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Parco Monti Livornesi

PROGRAMMA

contatti

 

1) programma primo semestre 2016     /////////     programma secondo semestre 2016

2) varie:

Si ricorda che le iniziative sono riservate agli associati, i quali, con il tesseramento annuale si rendono tutti compartecipi delle responsabilità e della gestione dell’associazione stessa. Chi non è socio può comunque partecipare una tantum alle escursioni, versando 5 euro che verranno considerate come acconto del successivo tesseramento, da effettuarsi in occasione di una prossima uscita ( €.15 singolo/€.20 familiare ).

L'iscrizione ha validità annuale, con rinnovo entro il mese di aprile dell'anno successivo e si può effettuare o partecipando ad un'iniziativa e versando la quota al referente dell'iniziativa stessa, che poi la consegnerà al tesoriere, oppure contattando direttamente il tesoriere: attualmente Luisa Rocchi - luisa.massimo@gmail.com - 349 7114943

note e regole di partecipazione:

1) tramite una mailing list vengono effettuate comunicazioni di vario tipo agli associati, dai periodici incontri nell'attuale sede (via Roma 230 c/o locali annessi al museo di storia naturale) ad eventi interessanti ma gestiti da altre associazioni etc.etc................chi vorrà ricevere tali informazioni è sufficiente che lo comunichi ad agireverde@tin.it .

2) per partecipare alle diverse attività dell'associazione si deve prendere atto che, diventando soci, ci si corresponsabilizza nella gestione dell'associazione stessa, divenendo tutti con eguali diritti/doveri e quindi è tacitamente inteso che, non esistendo accompagnatori professionali, i referenti occasionali che si prestano alla conduzione ed auspicati in rotazione, non saranno mai da considerarsi responsabili per eventuali incidenti possano verificarsi in occasione delle diverse iniziative. E' sottinteso come sia opportuno verificare le proprie condizioni fisiche prima di partecipare alle escursioni, benchè siano sempre previste per essere alla portata di tutti.

3) Partecipando ad una iniziativa, quando non previsto altrimenti, è opportuno farlo sapere entro il venerdi sera precedente, al più tardi (lasciando nome, numero di partecipanti e telefono) per essere avvertiti di eventuali mutamenti di programma anche all'ultimo minuto, senza correre il rischio di arrivare nel luogo dell'appuntamento quando questo è stato precedentemente annullato per maltempo o altro motivo.

4) Per favorire l'amalgama tra soci e direttivo (rinnovabile a scadenza, a norma di statuto) e far sentire tutti responsabili della crescita dell'associazione, intesa non solo come momento aggregativo ma anche come attrice di cambiamento in tema di politiche ambientali e salvaguardia del territorio, ogni primo mercoledi di ogni mese è indetto un incontro soci/direttivo in via Roma 230, c/o locali annessi al museo di storia naturale alle h.21.15.

programma:

Domenica 17 gennaio: il tempo delle bacche di mirto.

Domenica 31 gennaio: uscita invernale al monte Prana   

Domenica 14 febbraio: “la guerra del Fuoco”, videoproiezione ed invito alla riflessione

Domenica 28 febbraio: gli asparagi selvatici intorno a Santa Maria del Monte

05/06 marzo: Ciaspolata 2016, verso il lago Scaffaiolo

Domenica 20 marzo: alla diga del Muraglione, nella valle del botro Fortulla

Domenica 3 aprile: Naturalmente in bici, nel Parco di San Rossore

Domenica 10 aprile: Itinerari inediti nel Parco, da  Nibbiaia alle grotte dei banditi p

Domenica 24 aprile: passeggiando per le 5 terre   

Sabato 30/4 e domenica 01/05: due giorni in Alta Garfagnana

Domenica 15 maggio: a Malbacco, per la valle del fiume Serra   

Domenica 29 maggio: Da Casone di Profecchia, per un’antica via di valico

Domenica 2 giugno - giornata europea dei parchi, iniziativa interassociativa

Domenica 19 giugno: il lago di Gramolazzo e l’oasi di Campocatino RINVIATA PER PRESENZA TEMPORALI IN ZONA

Domenica 26 giugno: momento conviviale in azienda agricola ad Usigliano di Lari

SECONDO SEMESTRE 2016

 

Domenica 4 settembre: “Il Castello rivive”, festa medievale a Nozzano (Lu)

 

Domenica 11 settembre: Le dune costiere, dalla Riserva di Bocca di Serchio alla Riserva della Bufalina

Domenica 25 settembre: Da Casone di Profecchia, per un’antica via di valico

Domenica 9 ottobre: i santuari delle 5 terre

Domenica 23 ottobre: per baita Barsi, al monte Prana

Domenica 6 novembre: alla grotta dei banditi, da Nibbiaia

Domenica 20 novembre: le vigne e le cantine della Val di Cornia

Domenica 4 dicembre - le terme di Casciana

Sabato 10 dicembre - convivio degli auguri

Domenica 17 gennaio: il tempo delle bacche di mirto.

mirtoI boschi dei Monti Pisani sono dominati dal leccio ma molteplici sono anche i cespugli di pungitopo e di agrifoglio e generoso e popolato da cinghiali ed istrici è Il sottobosco dove un sottosuolo poroso di calcare assorbe velocemente l'acqua e favorisce lo sviluppo di una vegetazione sobria, con il cisto, il profumato elicriso, la solare ginestra e soprattutto il mirto, il cespuglio certamente più diffuso di questo ambiente mediterraneo  i cui frutti vengono utilizzati per la preparazione di un liquore che tutti noi conosciamo, ottenuto  per infusione alcolica delle bacche attraverso macerazione. Questo arbusto di bassa macchia mediterranea è diffusissimo in Sardegna e nel corso della passeggiata, Giovanna, originaria dell’isola e referente per l’occasione,  distribuirà una ricetta per la preparazione di questo liquore, ottimamente digestivo, tipica delle sue parti. L’escursione inizierà da una piccola località al confine con il comune di Calci: Agnano, situato in una vallata, dapprima ampia e cosparsa in ogni angolo di ulivi secolari, che poi, salendo, si stringerà inerpicandosi per attraversare zone di macchia, intercalate ora da altri oliveti ora da piante da frutto ma soprattutto da moltissimi pini e da altrettanti lecci.

Info: Giovanna Massidda - cell: 333 9055927

 

Domenica 31 gennaio: uscita invernale al monte Prana.

monte Pranail monte Prana fa parte di quelle che sono chiamate “le Apuane riposanti” e la sua salita non presenta eccessive difficoltà, potendosi godere dalla sua cima (brulla, slanciata e caratterizzata dalla presenza di un’alta croce) un bellissimo panorama sia sul mare versiliese che sulle Apuane meridionali.  Sono possibili diverse varianti di salita (da Metato, da Càsoli, da Lucese e dall’Alto Matanna) ma la montagna può essere facilmente raggiunta, anche in inverno quando vengono giustamente sconsigliate le vette più impegnative delle Apuane, seguendo il sentiero 104: da Metato, per arrivare ad una piccola valle sommitale, prima della cresta nord-ovest finale. Una grande croce in ferro, eretta nel 1968, è presente sulla cima del monte come simbolo di pace in memoria dei caduti di tutte le guerre ed a quella tenderemo, anche se sarà possibile fermarsi alla baita Delio Barsi, a metà strada, immersa nel verde e con una bella fonte d’acqua freschissima nei pressi. Trekking di media difficoltà. Info - Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

Domenica 14 febbraio: “la guerra del Fuoco”, videoproiezione ed invito alla riflessione. 

fuocoNella società contemporanea tutto è dato per scontato, soprattutto le fonti di energia, e nessuno di noi si domanda mai da dove derivi l’elettricità che utilizziamo né tantomeno quanta ne rimanga ancora: ce ne serviamo e basta. Proviamo però a tornare con la mente indietro di ottantamila anni e non troveremo bollette da pagare per risolvere il problema ma soltanto tante domande:- Dove trovo l’energia che mi occorre, come ne entro in possesso e come faccio ad averla ancora quando ne avrò bisogno di nuovo? In questa storia un gruppo di neandertaliani possiede il fuoco ma non è in grado di ricrearlo e per questa ragione lo custodisce gelosamente al fine di riscaldarsi, cuocere cibi, illuminare, scacciare bestie feroci e per quant’altro il fuoco possa servire per sopravvivere. Non sono loro però gli unici ad ambire a possedere la sacra fiamma ed ecco quindi che in seguito a un attacco da parte di un gruppo di homo erectus il fuoco si spegne miseramente in una palude e l’azione, da qui in avanti, si focalizzerà sui tre protagonisti, ovvero coloro che hanno il compito di trovare altro fuoco, in un’avventura che comprenderà lupi, mammuth, paure ed amori, fino ad un villaggio di  homo sapiens, che il fuoco non si limitano a proteggerlo…………Altra chiave di lettura potrebbe però anche essere che durante il lungo ed avventuroso viaggio dei tre protagonisti della nostra storia, gli stessi intraprendano una ricerca, oltre che del fuoco, della comprensione della propria umanità, di cosa li distingua cioè, in quanto animali umani, da tutti gli altri…………………

Appuntamento alle h.16 c/o Museo di Storia Naturale – via Roma 236 - sala conferenze.      Info - Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

Domenica 28 febbraio: gli asparagi selvatici intorno a Santa Maria del Monte.

asparago selvaticoDopo il lungo letargo invernale e con l’arrivo prossimo della primavera, le uscite all’aria aperta diventano sempre più gradite, perchè le giornate sono più lunghe, le temperature si addolciscono e la natura germoglia, vestendosi di nuovi colori e regalandoci il tempo della raccolta degli asparagi selvatici: i germogli di una pianta conosciuta come asparagina, un arbusto dalle foglie piccole e spinose che, con un po’ di occhio, è semplice individuare nel verde della macchia. I monti pisani sono particolarmente forniti di questo prodotto spontaneo della terra e noi, facendo bene attenzione a che la pianta madre non venga danneggiata da una “barbara” estirpazione, impedendole così di rigenerare l’anno dopo, ne andremo in cerca,  percorrendo alcuni dei sentieri intorno a Santa Maria del Monte, in zone tipiche di gariga, la vegetazione mediterranea ad arbusti bassi di questi ambienti.

Info: Giovanna Massidda - cell: 333 9055927

05/06 marzo: Ciaspolata 2016, verso il lago Scaffaiolo

ciaspolataVicini alla foresta biogenetica di Pian di Novello, area costituita da piante di faggio destinate alla produzione di semi e piantine, ma anche a due passi da uno dei laghetti naturali più suggestivi dell’Appennino, la ciaspolata che proponiamo quest’anno si svolge  nel comprensorio di Cutigliano, dal Passo della Croce Arcana al lago Scaffaiolo, zone che ben conosciamo per esserci stati l’autunno scorso. Il passo veniva utilizzato nel medioevo per valicare l’Appennino Tosco-Emiliano e transitare dalla Toscana verso l’ Emilia e viceversa ma collegava anche Lucca a Modena, già in epoca longobarda. Da qui il panorama che potremo ammirare sarà spettacolare e si aprirà, bianco di neve, sia sul versante modenese del Monte Cimone che su quello bolognese del Corno alle Scale. La ciaspolata andrà verso il lago, splendido quando ghiacciato, ed il rifugio duca degli Abruzzi. Nota: l’iniziativa è riservata agli associati Agire Verde con obbligo di prenotazione entro il 31 gennaio e versamento del 50%.

