sul web a:
http://www.centrornitologicotoscano.org/site/pub/Pagina1.asp?IdPaginaTestuale=tanali
http://www.centrornitologicotoscano.org/site/pub/Index.asp
http://www.zoneumidetoscane.it/it/le-aree/bosco-di-tanali/lambiente
https://www.comune.bientina.pi.it/it/Informazioni/Oasi.html
https://www.comune.bientina.pi.it/it/Informazioni/Oasi.html
http://www.legambientevaldera.it/bosco_tanali_9.html
Come arrivarci? Fornacette, Bientina e quindi frazione Caccialupi (direzione Lucca) poi, trovato un distributore Total si parcheggia e si torna indietro a piedi per m.50 e si trova l’indicazione del bosco.
ll Padule di Fucecchio
Il Padule di Fucecchio ha un’estensione di circa 1800 ettari, divisi fra la Provincia di Pistoia e la Provincia di Firenze; se pur ampiamente ridotto rispetto all'antico lago-padule che un tempo occupava gran parte della Valdinievole meridionale, rappresenta tuttora la più grande palude interna italiana. La zona naturalisticamente più interessante è situata prevalentemente nei Comuni di Larciano, Ponte Buggianese e Fucecchio. Da un punto di vista geografico, il Padule è un bacino di forma pressappoco triangolare situato nella Valdinievole, a sud dell’Appennino Pistoiese, fra il Montalbano e le Colline delle Cerbaie. Il principale apporto idrico deriva da corsi d’acqua provenienti dalle pendici preappenniniche. L’unico emissario del Padule, il canale Usciana, scorre più o meno parallelamente all’Arno per 18 chilometri e vi sfocia in prossimità di Montecalvoli (PI). Il valore di quest’area è incrementato dalla sua contiguità con altre zone di grande pregio ambientale: il Montalbano, le Colline delle Cerbaie ed il Laghetto di Sibolla, collegato al Padule tramite il Fosso Sibolla. La Riserva Naturale del Padule di Fucecchio è dotata di strutture per la visita che comprendono anche tre osservatori faunistici, uno dei quali realizzato tramite la riconversione di uno dei caratteristici casotti del Padule.
1) Riserva Naturale del Padule di Fucecchio - Area Le Morette (itinerario mattutino)
L' escursione di oggi ci porterà
nella Riserva Naturale del
Padule di Fucecchio ed in
particolare nell'area de Le
Morette, raggiunta dopo una
breve sosta al Centro Visite di
Castelmartini per prendere
visione dell'area prima della
nostra passeggiata
naturalistica.
Il sentiero è
pianeggiante e consente di
ammirare paesaggi suggestivi
fino ad arrivare all'antico
Porto de Le Morette.
L'itinerario ci porterà nel
cuore della palude a raggiungere
il Casotto del Biagiotti, da
molti anni adibito ad
osservatorio faunistico
dell'area protetta, con
un’ottima visuale sugli specchi
d’acqua della Riserva Naturale
e, se la stagione sarà stata
piovosa, sulle
numerose specie di uccelli acquatici presenti: gli aironi europei, che nidificano in grandi colonie sugli alberi e nel canneto, gli Svassi maggiori nelle acque più profonde e gli eleganti Cavalieri d'Italia sulle rive degli argini. Arrivati all'area Righetti (più protetta) torneremo indietro per portarci poi a Monsummano Alto ed alla Rocca. Nota: portare un binocolo perchè ovviamente le nidificazioni sono lontane dalla presenza umana.
note più approfondite in: http://www.zoneumidetoscane.it/it/le-aree/padule-di-fucecchio/lambiente.
2)
Visita alla rocca fortificata di
Monsummano Alto
(visita pomeridiana)
Il colle di Monsummano
costituiva un luogo viario
strategico, in posizione
dominante sul Padule di
Fucecchio e sulla Valdinievole,
e per questo fu fortificato
almeno dall'XI secolo con un
sistema difensivo accresciuto ed
ampliato nel corso del
tempo.Dell'antico castello si
conservano oggi i resti della
cerchia ellittica delle mura,
che lo cingevano per un
perimetro di circa due
chilometri e due delle tre porte
di accesso: la porta di "Nostra
Donna" e quella detta "del
Mercato" verso il colle di
Montevettolini.