Info e dettagli - Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

 

Domenica 20 marzo: alla diga del Muraglione, nella valle del botro Fortulla

mappa fortullaUn percorso poco conosciuto lungo uno dei tanti "botri" che solcano la costa comunale a nord del torrente Fine, in una delle molte vallate delle Colline Livornesi. Per arrivare alla diga del Muraglione (scopo  principale dell'escursione) arriveremo presso Case S.Quirico, sulla direttiva Fortullino/Pian dei Lupi, da dove, scendendo lungo il poggio e passando vicino alla sorgente degli Occhi Bolleri (piccolissima sorgente ipotermale dalla quale fuoriescono anidride carbonica e solfidrato, dal caratteristico odore di uova marce), raggiungeremo il torrente Fortulla. Dopo averlo attraversato e proseguendo per un sentierino nella lecceta, proprio in fondo alla gola della Fortulla, raggiungeremo la Diga del Muraglione (vecchia struttura usata come invaso di acqua per la lavorazione dei minerali estratti nei primi decenni del 1900).Tempo di percorrenza, dalla partenza a piedi fino alla Fortulla, di circa 1 ora e mezzo/ due ore. Il percorso di ritorno sarà lo stesso dell'andata. La zona e' anche ricca di ingressi alle vecchie miniere di Magnesite, benchè pochi si possano raggiungere agevolmente in quanto ormai crollati ed abbandonati. Moltissimi gli affioramenti rocciosi, con ancora le tracce dei martelli dei cercatori di minerale di un passato non troppo lontano: magnesite, ma anche argilliti varicolori (galestri). Tutto il percorso sarà poi arricchito dai diversi profumi della Macchia Mediterranea, nella quale saremo per buona parte della camminata.

Info - Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

per maggiori dettagli vi rimandiamo a

http://www.lungomarecastiglioncello.it/ITINERARI_EXTRA/FORTULLA/~Fortullaind.htm

Domenica 3 aprile: Naturalmente in bici, nel Parco di San Rossore

biciclette a san rossoreLa Tenuta di San Rossore ha una storia antica e ricca di suggestioni ma ha anche la necessità di essere preservata nel tempo con tutti i suoi equilibri naturali, animali e vegetali, ed è per questo motivo che la frequentazione del Parco è regolamentata. L'escursione in bicicletta è stata da noi scelta perché offre la possibilità di percorrere in modo più ampio i viali ciclabili presenti all'interno della Tenuta, attraversando i boschi di maggior bellezza ed osservando un territorio che “stupisce ed istruisce”, perchè lo stupore suscitato dalla visita del parco fa nascere il desiderio di conoscere più profondamente la realtà che lo costituisce, le dinamiche che lo rendono vivo e l’origine dei suoni e dei colori che lo animano.

Una giornata particolare quindi, per dune, lame e pinete e boschi e paduli, insieme ad una guida ambientale che ci racconterà la vita quotidiana del Parco, della sua flora e dei suoi animali.

Nel pomeriggio potremo poi addentrarci a piedi lungo il percorso "Sabrina Bulleri", su un terreno la cui morfologia evidenzia rilievi dunali ed aree depresse e consente l'insediarsi di microambienti diversificati nelle componenti viventi e non viventi, con le specie arboree predominanti in San Rossore: il bosco di specie igrofile, il bosco misto di specie mesofite e il bosco tipico delle dune. Nota: per ottimizzare le necessarie prenotazioni della guida e delle bici è opportuno contattare il referente nella settimana precedente la  Pasqua). Info -Salvatore Picardi - 0586 861138 (ore serali) - 347 3637538 -  

Domenica 10 aprile: Itinerari inediti nel Parco, da  Nibbiaia alle grotte dei banditi

grotta banditiLa “grotta dei banditi” è a neanche un paio di chilometri dal Castellaccio ed era il luogo dove si rifugiavano i partigiani del Decimo Distaccamento Oberdan Chiesa della Terza Brigata Garibaldi, insieme ai tanti giovani alla macchia che, dopo l'8 settembre’43, fuggivano dal reclutamento forzato fra i repubblichini e dai rastrellamenti dei tedeschi (ricordiamo che la strage di Sant’Anna di Stazzema avvenne nell’agosto del’44 e quindi che la guerra era tutt’altro che finita). La zona “Quarata” è impervia e boscosa ma, conoscendone i sentieri, non sarà difficile arrivarci a partire da Nibbiaia. L’escursione ha una notevole valenza paesaggistica ed evidentemente anche storica, sviluppandosi per i 2/3  nel folto del sottobosco collinare e per 1/3 su strade vicinali, ad uso dei numerosi poderi della zona. Dettaglio: seguendo il sentiero 00 in discesa (segni bianco/rossi), si arriva al podere del Gorgo dove, per una carrareccia, prenderemo la direzione Quarata per salire verso una casa colonica bianca, in alto sulla collina. Ci addentreremo adesso nella macchia, arrivando ad uno spiazzo aperto con evidente bivio da dove, in discesa, ci porteremo alle grotte (dei banditi dal tedesco banditen), e, visitati questi anfratti naturali, sempre in discesa,  chiuderemo il nostro anello in circa h.4.30 di cammino.

Info - Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

 

Domenica 24 aprile: passeggiando per le 5 terre

5 terreUn percorso classico e di notevole interesse paesaggistico che verrà rivisitato in questo mese di aprile, non ancora affollato dai turisti come lo sarà invece d’estate. Il sentiero, comprendendo la famosa via dell’amore, unisce i paesi di Riomaggiore e Monterosso, passando per le altre tre Terre, Manarola, Corniglia, Vernazza e viene percorso in complessive cinque ore, ma, essendo i diversi borghi ben collegati tra di loro da una linea ferroviaria locale, non sarà necessario farselo tutto a piedi perché chi vuole potrà interrompere l’escursione riprendendola dal paese successivo, godendosi comunque i diversi panorami ad uno ad uno. PS: a La Spezia sarà necessario acquistare la trenocard, per spostarsi in treno ed accedere al Parco, al costo di €.12. Nota: Maggiori dettagli su luoghi e percorrenze sono inserite qui sotto

Info: Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

La Via dell'Amore
Riomaggiore-Manarola
Difficoltà nessuna - Km 1 - Durata 30'
Era il percorso pedonale, scavato nella roccia tra il 1926 e il 1928, usato dai ferrovieri per spostarsi tra le Stazioni di Riomaggiore e Manarola. Oggi è una piacevole, romantica passeggiata, alla portata di tutti. Sul percorso, nei pressi di Manarola, si trova il Bar dell’Amore, un punto di ristoro molto suggestivo, con balconata a picco sul mare.

Manarola-Corniglia
Difficoltà lieve
Km 2 - Durata 1h
dislivello m.120

Dalla Stazione di Manarola si percorre il tunnel e poi si svolta a sinistra verso la Marina, dove si può scegliere: o salire per l’antico selciato che passa accanto al cimitero, oppure percorrere la passeggiata a mare Birolli di Punta Bonfiglio, sino allo scalo di Palaedo, e da qui risalire per il nuovo “Sentiero delle Trasparenze Marine”, sino ad incrociare l’originario sentiero n. 2 in località Laghi(alt. mt 35). Qui la via pedonale assume un andamento dolce per tutta la lunghezza del sottostante Spiaggione di Corniglia. Superato il sottopasso ferroviario, il sentiero risale per arrivare in Stazione, dove c’è un punto di ristoro, e poi si arriva ai piedi della scalinata Lardarina, che porta al paese di Corniglia.

Corniglia-Vernazza
Difficoltà lieve - Km 4 - 1h 30' - dislivello 150m

A Corniglia si attraversa la strada carrozzabile e si imbocca il Ponte del Canale, sotto il quale scorre il Rio della Groppa. Si rasenta le mura di Casa Zattera e poi un uliveto ( da dove parte il sentiero /b che sale a Case Fornacchi) e si raggiunge un suggestivo punto panoramico. a strapiombo sulla spiaggia di Guvano. Si attraversa tutta la conca di Guvano, incontrando una piccola sorgente sotto la strada, e si trova un’area attrezzata. Ci si inerpica quindi sino alla quota più alta del Sentiero Azzurro, ai 208 metri del borgo di Prevo, provvisto di un punto di ristoro. Ha poi inizio la discesa (la prima parte in scalinata) verso Vernazza, tra gli oliveti prima ed i vigneti poi.

Vernazza-Monterosso
Difficoltà media - Km 3 - durata 2h - dislivello 260m
Dalla piazzetta di Vernazza si sale, passando sotto un arco, per la panoramica Costa Messorano, tra vigneti e ulivi e si prosegue per la valle di Cravarla, tra quota 150 e quota 200 metri, e poi si percorre la Costa Linaro e la piccola valle del Fosso Mulinaro. Si arriva così alla conca dell’Acquapendente, dove alcune famiglie residenti continuano a coltivare ulivi, viti, limoni e ortaggi. Si attraversa un ponticello, sotto il quale scorre un ruscello che poco dopo va a tuffarsi in mare da un’alta parete rocciosa. Dopo Acquapendente si scende per una ripida scalinata tra vigneti ed orti di limoni protetti da alte mura, e si procede verso Punta Corone e quindi si scende a Monterosso, con due diramazioni: a destra verso il paese, con sbocco in piazza Garibaldi; a sinistra verso la scogliera Corone e sino al limite della spiaggia. Da piazza Garibaldi il percorso
torna unico sino al capolinea di Fegina, davanti alla Stazione.

Sabato 30/4 e domenica 01/05: due giorni in Alta Garfagnana

villaggio anemoneSulla strada per il Passo di Pradarena, a 6 km da Sillano e da circa altrettanti dal confine con  l’Emilia  Romagna,  troviamo  il  centro  di  educazione  ambientale “Villaggio Anemone”, dove saremo ospitati in baite completamente in legno nello splendido contesto naturale dell’ Alta Garfagnana, tra boschi di faggio e castagno. Essendo posizionati in una vallata molto verde e con pendenze abbastanza dolci, a breve distanza sia dal passo di Pradarena che da piccoli borghi come Capanne di Sillano o Ospedaletto, il cui nome è legato alla presenza nel Medioevo di un Ospitale che accoglieva i viandanti in cammino, sarà possibile sia un escursionismo di tipo classico come quello già da noi previsto nel nostro programma semestrale come di tipo culturale o comunque di esplorazione soft, alla ricerca di particolari punti di interesse della zona.

Note: la prenotazione va effettuata OBBLIGATORIAMENTE entro l’ultima settimana di marzo.

Info: Giovanna Massidda - cell: 333 9055927

 

Domenica 15 maggio: a Malbacco, per la valle del fiume Serra

malbacco

Prima porto romano, poi sede vescovile e quindi longobarda (VII° secolo), nel IX secolo Luni subì le devastazioni dei Normanni e dei Saraceni (dal IX all’XI secolo), finchè le continue esondazioni del fiume Magra e i suoi detriti, riversati in mare anno dopo anno, insabbiarono il porto e ridussero la città ad una palude malarica, costringendo la popolazione all’abbandono e la sede Vescovile a trasferirsi dapprima, nel 1151, a Carrara e quindi, nel 1207, a Sarzana. Due erano le strade secolari che portavano a nord: la Via Aemilia Scauri, in linea di massima tutt’oggi presente, diretta al passo della Cisa e la via Clodia, che seguiva il fiume Serchio fino a Lucca, per poi salire anch’essa a nord. Ai centri garfagnini mulattieri e carrettieri arrivavano da numerosi tracciati laterali, più brevi anche se più faticosi, portando  le loro merci ai mercati locali di Borgo a Mozzano, Gallicano, Castelnuovo, Camporgiano e Piazza al Serchio, ed è proprio per questa via, per questo antico tracciato medioevale, che passeremo oggi: dal fondovalle al borgo di Azzano, all’epoca ancora non esistente, se non come minima frazione del borgo de La Cappella, poco più in là, dove esisteva anche un Ospedale e dove però saremo in altra occasione, lungo il sentiero tracciato da Michelangelo per far scendere a valle i marmi grigi di questa località, non esistendo in età medicea l’attuale asfaltata e neppure essendo percorribili le sponde del fiume Serra, poiché paludose e con il bosco che le lambiva dal monte. Percorso di valenza storica dunque quello odierno che, una volta in cima diventerà paesaggistico in quanto la valle del Serra è veramente molto bella.

Nel pomeriggio andremo invece alla scoperta di un luogo ameno (in foto), mèta durante la stagione più calda ed afosa di coloro che vogliono farsi un bagno nel torrente Serra: Malbacco. Qui faremo sosta, dopo aver seguito in discesa il torrente Serra che va ad unirsi al Vezza, per dare il nome a Seravezza e formare il fiume Versilia. Bellissimo lo sfondo del bianco monte Altissimo, come il verde dell’intera vallata ed il bianco stesso del greto del torrente, costituito da ciottoli marmiferi. Molto particolare poi sarà il sostare in un posto diverso e speciale come le “piscine naturali” di Malbacco. Escursione di media difficoltà della durata di circa h.3.30/4, con dislivello di salita da 98 msl a 445msl.

 

Dettagli (lento pede!): dopo il cartello fine Malbacco, fatti pochi metri, c’è uno sterrato a sinistra dove si fermano le auto. A destra inizia la mulattiera che si sale per h.1.20. Girare poi a sx a trovare l’asfaltata h.0.10. Arrivare al primo cartello di segnalazione sul Serra h.0.30. Al 2° h.0.15 e qui si va al pozzo della Madonna. Un sentiero arriva adesso fino ad un rudere di casa in h.0.10 e qui si sale per h.0.10, a salire subito a destra. Ritorno per la stessa via h.0.10 x 2. Sull’asfaltata alle auto in h.0.45. Totale h.4 circa, escluso soste.  

Info - Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

 

Domenica 29 maggio: Da Casone di Profecchia, per un’antica via di valico

casone di profecchia 2

Andando verso il Passo delle Radici da Castelnuovo Garfagnana arriveremo al Casone di Profecchia (mt 1314), un’antica osteria e ricovero invernale per gli operai del duca di Modena (Francesco IV – a.1819), quando era in costruzione la nuova strada di valico che facilitava il commercio fra la Garfagnana e Modena, sostituendo la precedente via medievale che arrivava al Passo delle Radici da Castiglione Garfagnana, passando per San Pellegrino in Alpe, perchè troppo tortuosa e pericolosa, soprattutto con il ghiaccio e la neve. Risaliremo la pista da sci, prima per una sterrata sulla destra e poi per un sentiero CAI (n°54) a sinistra, entrando in un folto bosco fino al piccolo Rifugio Cella (mt 1650), attualmente chiuso ma dotato di un locale per il ricovero in caso di maltempo. Fin’ora saranno state h.1,30 di cammino, quindi, dietro il rifugio risaliremo per un’ ampia prateria verso la Sella di Bocca di Massa (mt 1816), spartiacque fra la Toscana e l’Emilia. Splendido e vasto il panorama che si aprirà al nostro sguardo, con le Apuane in tutta la loro interezza ed il sottostante fondovalle della lucchesia.

Volendo si potrebbe anche proseguire, salendo fino al monte Vecchio (mt 1982) in altre ore h.0,45, ma non oggi. Ritorno per lo stesso itinerario.

Trekking di media difficoltà di circa h.4 a/r.

Info: Fabio Paltrinieri 0586-505485 / 338 7708578

 

  NOTA: APPUNTAMENTO alla Guglia alle h.8.30 ma, confermare la presenza entro venerdi sera

 

 

Domenica 2 giugno - Per la festa europea dei Parchi, l'evento interassociativo a patrocinio regionale e sotto riportato (cliccare qui per aprire la locandina) vede l'associazione Agire Verde impegnata nella "via delle Macine", una camminata per conoscere le diverse tipologie di mulino presenti in queste zone nel XVIII secolo e poi nella visita ai casotti dell'acquedotto, aperti per l'evento, la cui funzione era quella di ridurre la velocità delle acque e di consentire l’ispezione dei condotti. Sarà però un'occasione ulteriore per vedere i lavori di ristrutturazione dei ponticelli di legno in zona sorgenti dell'acquedotto e conoscere ed approfondire il progetto OsC , da quattro anni in essere tra le associazioni aderenti e le amministrazioni da noi coinvolte nel progetto stesso, allo scopo di creare un Parco dei monti livornesi di interesse regionale.

Descrizione del percorso Agire Verde: Un percorso ad anello che parte da e arriva alla Valle Benedetta, snodandosi interamente all’interno dell’area dell’ ANPIL DI COLOGNOLE (Area Naturale Protetta di Interesse Locale).

Dalla piazzetta della Valle Benedetta si sale per lo sterrato di fronte ed in 10/15 minuti, lasciato alla nostra sinistra il primo e ben riconoscibile mulino, al bivio, si prende per il sentiero 00 dell’ippovia, in discesa, tralasciando l’altro sentiero sulla nostra sinistra che va al Calvario prima ed a Pandoiano e Loti poi. Quasi subito troviamo un traliccio della linea elettrica ed a sinistra un ripido sentiero che scende velocemente al Morra (n°123), lo trascuriamo ed andiamo invece avanti, in falsopiano, per arrivare dopo circa 30 mt ad una fattoria, riconoscibile per i maiali cinghialati. Siamo sempre sullo 00 e continuiamo per altri 30 mt., arrivando all’ex cava della Fociarella (caratteristica per il colore verde del pietrisco). Non prenderemo mai deviazioni, tenendoci sempre sul percorso principale.

A questo punto abbiamo due possibilità: 1) andare oltre la cava e prendere un sentiero sulla sinistra (n°125), per scendere alla terrazza dell’acquedotto direttamente ( alla fine cioè del camminamento sull’acquedotto, a partire dai tempietti) 2) girare subito a sinistra, con ampia curva, prendendo la sterrata, indicata come sentiero 199, che scende al Morra ( all’inizio però del camminamento e non alla fine).

Oggi scegliamo la seconda ipotesi ed in 30/40 minuti di discesa non impegnativa ci portiamo ad un gruppo di case intorno al torrente, da dove, seguendo un segnavia bianco/rosso e prenderendo una salitella, si arriverà subito ad un bivio, andando a destra e  in salita, fino ad uno spiazzo che ci porterà nel bosco. Siamo adesso sul camminamento dell’acquedotto, lo risaliamo, compresa la scalinata, e finiamo ai tempietti (20 mt.) dove sosteremo.

 Al ritorno seguiremo  per intero le arcate in muratura dell’acquedotto (30/40 mt., fino all’ultima sorgente e risaliremmo il sentiero 1252, nominato all’inizio, trovandoci nuovamente alla cava della Focerella, da dove potremo o tornare alla valle Benedetta per lo 00 oppure prendere un sentiero in salita che si trova nello spiazzo esterno (dove vengono parcheggiate le auto), sulla destra. Il tempo di percorrenza per entrambi è di circa h.0,50/0,60.

Oltre all’interesse naturalistico dell’area i maggiori punti di interesse raggiunti sono:

Tempo occorrente per l’escursione h 4/5 circa, con ampia sosta pranzo e quindi di difficoltà non eccessiva (meglio comunque portare i bastoncini e calzare scarpe con suola robusta).

info: Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

commento media http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2016/06/02/news/oggi-la-giornata-delle-colline-1.13591267?refresh_ce

Acquedotto:

Molta della documentazione relativa alla costruzione dell’Acquedotto di Colognole, durante la direzione dei lavori dell’ingegnere Giuseppe Salvetti (1793-1801), relativa alla fornitura dei materiali e le prestazioni di lavoro, è a tutt’oggi conservata negli archivi e ne permette così una interessante ricostruzione storica. Alla fine del 1700 la situazione idrica della città di Livorno era molto preoccupante in quanto l’approvvigionamento idrico era del tutto insufficiente. Sul finire del governo di Pietro Leopoldo in Toscana, il 13 aprile 1790 veniva incaricato l’ingegnere Giuseppe Salvetti di esprimersi su un progetto, effettuato precedentemente dell’ingegnere Francesco Bombici, per il tracciato dei nuovi acquedotti livornesi. Si intendeva allacciare le sorgenti di acqua rinvenute nelle valle di Popogna alle sorgenti iniziali del rio Ardenza e dei suoi affluenti, per incanalarle lungo la vallata, con un condotto che sarebbe penetrato in città in direzione della via di Salviano. Si prevedeva anche di unire le acque delle sorgenti di Colognole, immettendole nel condotto, con un traforo attraverso il monte Maggiore, proprio in prossimità delle sorgenti stesse. Questo traforo, lungo più di un chilometro e mezzo, fu valutato imprudente dal Salvetti, sia per il rischio di deviazione delle sorgenti, sia per la pericolosità ed il disagio dei lavori. Egli propose allora di fare affidamento solo alle sorgenti di Colognole, più abbondanti, e di seguire un tracciato alle spalle della città, dopo un accurato studio di livellazione. L’approvazione del progetto del Salvetti e l’incarico della direzione dei lavori, si ebbero sotto FerdinandoIII l’11 novembre 1792. Con Notificazione Governativa del 23 gennaio 1793 si dava inizio ufficiale ai lavori. Il tracciato dell’acquedotto, lungo circa diciotto chilometri, fu diviso in undici tronchi. Punti chiave per lo svolgersi del condotto, oltre che per l’impegno costruttivo, erano gli attraversamenti su archi della valle del Rio dell’Acqua Puzzolente e della fornace vicino a Livorno, della Valle della Tanna prima di Cordecimo, della valle del Rio Corsara o Mulinaccio nelle Parrane. I lavori cominciarono appunto in queste località. I lavori procedettero con alacrità e notevoli spese fino al 27 marzo 1799, quando il Granduca Ferdinando III, a causa della complicata situazione politica internazionale, fu costretto ad abbandonare la Toscana. A quel momento erano state eseguite: le arcate dell’acqua Puzzolente e della valle della Fornace, nei pressi della città; le arcate sul Rio Tanna, quelle sul Botro della Casa, la doppia arcata sul Rio Mulinaccio ed altre due più piccole, queste ultime tutte nelle Parrane. Restava comunque da costruire una parte notevole del condotto, compreso l’allacciamento alle sorgenti. I tempi previsti per la costruzione dell’acquedotto erano stati stabiliti in 4 anni e la spesa preventivata in scudi 193.000. Negli oltre sette anni trascorsi dall’inizio dei lavori, la spesa raggiunta ammontava a 261.575 scudi, molto di più di quanto era stato preventivato. A causa della scarsità dei finanziamenti, la costruzione dell’acquedotto venne sospesa ed i lavori rimasero sostanzialmente fermi, tranne alcune opere di mantenimento e consolidamento. Con la sospensione dei lavori e la relativa assenza di personale, iniziarono i furti ed i danneggiamenti. I furti continuarono anche dopo la ripresa dei lavori. Si deve arrivare al 1806 perche Maria Luisa, reggente di Carlo Ludovica, disponga della ripresa dei lavori ed incarichi l’ingegnere Neri Zocchi ed il matematico Pietro Paoli, per la parte idraulica.Questi rimasero alla direzione dell’opera sino al 1809. Nel 1808 la direzione dei lavori venne affidata all’architetto Pasquale Poccianti, che nel ruolo di ingegnere del Comune di Livorno, ebbe l’incarico di occuparsi anche dell’acquedotto portando a termine i lavori dall’allacciamento delle acque. Nel 1814, dopo la” restaurazione” ed il ritorno di Ferdinando III sul trono granducale, la costruzione dell’acquedotto riprese a pieno ritmo ed il 30 maggio 1816, da una fonte a quattro zampilli, alla cosiddetta Pina d’Oro, sgorga per la prima volta l’acqua dell’imponente acquedotto di Colognole. La costruzione continuò ancora per molti anni; infatti il Poccianti aveva apportato importanti modifiche al progetto del Salvetti. Le opere eseguite dal Poccianti, nei primi anni della sua direzione, furono di fatto interamente rivolte al miglioramento della tenuta del sistema idraulico alle sorgenti e lungo il condotto. Tra le opere ideate in questi anni vi sono anche alcuni “casotti” la cui funzione era quella di ridurre la velocità delle acque e di consentire l’ispezione dei condotti. A lui si devono il Purgatoio o Costernino di Pian di Rota, Il Cisternone ed il Costernino, Oggi in fase di restauro e nuova destinazione d’uso. L’acquedotto fu terminato dopo circa 59 anni. Il Poccianti mantenne la direzione dei lavori fino al 1858, quando gli subentrò l’architetto Angiolo Della Valle. L’ingegnere Pasquale Poccianti, sul percorso dell’acquedotto di Colognole, aveva progettato di costruire una passeggiata, al fine di indurre gli abitanti di Livorno “alla scoperta” della sua opera e, per questo motivo, aveva ampliato la larghezza della fascia di terreno di pertinenza dell’acquedotto, portandola a 24 braccia, con spazi più ampi in prossimità dei pozzetti di areazione e di ispezione. Il tracciato della nuova via delle Sorgenti venne costruito lungo il percorso dell’acquedotto, come il Poccianti aveva più volte caldeggiato e, ancora oggi, percorrendo questa strada, potremmo ammirare questa splendida opera, se non fosse completamente ricoperta dai rovi. Nel 1854 il nuovo percorso, in molti punti aderente a quello della vecchia via livornese, venne ultimato dal fiume Tanna fino in località Torciano. Qui i lavori si fermarono.Tratto da "Vita civile e religiosa nel territorio di Collesalvetti La Sambuca, le Parrane ed altri luoghi collinari fra il XVI e il XX secolo" Clara Errico e Michele Montanelli- Felici Editori.  

I mulini della della Valle Benedetta

Nota: da un lavoro sviluppato dal liceo F.Enriques di Livorno – vedi in particolare gli autori– e dal gruppo archeologico di Pisa – a cui vi rimandiamo, visionando questo sito web: http://www.comune.pisa.it/gr-archeologico/musvir/mulini/home.htm

Nel 1740 alcuni imprenditori livornesi, credendo in questa tecnologia, danno un nuovo impulso all'utilizzo di mulini a vento, forti anche dell' apporto di personaggi del calibro di M. Vayringe, professore di meccanica e filosofia sperimentale presso l'accademia di Nancy e poi di Firenze. Il suo progetto definito "grandioso, comodo e sicuro" viene applicato alla costruzione di alcuni mulini sul poggio di Valle Bendetta.
Nel 1742 il signor Filippo Tidi (famiglia che possedeva i mulini ad acqua sul Rio Ardenza) inizia a costruire sei mulini. In realtà, alla fine solo quattro strutture verranno effettivamente costruite, come si individuano in alcune carte della costa livornese ad uso dei naviganti, nelle quali i mulini della Valle Benedetta, per la loro posizione eminente sono presi a referimento e mira per l' attraversamento delle secche della Meloria e l' ingresso in porto. Le carte sono datate 1769-1795. Attualmente i mulini sono da tempo in via di degrado e posti su terreni privati. Un vero peccato perchè questo nostro patrimonio culturale, che dovrebbe essere a fruibilità pubblica, rimane di fatto non accessibile se non da lontano e solo visibile.

sotto la locandina regionale, per andare a quella locale clicca qui.

dettaglio dell'evento : festa europea dei Parchi

 

Domenica 19 giugno: il lago di Gramolazzo e l’oasi di Campocatino

lago GramolazzoQuesto itinerario particolare ci conduce verso luoghi estremamente caratteristici, nel cuore del Parco delle Alpi Apuane, e meritevoli di una visita: il lago di Gramolazzo e la conca glaciale di Campocatino. Il lago, nel comune di Minucciano, ha acque verdi ed in esse si specchia l'imponente monte Pisanino, la montagna più alta delle Alpi Apuane…… un incanto che ci viene donato senza troppo camminare ed anzi, volendo,  sarà anche  possibile la balneazione poiché gli arenili sabbiosi presenti sulle sue sponde sono molti, come le aree attrezzate. Splendido inoltre il panorama godibile dal lago, sulle Apuane settentrionali con il Monte Pisanino, che svetta su tutte, ed il suo magnifico contorno rappresentato dai monti Tambura, Cavallo, Pizzo d’Uccello e Roccandagia, vetta che ammireremo successivamente ed in primo piano, proprio da Campocatino, dove saremo nel pomeriggio. Questa famosa oasi L.I.P.U è un antico alpeggio di pastori adagiato ai bordi di un grande prato, sotto il Roccandagia, da dove (tabella oraria permettendo), saliremo per un facile sentiero verso l’eremo di San Viviano, patrono delle alpi Apuane.

Info - Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

 

Domenica 26 giugno: momento conviviale in azienda agricola

al melettoDopo un semestre di passeggiate è adesso venuto il momento di fermarsi un po’, per confrontarsi sulle iniziative effettuate, per rinsaldare le relazioni, per chiacchierare di futura programmazione ma anche per proseguire una tradizione ormai consolidata di sosta e convivio. Andremo in un’azienda agricola già sperimentata come molto valida, in una zona molto bella, in mezzo ad ulivi e alberi da frutto e cavalli e pecore, nella soleggiata vallata  proprio sotto i borghi medioevali di Usigliano di Lari e Casciana Alta. Nella struttura agricola è anche pòsto l’oratorio romanico di San Nicolò in Sessana, l’antica chiesa di Casciana alta dell’a.d 1.260. Per motivi organizzativi siete pregati di confermare la presenza nei primi giorni del mese.

Info e prenotazioni -Salvatore e Laura Picardi - 0586 861138 - 347 3637538 -  

 

 

 

 

 

 

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          attivita' del secondo semestre .      attivita' del secondo semestre .     attivita' del secondo semestre .

 

Domenica 4 settembre: “Il Castello rivive” , festa medioevale a Nozzano (Lu)

la rocca di Nozzano domina un rilievo roccioso isolato, in una posizione strategicamente privilegiata di chiusura della piana di Lucca e di controllo sul Serchio, nel punto in cui il fiume passa per la gola di Ripafratta. Citato dall’839, Nozzano faceva parte dei beni appartenenti ai marchesi di Toscana, che lo utilizzarono come residenza estiva finchè il Comune di Lucca ne entrò in possesso nel 1126, grazie alla donazione di Corrado II, marchese di Toscana. L’edificazione della rocca e la recinzione del borgo sono collocabili fra il 1222 e il 1262, poi, con l’occupazione pisana di Lucca da parte di Uguccione della Faggiola, la cinta muraria venne smantellata salvo essere nuovamente ripristinata nel 1316 da Castruccio Castracani, che la delineò più o meno come adesso ci appare.  Da ricordare che verso la metà del XV° secolo i lucchesi ne rientrarono in possesso ma, essendo le sue strutture difensive ormai inadatte a sostenere l’urto delle artiglierie, cessò il suo utilizzo militare rimanendo quindi sostanzialmente come era nel 1300, con tutto il suo fascino antico. La nostra visita al borgo si inserisce in una rievocazione medioevale che ci permetterà di rivivere, tra realtà e fantasia, fra giochi e musiche, teatranti in costume, buoni cibi e vini (viene ricercata e rappresentata “la cucina” di epoca dantesca), la quotidianità del XIV° secolo. Nota: anche la moneta utilizzata non sarà l’euro ma quella dell’epoca.

    foto: A.Turba da      http://www.ilcastellorivive                    Info: Giovanna Massidda - cell: 333 9055927

 

   Domenica 11 settembre: Le dune costiere, dalla Riserva di Bocca di Serchio alla Riserva della Bufalina

 

Partendo dal piazzale Montioni a Marina di Vecchiano, si percorre la pista ciclo-pedonale, a margine del cordone dunale (direzione sud), fino a raggiungere la foce del Serchio. Sulla sponda opposta si apre il panorama della Tenuta di S. Rossore. In questo ambiente naturale nidificano il fratino e il pendolino. Si percorre poi la spiaggia in direzione nord, fino alla Riserva Naturale della Bufalina, ai margini di Torre del Lago. La vegetazione tipica dell’ambito dunale è caratterizza dalle belle fioriture del giglio di mare, la soldanella, l’elicriso, l’euforbia delle spiagge, la carota di mare, l’erba medica marina, l’ammofila e la preziosa verga d’oro delle spiagge. Particolarmente bello Il lungo litorale: quattro chilometri di spiaggia finissima e dorata, dalla foce del Serchio fino a Torre del Lago Puccini, con alle spalle la Macchia di Migliarino, in uno dei pochi lembi di costa toscana ancora incontaminata ed immersa in un ecosistema dunale di rara bellezza.

nota: ciascun partecipante porti 3 monete da 1 euro per il parcheggio, cappellino da sole e acqua

info: Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

 

 

Domenica 25 settembre: Da Casone di Profecchia, per un’antica via di valico.