Delle numerose torri di cui era
munito il castello resta,
all'estremità occidentale della
cinta muraria, una robusta e
imponente torre pentagonale,
databile nella sua forma attuale
agli inizi del XIV secolo.
L'edificio meglio conservato del
borgo è la Chiesa di San Nicolao,
prospiciente l'antica platea
communis, fondata nell'XI secolo
e compresa nel plebato di Neure
(o deMontecatino), entro la
diocesi medievale di Lucca. Di
fianco alla chiesa è presente
una terrazza panoramica naturale
con l'antica chiesa di San
Sebastiano, di fronte alla quale
recenti scavi hanno portato alla
luce le fondamenta di due
edifici, dove sono stati
rinvenuti frammenti di ceramica
di varie epoche. Seminascosti
dalla boscaglia che circonda il
nucleo centrale del castello si
conservano ad ovest i resti di
un convento e nella zona
orientale, nei pressi della
torre, i ruderi dell'antico
Spedale di San Bartolomeo. Dalla
cima del Colle si ha una visuale
unica sul Padule di Fucecchio,
sui castelli della Valdinievole
e sul Monte Pisano; nelle
giornate più limpide lo sguardo
arriva fino alle
colline livornesi, alle balze di
Volterra e alle torri di San
Gimignano.
Tre
giorni in Casentino:Lago di Londa, pieve Santa Maria delle Grazie e visita a Poppi
Pieve di Romena/ castello di Romena/ visita al castello
Camaldoli – percorso natura 3 - 2km 100 dislivello o 3km 300 dislivello
Loro Ciuffenna/ Pieve di Gropina/Borro
Nota: Alloggio a La Torricella a Poppi, scelto per comfort, buona cucina con porzioni generose, cordialità ed equidistanza dalle località prescelte per l’occasione
In auto - A Scandicci uscire dalla FI.PI.LI per Roma (poi altra uscita a Firenze sud) quindi andare x Pontassieve, Rufina, Londa. h.2,30.
Primo giorno
Lago di Londa , grazioso laghetto, molto verde, con tavoli, balneabile e percorribile per passeggiata tutto intorno
pieve Santa Maria delle Grazie (a 4 km da Stia, lungo la strada per Londa, si trova il Santuario di Santa Maria delle Grazie, costruito sul luogo dove, secondo la tradizione, nel 1428 apparve la Madonna ad una contadina.
La chiesa conserva intatto l’impianto quattrocentesco arricchito da splendide terrecotte di Andrea della Robbia. Annesso alla chiesa si erge maestoso ed affascinante il chiostro dell'antico monastero, memoria storica della funzione che questo complesso ebbe come abbazia succursale di quella di Vallombrosa.
Alloggio in albergo e visita al centro storico di Poppi (parcheggiare dopo il monumento ai caduti e prendere a destra, dove si legge tennis campaldino), uno dei borghi medioevali più belli d’Italia
Secondo giorno
Pieve di Romena/ castello di Romena (raggiungibili in auto)
L’antica pieve romanica di
Romena è il cuore della
fraternità. In una valle intrisa
di spiritualità (in Casentino,
Toscana), tra Camaldoli e La
Verna, Romena si propone come un
possibile crocevia per tanti
viandanti del nostro tempo.
Come per i pellegrini del Medio
Evo, in marcia verso Roma, la
pieve rappresentava un punto di
riposo dove fermarsi per una
notte, rifocillarsi e ripartire,
così oggi la Fraternità vuol
offrire un luogo di sosta ai
viandanti di ogni dove.
https://www.romena.it/la-pieve/
10/14.30 15.30/20 Pranzo a ROMENA RISTORA 10 - 17
castello di Romena h.10/13.30 – 14.30/19 Gi.Ve.Sa. festivi
Il castello di Romena, uno dei più maestosi castelli monumentali dei Conti Guidi del Casentino, sorge su un colle di 626 m s.l.m a sbarramento del Fiume Arno e in posizione centrale nell’Alto Casentino Fiesolano, nell’attuale Comune di Pratovecchio Stia. Conserva le vestigia della sua antica grandezza nelle strutture dell’area del cassero, di tre grandi torri fortificate e di varie parti delle tre cerchie fortificate concentriche disposte su diverse quote che ne testimoniano le varie fasi costruttive a cui andò incontro tra XI e XIV secolo.