Rimandata per pioggia, viene riproposta questa facile passeggiata di montagna dai panorami aperti e belli: verso il Passo delle Radici, da Castelnuovo Garfagnana per Casone di Profecchia (m 1314). Questo borgo era un’antica osteria ed un ricovero invernale per gli operai del duca di Modena (Francesco IV – a.1819), quando era in costruzione la nuova strada di valico che facilitava il commercio fra la Garfagnana e Modena, sostituendo la precedente via medievale che arrivava al Passo delle Radici da Castiglione Garfagnana, passando per San Pellegrino in Alpe, perchè troppo tortuosa e pericolosa, soprattutto con il ghiaccio e la neve. Risaliremo la pista da sci, non ancora coperta di neve, prima per una sterrata sulla destra e poi per un sentiero CAI (n°54) a sinistra, entrando in un folto bosco fino al piccolo Rifugio Cella (m 1650), attualmente chiuso ma dotato di un locale per il ricovero in caso di maltempo. Fin qui saranno state h.1,30 di cammino, poi, dietro il rifugio, risaliremo per un’ ampia prateria verso la Sella di Bocca di Massa (m 1816), spartiacque fra la Toscana e l’Emilia. Splendido e vasto il panorama che si aprirà al nostro sguardo, con le Apuane in tutta la loro interezza ed il sottostante fondovalle della lucchesia. Volendo si potrebbe anche proseguire, salendo fino al monte Vecchio (m 1982) in altre ore h.0,45, ma non oggi. Ritorno per lo stesso itinerario. Trekking di media difficoltà (a/r h.4). Info: Fabio Paltrinieri 0586-505485 / 338 7708578

 

 

 

Domenica 9 ottobre: i santuari delle 5 terre

L’escursione proposta dall’associazione ci porterà a scoprire anche le frazioni a monte del Parco, in un percorso meno turistico del solito ma forse più interessante: una frana sta interrompendo i camminamenti tra Riomaggiore/Manarola e Manarola/Corniglia e quindi, prevedendo meno trekking, ci prenderemo più tempo per una visita approfondita ai diversi borghi al fine di apprezzarne meglio le particolarità, fermo restando che i 7 Km tra Corniglia/Vernazza e Monterosso sono agibili e quindi ben percorribili da chi ne abbia voglia ed intenzione. Verranno comunque inserite alcune varianti di percorso, con l’utilizzo di bus-navetta, sia per l’incantevole borgo di Volastra, sopra Manarola e punto di arrivo di una delle tappe della Via dei Santuari, come per il santuario della Madonna Nera sopra Vernazza e quello di Soviore (il santuario più antico della Liguria). Il tempo di percorrenza dell’itinerario è ovviamente variabile, ma, tenendo presente che la linea ferroviaria unisce molto bene tutti i centri sulla costa, di sicuro non dovrebbe risultare una giornata troppo faticosa. A La Spezia ci andremo in treno (partenza h.8.12)

Info: Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

 

Domenica 23 ottobre: per baita Barsi, al monte Prana. Rinviata per pioggia, viene riproposta l’escursione al monte Prana, altura che fa parte di quelle che sono chiamate “le Apuane riposanti”, senza troppo difficoltà di salita e prodigo di un bellissimo panorama, sia sul mare versiliese che sulle Apuane meridionali, dalla sua vetta brulla, slanciata e caratterizzata dalla presenza di un’alta croce. Sono possibili diverse varianti di salita (da Metato, da Càsoli, da Lucese e dall’Alto Matanna) ma la montagna può essere facilmente raggiunta, anche in inverno quando vengono giustamente sconsigliate le vette più impegnative delle Apuane, seguendo il sentiero 104 da Metato. Si arriva ad una piccola valle sommitale, prima della cresta nord-ovest finale ed una grande croce in ferro, eretta nel 1968, è presente sulla cima del monte come simbolo di pace in memoria dei caduti di tutte le guerre, ed a quella tenderemo, anche se sarà sempre possibile fermarsi alla baita Delio Barsi, a metà strada, immersa nel verde e con una bella fonte d’acqua freschissima nei pressi, lasciando a chi vuole l’intero percorso. Trekking di media difficoltà.

Info: Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

dettaglio: 

Superato Camaiore e Vado, in direzione Lombrici e Casoli troviamo sulla destra la deviazione per Metato che, con 3,3 Km di tornanti, ci porta al paesino. La strada finisce in una piazzetta (Fratelli Ceragioli) dove c’è la fermata dell’autobus ed un parcheggio abbastanza capiente. Parcheggiamo l’auto e prendiamo subito a destra dove troviamo un tabellone che dà informazioni sulla Traversata delle Frazioni Camaioresi.
Saliamo un centinaio di metri e troviamo un’indicazione del sentiero 104 (quello che dobbiamo percorrere) che fa entrare nel paesino, fa costeggiare la chiesa con un bel campanile e dopo cento metri dalla chiesa fa deviare in alto a sinistra in prossimità di una croce votiva, con lapide del 1865 che concede indulgenza al viandante che fa atto di contrizione. In realtà mancano i segni bianco-rossi e quelli bianco-gialli dell’itinerario camaiorese inducono in errore. Consigliamo di fare una visita al paese al ritorno e di continuare a seguire lo stradello di cemento in rapida salita; comunque in cinque minuti il percorso reale del sentiero viene a fondersi con lo stradello. In primavera c’è una grande fioritura di narcisi e di anemoni stellati sul pendio che costeggia il sentiero. In dieci minuti entriamo in un castagneto non molto fitto e molto pulito, e, poco dopo, il sentiero bianco-giallo ci lascia deviando sulla sinistra.

Dopo 25’ a sinistra troviamo un abbeveratoio: infatti la zona è ricca di acqua.
In pochi minuti troviamo, su una deviazione a destra, una casa abitata, mentre il sentiero sale a sinistra ripidamente.
Trascorsi 35’, fiancheggiamo un’altra casa con un fienile dai i tetti molto spioventi: lungo il percorso ne vedremo altri.
Continuando, troviamo casali in ristrutturazione ed un gruppo di diverse abitazioni, presumo saltuariamente abitate: questo piccolo abitato si chiama Casette (621m).
Dopo 45’ la visuale si apre sul mare, su Camaiore e sul lago di Massaciuccoli. La zona è molto terrazzata e sono presenti i tipici covoni di fieno conici dell’alta Versilia.
In prossimità di un altro gruppo di abitazioni, che abbiamo di fronte, lo stradello sale ancora a sinistra. Continuiamo a salire avendo di fronte il monte Gabberi ed il Prana da parti opposte; a tratti lo stradello non è più cementato, poi entra in un boschetto. Finalmente dopo 1h 05’ lasciamo lo stradello. Occorre fare attenzione perchè i segni sono estremamente carenti: la strada continua verso un’abitazione privata noi invece, pochi metri prima di essa, dobbiamo curvare a sinistra per una mulattiera su cui troviamo rari segni sulle pietre (non è possibile sbagliarsi anche perchè lo stradello in questo tratto raggiunge la sua massima ripidità e subito dopo si accede al sentiero-mulattiera, ma un cartello indicatore sarebbe utile).
In breve la mulattiera sale all’aperto, permettendoci di godere di una bella vista sul mare, e dopo pochi minuti di ripida salita la lasciamo continuare in un boschetto, e deviamo a sinistra, per un sentiero dal fondo argilloso che si trova sulla dorsale del Monte Ciurlaglia.
Questa è una bella piana a circa 850m, in primavera fiorita a crochi ed in estate piena di felci.
Da qua si vede di fronte il Prana con la sua croce ed a destra il mare.
Poco dopo il sentiero entra in un boschetto: sono passate 1h 20’ dalla partenza. Dopo cinque minuti troviamo una canaletta da cui sgorga acqua corrente.
In breve il bosco termina ed il panorama si apre (da sinistra a destra) sul Matanna, sul monte Croce e sul Piglione (in secondo piano il gruppo delle Panie), e vediamo chiaramente in lontananza un grosso edificio: è il rudere della chiesetta di Campo all’Orzo.
Il sentiero adesso costeggia le pendici del monte Prana in leggera salita, poi entra in un boschetto.
In pochi minuti attraversiamo una recinzione, e qua dobbiamo fare attenzione perchè il sentiero non è segnato, anche se non è difficile ritrovarlo.
Infatti cento metri dopo il passaggio dalla recinzione le tracce di sentiero portano in avanti (al bivio tra il sentiero 112 che scende Trescolli ed il 102 che va alla foce del Termine, nei pressi ben indicato si trova il Rifugio Barsi), mentre noi dobbiamo salire invece per la deviazione a destra e subito di nuovo a destra dove ricominciamo a vedere i segni. D’altra parte il monte Prana è di fronte a noi e non possiamo sbagliare.
È passata 1h 45’ ed iniziamo la salita finale tra eriche, felci, ginestre e radi boschetti: il sentiero è intagliato nel terreno argilloso.
Dopo 20’ troviamo dei segni di sentiero verso sinistra che naturalmente trascuriamo.
A 2h 10’ dalla partenza arriviamo ad un recinzione che si estende per tutto il monte e che attraversiamo portandoci nel versante verso mare che oggi è piuttosto ventoso. Il sentiero adesso è sulla roccia ed in 10’ entriamo in una valle da cui si vede la croce della vetta.
Questa valle in estate è ricca di cardi e di api ed è possibile fare delle belle fotografie degli insetti intenti al loro lavoro di impollinatori.
Il sentiero ci porta sul crinale da cui ammiriamo la veduta del mare ed un impressionante paesaggio carsico ed in 10’ siamo sulla vetta.
Abbiamo impiegato 2h 35’. Scendiamo per lo stesso itinerario: in 45’ siamo al bivio mal segnato ed in 1h 25’ all’inizio dello stradello di cemento. Arriviamo all’auto in 2h 30’. Quindi in totale 5h 20’, comprese le soste. tratto da: http://www.escursioniapuane.com/itinerari/itinerario.aspx?Id_Itinerario=28 e foto di Fabio Frigeri

 

Domenica 6 novembre: alla grotta dei banditi, da Nibbiaia

Il podere di “Gorgo”, al centro della Valle del torrente Chioma, dove il botro Quarata ed il torrente Chioma confluiscono, fu già insediamento romano, come testimoniato da frammenti di ceramica ed alcune pietre calcaree con iscrizioni d’epoca ritrovati in zona e come si direbbe anche dal toponimo Quarata (la centuria quadrata degli agrimensori romani). Intorno al X secolo l’insediamento divenne castellare per essere infine abbandonato tre secoli dopo, quando ne rimasero solo ruderi, diventando quindi zona boschiva facente parte della Tenuta Granducale di Montenero, di Leopoldo dei Medici (a.1686). Il paesaggio che attraverseremo sarà quello tipico delle zone collinari toscane, ricche di piante e di acqua e tuttavia con i segni evidenti dell’abbandono ad una vegetazione spontanea che tende a soverchiare campi, una volta coltivati, e dove le strade più antiche si vanno a perdere nella macchia. Poche le case coloniche, ruderi fino a pochi anni fa.  Passeggeremo quindi nella storia, antica ma non solo poiché alla fine della nostra escursione cercheremo “la grotta dei banditi”, nella foresta di Montenero, rifugio di partigiani e ricercati dai tedeschi intorno al 1943, ma oggi, spesso e volentieri, tana di istrici e cinghiali (portare una torcia).  

                                                                                      info: Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

 

 

Domenica 20 novembre: i vigneti della Val di Cornia. Nel comune di Suvereto, antico centro medioevale alle pendici delle colline che delimitano la Val di Cornia, è situata l'azienda agricola che andremo a visitare, per imparare a conoscere ed apprezzare una delle aree vinicole più interessanti della Toscana. I primi vigneti furono impiantati all'inizio del secolo scorso e da allora, per decenni, fece seguito un’accurata selezione dei vitigni migliori fino agli attuali, che occupano uno spazio di 11 ha di coltivazione ( un ettaro=10.000 m2 ), con vite coltivata a cordone speronato e produzione di uva Sangiovese e Cabernet Sauvignon, Trebbiano e Vermentino: vini tipici della val di Cornia e di alto pregio. Altri 11 ha della tenuta sono dedicati invece a 1000 piante di olivo, per un olio extra vergine di elevata qualità. La giornata si svilupperà prima visitando le vigne e l’oliveto, accompagnati dalle spiegazioni di un esperto e quindi esplorando le cantine, per degustare ed apprezzare sia la produzione “dei rossi” (Buca di Cleonte e Nubio), come “dei bianchi” (Fabula e Bianco di Casetta). Lo spuntino della sosta pranzo sarà a base di zuppa, formaggi ed altri prodotti tipici locali, con un costo di ca12/15 euro. Nel pomeriggio, visita a Suvereto: un borgo dall'incantevole armonia architettonica che racchiude, entro le antiche mura, vicoli lastricati su cui si affacciano case di pietra, palazzi storici, chiese di grande suggestione e chiostri ombrosi.

                                                                                              info: Gianfranco Scampuddu – 328 2352712

 

Domenica 4 dicembre – le Terme di Casciana. Visto il notevole interesse suscitato dal turismo termale, soprattutto nella stagione fredda, a grande richiesta, viene riproposta un’iniziativa già presentata negli anni passati: le Terme di Casciana. Immersa nell'ameno paesaggio delle colline pisane, Casciana Terme è una piccola e accogliente cittadina che racchiude un cuore antico e prezioso, rappresentato dalle sue acque termali. La leggenda narra che la scoperta del potere curativo delle acque di Casciana sia avvenuta mille anni fa grazie alla Contessa Matilde di Canossa ma soltanto nel 1311, per volere di Federico da Montefeltro, vi si scavò in loco una piscina termale che successivamente venne strutturata come stabilimento, regnante Ferdinando III di Lorena, intorno alla metà del 1800 (ndr: nello stesso periodo veniva posta in vendita l’acqua minerale del Sassorosso, nel livornese). La nostra visita ci permetterà di apprezzare la particolarità delle sue acque bicarbonato-solfato-calciche, usate da secoli per combattere le patologie osteoarticolari come, volendo, di approfittarne per un confortevole relax. Info: Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

 

 

 

Sabato 10 dicembre – Convivium. Come da tradizione consolidata ed a maggior ragione perché “è saltato” l’incontro conviviale di giugno, viene organizzato il consueto momento d’incontro decembrino, per relazionarci tra di noi dopo un anno di escursioni e nella convinzione anche, che la “democrazia” vera sia la somma di tanti cenacoli che si aprono e riflettono sulla società che vogliamo e non l’adesione a modelli e proposte mediatiche o populiste che rendono la società una semplice somma di tribù altero guidate. Le iniziative collaterali connesse all’evento saranno una fotoproiezione di immagini relative alle iniziative sviluppate, nell'anno e non, oltre ad una estrazione a sorte di bottiglie di vino acquistate in val di Cornia il 22.11, che premierà 5 associati (per partecipare all'estrazione è necessario essere soci ma non ci sono costi da sostenere). Per intervenire alla cena (€.20) è obbligatorio prenotarsi entro il 30 novembre -

Info e prenotazioni: Rossano Poggi - 0586 375131 (ore serali) o 331 1131900

 

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iniziative da rivisitare:

paesi fantasma: Vergheto, antico abitato dei cavatori di marmo, sopra Colonnata.

Dal borgo di Colonnata, situato in un bacino montano tra i più sfruttati per l'estrazione marmifera nella storia delle Apuane, ci avventureremo verso i boschi soprastanti, entrando in contatto con la vita e le tradizioni di queste valli, dall'uomo cavatore e pastore alle coltivazioni dei boschi di castagno. Godremo dall'alpeggio di Vergheto, adesso in abbandono ma anticamente sede delle attività silvo-pastorali del comprensorio e qui potremo sostare. Splendido il panorama, uno dei più suggestivi del versante a mare delle Alpi Apuane, situato com’è davanti allo splendido spigolo nord-est del Sagro ed all’intera catena apuana, dal Cavallo all’Altissimo. Trekking di media difficoltà (dislivello mt.300) di circa h. 3/3.30 Pranzo al sacco, scarponcini da trekking e bastoncini da montagna utilissimi.

Arriviamo a Colonnata dove ci fermiamo presso il parcheggio all’inizio del paese (meglio sotto il borgo però, prendendo una comoda bus/navetta che ci porta tranquillamente su) Arrivati alla piazzetta principale di Colonnata sarà possibile riempire la borraccia. Qua sono presenti le indicazioni dei due sentieri 38 e 195 (nelle cartine indicato con la vecchia numerazione come 48) che percorreremo nella nostra escursione. Noi prendiamo a destra per seguire il 38. Esso è all’inizio un strada asfaltata, superiamo una larderia e, salendo ancora per la strada ancora asfaltata e stretta, in 7’ arriviamo a una chiesetta con campanile: è la Cappella della famiglia Cattani. Saliamo ancora qualche minuto e la strada diventa un sentiero cementato. A 13’ abbiamo a sinistra una captazione d’acqua, il sentiero diventa una agevole mulattiera nel bosco e costeggia il Canale del Vento che scorre molto più in basso. A 22’ tralasciamo la mulattiera che continua in avanti e prendiamo a destra, superando il canale su un ponte metallico che di recente ha sostituito il vecchio ponte di tavole.
Presso il ponte c’è una piccola costruzione che può servire da riparo. Ora inizia la salita ripida e dopo un centinaio di metri il sentiero curva decisamente a sinistra per un tratto scalinato: esiste un evidente cartello per il Vergheto per evitare di proseguire e arrivare a un edificio usato dai pastori che è ben visibile dal sentiero che abbiamo appena fatto.
Dopo il primo tratto un po’ ripido il sentiero prosegue nel castagneto ameno con lunghi tornanti non faticosi. A 48’ il panorama si apre sulle Cave di Gioia verso mare. A 53’ siamo sul crinale presso un grosso castagno, qua arriva, da destra, un sentiero, sempre numerato 38, dalla strada che sale dal borgo di Forno, nel comune di Massa, al Vergheto-Pianello.
Saliamo e incontriamo le prime case del Vergheto. Questo è un piccolo borgo costituito da un gruppo di case, alcune in abbandono, altre invece restaurate e saltuariamente abitate dai proprietari, esso era sede di attività silvo-pastorali. A 59’ siamo presso una bella maestà (Maria Santissima del Bon Consiglio) restaurata di recente e di fronte c’è il nucleo principale delle case del borgo. Il panorama è splendido sul monte Sagro e sull’intera catena apuana dal Cavallo all’Altissimo e al Folgorito. Qui noi fermiamo l’escursione, con sosta pranzo e ci prepariamo al ritorno, prima con la castagnata e poi con la visita al borgo di Colonnata e, volendo, alle larderie. Totale percorrenza h.1,30/2 di salita ed 1,30 in discesa – dislivello c.a mt.300.

Dal Passo Croce, per Fociomboli, al rif.del Freo (anello)

(In auto) Si seguono le indicazioni per Seravezza, raggiunta la quale si prosegue lungo la SP10 del Cipollaio, fino ad oltrepassare le deviazioni per Levigliani e per Terrinca, poi, poco dopo (1Km circa), si prende la strada sulla destra, che, salendo tortuosamente, ci porta in circa 6 km, dapprima, al Passo Croce, e quindi allo sterrato, dove, in uno degli spiazzi che si trovano ogni tanto sulla sinistra, si può lasciare l'auto. h.1.45 da Livorno. Dal traliccio, se non si vedono troppe auto, si può percorrere lo strabello fin dove è possibile.
escursione

Si sale lungo lo sterrato dove si è parcheggiato la macchina, sotto le guglie del Monte Corchia ed in breve si arriva al passo Croce (mt.1147).
Un palo con le indicazioni dei sentieri ed i tempi di percorrenza ci indica sulla sinistra lo stradello della forestale che scende in comune con il sentiero nr.11, tra il versante Sud-Est del Monte Freddone e quello Nord del Corchia.
Si percorrono alcune decine di metri, finchè, appena oltrepassata una marginetta sulla sinistra, notiamo, sulla destra, il segnale biancorosso del sentiero 11, una scorciatoia per evitare i tornanti dello stradello. Poco più in basso si trova ,sulla nostra destra, una seconda marginetta ed a questo punto abbandoniamo definitivamente lo sterrato che prosegue dritto e prenderemo al ritorno, per scendere sulla sinistra, sempre seguendo il segnavia nr.11, arrivando alla torbiera di Fociomboli (m.1150), unica area umida delle Apuane che, grazie agli strati impermeabili del suo sottosuolo, raccoglie e trattiene le acque reflue dai monti intorno. Sempre seguendo il sentiero 11, scendiamo ancora fino ai prati di Puntato (m.1050), borgo ora abbandonato ed un tempo pascolo estivo dei pastori di Terrinca, vasto declivio erboso e soleggiato da cui si gode la vista del Pizzo delle Saette, della Pania della Croce e del Corchia. Arrivati alla chiesina del Puntato si svolta a destra e, percorso un sentiero alberato per circa 10 minuti e lasciato definitivamente il sentiero 11, che prosegue per col di Favilla e poi per Isola Santa, prendiamo il 128 in salita, arrivando al rifugio del Freo (mt.1180).