Fondato dai Marchesi di Spoleto presumibilmente nel corso dell’XI secolo, conobbe una seconda fondamentale fase edificatoria dopo che, nel corso del XII secolo, entrò a far parte dei possessi dei Conti Guidi arrivando al massimo splendore architettonico, come i castelli di Porciano e Poppi, durante il XIII secolo, all’epoca di Dante Alighieri. Alla metà del 1300, fu ceduto tramite vendita dai Conti Guidi alla Repubblica di Firenze divenendo sede di un Comune e di un Ufficialato. Il complesso, così come lo possiamo ammirare ancora oggi, ha un orientamento sud/est – nord/ovest ed è frutto, soprattutto, dell’attività edificatoria raggiunta nel corso del 1200.
Alla fine del 1700 il castello venne messo all’incanto pubblico e venne in seguito acquistato dai conti Goretti de’Flamini che ne detengono la proprietà ancora oggi. All’inizio del XX secolo, inoltre, e, più precisamente, nel 1902, il poeta Gabriele d’Annunzio fu ospite dei conti Goretti e qui avrebbe scritto gran parte dell’Alcyone. Dopo i restauri della metà degli anni ’50 del XX secolo, il castello ha assunto l’attuale fisionomia architettonica, rimanendo uno dei monumenti castellani più significativi del Casentino e della Toscana.
Ritorno all’hotel e visita al castello di Poppi (controllare orari e prevedere almeno h.1/1,30 di visita). POPPI : https://www.viaggiesorrisi.com/cosa-fare-e-vedere-a-poppi/
Terzo giorno
MONASTERO - 9.00 - 13.00 e 14.30 - 19.30
Cosa vedere?
-
Il Monastero di Camaldoli
-
L’Antica Farmacia dei monaci camaldolesi
-
Il Sacro Eremo di Camaldoli
-
La Foresta (a piedi, prendere il sentiero natura 3, a salire a sinistra dall’asfaltata dove c’è il punto info). Percorso ad anello con dislivello m.100 di h.2 circa.
Nota: All’eremo ci si può arrivare sia in auto che a piedi, per un sentiero in faggeta di circa 3 km ma con dislivello di m.300.
EREMO - Da Lunedi al Sabato: 9.00 - 12.00 e 15.00 - 18.00
EREMO DI CAMALDOLI
Il complesso fu realizzato da San Romualdo nel corso dell'XI secolo. Intorno al 1012 arrivò in mezzo alle foreste casentinesi e decise di fondare un eremo in mezzo alla natura. Qui furono erette 5 celle e un piccolo oratorio dedicato a san Salvatore Trasfigurato. In un secondo momento furono aggiunte 15 celle al nucleo originario della struttura. Durante il medioevo divenne un importante centro culturale e, molti anni più tardi fu sede dell'Accademia Umanistica. Il complesso architettonico è formato da un'antica Foresteria, dalla chiesa e dal monastero. Un cancello separa il cortile dalla zona riservata ai monaci che vivono in piccole celle.
Il Sacro Eremo venne fondato nel 1012 (data più certa) da San Romualdo che giunse qui in cammino da Ravenna. Si innamorò talmente tanto di questo luogo che il vescovo di Arezzo Teodaldo glielo diede in regalo.
San Romualdo creò qui una sua cella monastica insieme a qualche altro monaco, siamo intorno al 1023. Qui i monaci benedettini hanno scelto di vivere la loro vita, isolandosi dalla società, lontani dalla vita comune, dedicandosi alla meditazione e alla preghiera. Un tempo i monaci non potevano incontrare nessuno, oggi invece possono incontrarsi, ma solamente durante le messe e i pasti. Oggi sono 9 gli eremiti che hanno scelto la vita monastica! Pensa che il più giovane ha trent’anni. Oggi è possibile visitare solo alcuni ambienti: la foresteria, la chiesa, l'antica cella di San Romualdo e la sala dell'antico refettorio. Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il sito ufficiale http://www.camaldoli.it
Poppi – Loro Cuffenna – via Rassina e Terranova Bracciolini - 40 km. h.1 impostare navigatore
https://www.lamiabellatoscana.it/2015/10/loro-ciuffenna-ed-i-suoi-borghi-minori.html
Il piccolo borgo di Loro Ciuffenna (Ar), arroccato ai piedi del Pratomagno e sopra l’Area Protetta delle Balze a 330 metri di altitudine, è probabilmente il più caratteristico e ben conservato tra Firenze ed Arezzo. Fa parte dei Borghi più belli d’Italia e con le sue frazioni minori forma una delle aree geografiche più belle da vedere nel cuore della Toscana.