Una volta al rifugio, dove è splendida la vista sulla Pania della Croce, dopo una meritata sosta, torneremo per il sentiero 129 e quindi, seguendo delle tracce di vernice gialla, ben evidenti e frequenti, saremo di nuovo ai declivi erbosi di Fociomboli prima e allo sterrato della forestale, che avevamo lasciato prima di scendere per il sentiero 11, poi.

Tempi di percorrenza: la salita al passo Croce, dalle auto, 0.30/0.45 minuti (variabile per dove si lascia l’auto).

Dal Passo Croce a Puntato h.1.30 (discesa). Da Puntato al rifugio x il n°128 h.1.15 (salita). Dal rifugio ai prati di Fociomboli h.0.30 (discesa).Per lo sterrato fino alla marginetta (leggera salita) h.0.45 poi, dalla marginetta, per lo sterrato, al Passo Croce (salita) h.0.30 e h.0.30 (discesa) per arrivare alle auto (variabile). Tot. circa 4 ore, da passo Croce a passo Croce.

Da Farnocchia a sant'Anna di Stazzema (anello)

il M.Lieto è una cima delle Apuane meridionali vicinissima al mare, un punto panoramico di prim’ordine, non solo sulla conca di Camaiore e la Versilia ma anche sulle altre vette delle Apuane. In più, se la giornata è tersa, lo sguardo spazia tranquillamente fino al golfo di La Spezia e oltre, distinguendosi molto bene sia la Palmaria che il Tino. L’itinerario parte da Farnocchia, gira attorno al m. Lieto e ridiscende a Farnocchia, descrivendo un anello.

Descrizione percorso:

A Farnocchia (mt.646), oltrepassata la piazzetta dove si trova il monumento ai caduti della Grande Guerra, prendiamo a destra del negozio di alimentari, e, sulla nostra sinistra, prendamo per il sentiero 3, trovando le indicazioni per la Foce di Farnocchia e Sant’Anna di Stazzema. Saliamo per il castagneto e, dopo h.0.15 troviamo il bivio col sentiero 4, che trascuriamo. Altre h.0,45, sempre sul 3, e troviamo una marginetta. Continuiamo per lo stesso sentiero che diviene francamente sassoso e saliamo ancora per poi scendere, sempre seguendo i segni bianco/rossi, passando accanto ad una palestra di roccia ( con rinvii e spesso scalatori), trovando infine un ampio spiazzo erboso, dopo altre h.0,45. Siamo alla foce di S.Anna (mt.830) e qui possiamo decidere se proseguire per il sacrario (h.0.45) oppure scendere direttamente sotto la chiesa di S.Anna, prendendo per il canalone proprio davanti a noi e l’asfaltata dove finisce (h.0.30) – un bivio ci indicherà l’opzione possibile. Da Farnocchia a qui sono passate circa h.2.15/2.45 (secondo il passo). Sosta alla chiesa dell’eccidio. Il ritorno sarà dalla piazza sotto S.Anna, dove c'è il parcheggio insomma, quando prendiamo il sentiero 4 (inizia con una scaletta) e, dopo circa 30 minuti di salita, siamo sull’asfaltata voltando a destra e, in 10 minuti, passata casa Moco (con cartello commemorativo), siamo in località Case Sennari (mt.720) dove, sulla ns.sinistra, troviamo le indicazioni del sentiero 4 diretto a Farnocchia. Il sentiero, inizialmente in aspra salita, diventa poi un’ ampia mulattiera a pendenza più dolce, sempre nel bosco, con a destra ed in basso l’abitato di S. Anna ed il Monumento alle vittime della strage, ben visibile. In h.1/1,15 arriviamo ad un bivio dove il sentiero 4 sale a sinistra alla Foce di Farnocchia (quello sulla ns.destra, va invece al monte Gabberi e non lo prendiamo). Andiamo invece per il nr.4 essendo subito alla foce di Farnocchia o "Le Focette" (mt.873) dove, tra gli alberi, possiamo ammirare i monti apuani, da sinistra a destra, il m. Corchia, le Panie, il Nona, il Matanna, il Prana ed il m.Piglione. Scendiamo per un bosco a castagni e faggi, e concludiamo il nostro anello con a vista Farnocchia, in circa h.0.45.

Totale, con passo lento e fotografando, andata h.2.45/ritorno h.2.45. Dislivelli: Farnocchia mt.646/Foce S.Anna mt.830/S.Anna mt.660/Casa Sennari mt.720/Le Focette mt.873/ Farnocchia mt.646. Media difficoltà con 200 metri di salita due volte ed altrettante in discesa. nota: scarpe robuste, utili bastoncini e tenere di conto le ore di luce possibili.
 

Da Pomezzana al rifugio Forte dei Marmi

La strada asfaltata ci porta a un parcheggio non molto distante dalla chiesa principale di Pomezzana, dedicata a S. Sisto, col suo grande campanile.
Il luogo è panoramico su Farnocchia, Stazzema e il Monte Lieto e il Gabberi.
Il sentiero 106, ben segnato, inizia da questa piazzetta: saliamo pochi scalini lasciandoci alle spalle la chiesa e siamo nel paese.
Percorriamo alcune strade salendo prima lievemente poi più decisamente.
A 10’ inizia una mulattiera lastricata con ardesia che corre parallela all’abitato di Pomezzana, il quale si allunga sul crinale ben esposto al sole.
A 17’ siamo su una strada e il sentiero si dirige a sinistra.
C’è una casa e il sentiero continua in lieve discesa (evitare la salita verso destra), tra gli alberi si scorgono, verso sinistra, Stazzema e di fronte il gruppo del Procinto.
Il sentiero poi prende a salire e a 30’ siamo presso una zona di cave di ardesia, di tentativi di cave e di ripari sotto roccia.
A 37’ incontriamo una casa in muratura e subito dopo l’edificio principale delle cave, ormai semi distrutto. Dietro esso ci sono gli ingressi della miniera parzialmente coperti da edere che formano una cortina discendente, diamo un’occhiata e poi proseguiamo il cammino.
A 50’ siamo a un luogo molto panoramico, anche se ci sono rami di alberi a ostacolare la visibilità, su Procinto, Nona, Matanna e la zona delle Panie.
Continuiamo con saliscendi mantenendo sulla sinistra Procinto e Nona mentre il Matanna rimane di fronte. A 01h a destra c’è un’altra miniera presso la quale c’è un immenso blocco di ardesia coperto in parte da edere.
Subito dopo superiamo un canalino e poi riprendiamo a salire.
A 01h 08’ troviamo dei ruderi, forse di un’antica maestà e a 01h 16’ superiamo un altro ruscello che scende dai monti scavando un ripido canale.
Subito dopo un’altra antica costruzione che sembra una calchera (struttura per produrre calce).
Il sentiero prende a salire e per qualche minuto la salita si fa più ripida per strette voltoline per poi addolcirsi e a 01h 41’ siamo presso il Rifugio Forte dei Marmi.

Sosta e ritorno per la stessa via.

da Montemarcello a Tellaro (anello)

Dalla cima del promontorio del Caprione, immerso nella vegetazione mediterranea, lascia senza fiato il panorama del golfo di La Spezia a ovest e della fertile piana del fiume Magra, a est. Apprezzata dai Romani, che vi fondarono l'insediamento di Luni, l'area fluviale alterna coltivazioni e zone umide, ove nidificano uccelli acquatici, a settori assai compromessi. Il parco, nato dalla fusione del precedente parco fluviale e dell'area protetta di Montemarcello, rappresenta quindi un esperimento (riuscito!) di riqualificazione di zone degradate, tant’è che la porzione di Parco in cui andremo è veramente bella. Dal borgo di Montemarcello, con le sue viuzze strette che s'intersecano ad angolo retto, ricordano un "castrum" romano, saliremo verso l’orto botanico, splendidamente collocato sulla sommità di Monte Murlo, e sosteremo a Tellaro, piccolo borgo marinaro abbarbicato sopra una penisoletta rocciosa digradante ed ultimo abitato della riva orientale del Golfo dei Poeti. Il ritorno sarà per un sentiero a mezza costa, solo recentemente riaperto, attraverso tratti di macchia mediterranea che si alternano alla folta lecceta. Trekking di media difficoltà ma abbastanza lungo, con tratti segnalati come esposti in cui fare attenzione e salite/discese su terreni sconnessi (in particolare per Tellaro da Zanego). Tempo occorrente circa 5/5,30 ore.

Descrittivo: Una volta giunti a Montemarcello si parcheggia e si entra nel paese attraverso l'antica porta (scegliendo il parcheggio che incontriamo seguendo l'indicazione stradale a destra. A sinistra ne troveremmo un altro che per adesso trascuriamo). Proseguiamo a destra della chiesa parrocchiale dove si scende lungo una scalinata, al termine della quale si attraversa la strada asfaltata, percorrendo circa 100 metri in una stradina tra le case. Attraversata che avremo la strada e trovato un altro parcheggio, quello di cui si diceva prima e che però ci priverebbe della visita al borgo ed anche ai punti panoramici su punta Corvo, si scenderà l’asfaltata in direzione Lerici per 5 minuti, trovando un sentiero segnato ( a destra) che seguiremo fino a Tellaro (n°433).Nota - da adesso seguire sempre il n°433.

Saliamo a destra e ci inoltriamo per 30 minuti in una folta macchia a leccio, uscendone per ritrovare l’asfaltata e, dopo 5 minuti e sempre alla nostra destra, troviamo la continuazione del sentiero 433 per Zanego/Lerici, salendo per altri 15 minuti, in un bosco a pini d'Aleppo e lecci. Altro attraversamento dell’asfaltata ed altri 15 minuti, di salitella col selciato in pietra e due muri a secco che lo delimitano, ed arriviamo ad un punto panoramico, con apertura sul golfo dei poeti, la Palmaria e Porto Venere (siamo ad un bivio col sentiero 437, per l’orto botanico). Noi andiamo a diritto ed in altri 15 minuti siamo a Zanego, nella zona dei coltivi e degli orti e poi tra le case della piccola frazione.

Siamo adesso nuovamente sull’asfaltata che attraversiamo, col ristorante Pescarino davanti a noi, dove, seguendo i segni bianco/rossi tracciati sul muro ( alla nostra destra) scendiamo per 20 minuti il sentiero, tra le abitazioni, arrivando alla segnalazione per Tellaro, davanti a noi ed in discesa ed Ameglia, in discesa ma alla nostra destra. Fin qui sono passate circa h.1.45/2.