5 motivi per visitare Loro Ciuffenna
Il mulino ad acqua più antico della Toscana ed ancora funzionante;
La rossa Torre dell’Orologio che svetta tra i tetti del paese;
Per fare una passeggiata nella parte più vecchia del paese chiamata “il fondaccio” tra gli stretti vicoli e le caratteristiche case in pietra che si affacciano a strapiombo sul torrente Ciuffenna dove c’è anche il vecchio ponte romanico;
La casa-museo di Venturino Venturi;
Per visitare la chiesa dell’antico borgo medioevale dedicata a Santa Maria Assunta e l’Oratorio di Nostra Signora dell’Umiltà, poco fuori il centro storico, che conserva numerosi dipinti di pregio.
Nel vecchio borgo di Loro
Ciuffenna (Ar),
uno dei più caratteristici e
meglio conservati di tutto il
Valdarno Superiore, si trova
il più
antico mulino ad acqua della
Toscana ancora in
funzione. Fu costruito intorno
l’anno mille ai
margini di un orrido sul
torrente Ciuffenna.
Anticamente le sue sponde ospitavano diversi mulini ad acqua che poi con gli anni sono andati drasticamente dismessi. Nel dopoguerra se ne trovavano ancora sei, poi con lo spopolamento graduale delle campagne è rimasto solo quest’ultimo esemplare.
RITORNO: Loro Ciuffenna – Livorno km.150 h.2 x Firenze e quindi uscita Scandicci e FI PI LI
La pieve di San Pietro a Gropina, prima del borgo: un luogo di culto cattolico che si trova in località Gropina, nel comune di Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo. La chiesa costituisce uno degli esempi più alti dell'architettura romanica in Toscana.
La Pieve fu eretta attorno all’anno Mille e presenta una facciata in grandi bozze di pietra, con due monofore corrispondenti alle navate laterali e una bifora che sovrasta la porta d’ingresso, sull'architrave della porta è la data 1422, probabilmente riferibile ad uno degli interventi di restauro; lo stemma di Leone X che sovrasta l'architrave porta la data 1522.
Variante possibile, in sostituzione di Camaldoli, SANTUARIO DELLA VERNA (circa KM.50 PER H.1,20 di auto)
Individuerete senza indugio il Monte della Verna da ogni zona del Casentino e dell'Alta Val Tiberina. Infatti questo sperone di roccia ha una forma unica, la vetta è tagliata da tre parti. Per questo motivo La Verna è anche uno dei simboli più importanti del Casentino, sulla cui sommità sorge il bellissimo santuario francescano che si raggiunge anche attraverso un antico sentiero immerso nella natura.
Arrivare a piedi alla Verna significa fare un viaggio spirituale alla scoperta di sé stessi percorrendo l’antica via delle Foreste Sacre.
Il Santuario fu eretto intorno ai primi anni del duecento, dopo che il conte Orlando Cattani di Chiusi in Casentino donò a San Francesco il Monte della Verna.
OPPURE:
Poppi/lago di Ridracoli h.1 km 50 Poppi, Stia, passo della Calla, Campigna, Ridracoli
Un’oretta circa di cammino dal parcheggio di Ridracoli fino al rifugio che incontrerete sul sentiero, qui c’è anche un bel prato dove stendersi e riposarsi al sole..quindi portatevi con voi un bel plaid:D
Si parte dalla diga e tramite un percorso di 5 chilometri (andata e ritorno) e un dislivello di 150 metri si arriva a destinazione. Lungo la strada, che non presenta particolari difficoltà , sono numeros e tracce lasciate dall’uomo: la mulattiera, la Casetta Cà Margheritini, i muretti, il sentiero ciottolato… sino alla vista mozzafiato sul lago e sulla diga di Ridracoli.