Scendiamo per Tellaro, facendo attenzione al fondo sconnesso ed a alcuni punti franati e non troppo larghi. Altri 60 minuti e, passato il bivio per Portesone e Lerici, infine arrivati a Tellaro (borgo incantevole!)in altri 10 minuti, torniamo indietro per il sentiero 444, recentemente riaperto dal CAI di Sarzana e segnalato come con tratti potenzialmente pericolosi e da percorrere con molta attenzione, ed in altre h.1,45 a mezza costa torniamo a Montemarcello e volendo a punta Corvo (bellissimo promontorio ma cui si arriva dopo una scalinata con ben 700 gradini!). Trekking di media difficoltà ma abbastanza lungo, con tratti segnalati come esposti ed in cui fare attenzione. Salite/discese su terreni sconnessi (in particolare per Tellaro da Zanego). Tempo occorrente circa 5/5,30 ore.

sui sentieri di Michelangelo,  da Riomagno all’area archeomineraria della Cappella (Seravezza)

Il borgo di Riomagno si trova lungo la riva sinistra del fiume Serra, un tempo chiamato anche Rimagno, lungo la strada che da Seravezza s’inoltra verso il Monte Altissimo. La località fu residenza fino dal XIII° secolo dei primi cavatori locali che estraevano il marmo dalla Cappella ma è a Michelangelo ( 1517) che si deve la realizzazione dell'attuale mulattiera che collega Riomagno alla Cappella e poi ad Azzano, per proseguire fino al Monte Altissimo. Per questa ragione quest'antico sentiero, oggi diventato un interessante itinerario storico-artistico, ha preso il nome di “Via di Michelangelo”. Da qui saliremo quella che da via di lizza è oggi una mulattiera ed in circa h.1.30 saremo, attraversando terreni coltivati e castagneti, al paese di Fabbiano e attraversato che lo avremo, giungeremo all'Area Archeomineraria de La Cappella: un sistema di cave dismesse all'interno del quale è  allestito un percorso. Dalle cave poi, saliremo in altri 15 minuti alla Pieve romanica di S. Martino de La Cappella (XI-XII secolo), su una terrazza panoramica naturale che sovrasta la valle del Serra, fra le propaggini del monte Cavallo e quelle del Trambiserra, con vista spettacolare del Monte Altissimo e delle sue cave. Interessante inoltre è anche un oratorio, con dedica all’Annunziata, di cui restano in piedi solo le mura ma che è presistente alla Pieve e che rappresentava anzi, intorno all’anno 1000, un “ospitale” per poveri e pellegrini che si fermavano qui per poi andare a Basati, Terrinca e Levigliani e quindi verso la Garfagnana e oltre l’Appennino.

Da  - http://www.prolocoseravezza.it/index.php  

 

la Pieve di San Martino

escursione: Dal paese di Riomagno, parcheggiata l'auto, si va verso destra, fiancheggiando l'alimentari. Sorpassato l'arco si gira a destra e poi subito a sinistra lungo l'antica mulattiera.

La si percorre, attraversando terreni coltivati e castagneti, fino al paese di Fabbiano. Attraversato il paese si arriva all'Area Archeomineraria de La Cappella, un sistema di cave dismesse all'interno del quale è  allestito un percorso.

Da qui si continua fino alla Pieve romanica di S. Martino de La Cappella (XI-XII secolo), su una terrazza panoramica naturale che sovrasta la valle del Serra, fra le propaggini del monte Cavallo e quelle del Trambiserra, offrendo una vista spettacolare del Monte Altissimo e delle sue cave, famose fin dai tempi di Michelangelo. Da - http://www.prolocoseravezza.it/index.php

riferimento escursione: http://www.prolocoseravezza.it/escursione-it.php?nome=riomagno-la-cappella

Riomagno (88 m s.l.m.) - Fabbiano (383 m s.l.m.) - La Cappella (445 m s.l.m.)

Partenza: Riomagno (88 m s.l.m.)
Arrivo: La Cappella (445 m s.l.m.)
Dislivello: 357 m
Tempo di percorrenza: andata h.1/1.30 + mt.20 -  ritorno h.1.10 + mt.15 (mt.20/30 x visita cave)

Difficoltà: E –escursionistica. Acqua in Riomagno – Fabbiano – La Cappella
Interessi prevalenti: Artistico – Naturalistici (Pieve S. Martino – Area archeomineraria)

Note sul percorso: Mulattiera ampia e ben tenuta che rientra nel SAV (Sentiero Alta Versilia)

Riferimenti sui borghi attraversati : 

http://www.prolocoseravezza.it/localita-alta-versilia-it.php?nome=riomagno

Inerpicandosi per la via che da Seravezza conduce ad Azzano, in località La Cappella si trova la Pieve di San Martino. Rivolta verso le cave di marmo del Monte Altissimo, ben conosciute da Michelangelo, e affacciata sulla valle del torrente Serra, con il mare in lontananza, la pieve offre uno degli scorci più suggestivi di tutta l’alta Versilia. In antico dotata di un portico distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che la tradizione collega alla presenza in zona dello stesso Michelangelo – ma realizzato da Donato Benti nel 1538 – la chiesa è attestata con sicurezza solo alla fine del XIII secolo, quando ottenne la concessione del fonte battesimale, ma un edificio religioso era probabilmente presente nella zona almeno fin dal secolo VIII, quando è attestato il toponimo “Capelle”.

Nonostante i numerosi interventi di modifica realizzati nel corso dei secoli, possono essere ben riconosciute nell’edificio le caratteristiche di monumentale semplicità proprie dell’architettura romanica lucchese. Ancora oggi è affiancata, in posizione leggermente ribassata e raggiungibile tramite un antico sentiero lastricato, da un oratorio, con dedica all’Annunziata, di cui restano in piedi solo le mura.

Descrizione »  La Pieve di San Martino ha pianta rettangolare a tre navate senza transetto con tribuna quadrangolare. Le navate sono divise da arcate a tutto sesto impostate su colonne; le navate laterali sono coperte con volte a crociera, mentre la navata centrale e la tribuna hanno entrambe copertura voltata a botte. Il pavimento, seicentesco, è a riquadri bianchi e neri – tranne nel coro, sopraelevato, rivestito di lastroni di marmo bianco – e ospita numerose tombe terragne con lapidi sepolcrali scolpite.

All’esterno la chiesa termina senza abside – gli spazi di risulta dati dalla presenza all’interno della tribuna sono occupati dalla sagrestia e da un locale di servizio - e la facciata a salienti rispecchia fedelmente la suddivisione interna degli spazi: ne risulta un edificio imponente, la cui armonia viene accentuata dal liscio rivestimento in marmo bianco. Resta in facciata l’arcata destra del portico cinquecentesco. La massiccia torre campanaria si eleva isolata e non perfettamente in asse con la chiesa nella parte destra del sagrato.

Storia » La Pieve di San Martino è dipesa dalla diocesi di Luni fino al 1789, quando venne assegnata alla diocesi di Pisa. È del 1299 il primo documento riferibile con certezza alla Pieve di San Martino, a questa data quindi già edificata: in quell’anno infatti gli abitanti della zona chiedono al vescovo lunense Antonio il beneficio del fonte battesimale e l’indipendenza dalla Pieve di Vallecchia, motivando tale richiesta con l’impossibilità logistica di raggiungere nella stagione invernale la chiesa madre, troppo distante. Il toponimo “Capelle” viene peraltro già riferito a questa zona in documenti dell’VIII secolo, testimoniando l’esistenza di un luogo di culto.

Nei primi decenni del XVI secolo vengono aperte le vicine cave del Monte Altissimo: il comune le dona alla Repubblica Fiorentina e Cosimo I invia nella zona Michelangelo per curare l’approvvigionamento di marmi per l’intervento dello stesso nella chiesa fiorentina di San Lorenzo. Proprio in questi anni viene realizzato dal fiorentino Donato Benti il portico antistante la facciata. Nel 1944 una bomba colpisce il campanile: se ne staccano alcuni massi che, cadendo sul portico, ne determinano la parziale rovina. A guerra conclusa gli abitanti, preoccupati della stabilità di quanto rimasto in opera, provvedono al completo smantellamento, ricoverando in una zona retrostante la chiesa i materiali rimossi.

Riferimenti dal sito: http://www.itineraromanica.eu/index.php?id=140&lang=it

Oratorio dell'Annunziata

Area archeomineraria:  

L’inizio dell’attività estrattiva nelle cave del Monte della Cappella è incerto. C’è chi lo fa risalire al periodo romano, c’è chi lo pone, più verosimilmente, dopo l’anno Mille. Di sicuro, i marmi bianchi e i ‘bardigli’ del luogo (di inconfondibile ed intenso colore grigio-ceruleo) sono serviti, nel XII-XIII sec., per il paramento murario, in opus quadratum, rispettivamente della Pieve di S. Martino e della sua torre campanaria. Si hanno poi notizie frammentarie ed indirette di escavazioni nel Monte della Cappella per tutto il XV sec., quando un difficile collegamento viario con il fondovalle e la pianura litoranea, limitava notevolmente la produzione lapidea. Il 18 maggio 1515, gli Uomini delle Comunità di Seravezza e della Cappella donavano alcune loro pertinenze alla Repubblica e al Popolo fiorentino “pro marmoribus cavandis”. In quegli atti si ricordano gli agri marmiferi del territorio, tra cui “Montes Capellae, Finuculariae et Costae”.

Nel 1518, Michelangelo Buonarroti costruiva la strada carrabile nel fondovalle, da Seravezza fino alla base dei bacini di Trambiserra e della Cappella, favorendo così il successivo sviluppo estrattivo della zona.
Un ulteriore impulso alle cave della Valle del Serra si deve al Granduca Cosimo I de’ Medici (1567), che spinse la “Via dei marmi” fino al Monte Altissimo ed inviò in Versilia diversi scultori ed architetti (Vasari, Ammannati, Giambologna, Danti, Moschino, Fancelli, ecc.) per ricavare marmi dalle cave di Solaio, Ceràgiola, Cappella, Trambiserra, Altissimo e Monte di Stazzema.

Nel XVII sec., le cave della Cappella hanno continuato a fornire i marmi bianchi e i bardigli soprattutto per l’Opera di S. Maria del Fiore di Firenze. Un documento del 1687 ricorda, per la prima volta, le produzioni di mattonelle quadrate in marmo per pavimenti (chiamate “marmette” o “quadrette” o “ambrogette”), che hanno caratterizzato per quasi tre secoli l’impresa estrattiva delle cave della Cappella. Non a caso, gli abitanti del vicino paese di Fabiano erano detti “piastrellai” proprio perché prevalentemente occupati in questa lavorazione. Il Settecento ha visto gli agri marmiferi della Cappella intensamente coltivati per “opere di quadro”, quali “colonne, stipiti di porte, caminetti, tavole e ambrogette da pavimento”. Nel 1768, le cave raggiungevano il numero di 21, per poi salire a 27 verso il 1850, con ben 114 scalpellini al lavoro.
Fino alla metà del XIX sec., le cave della Cappella erano concentrate nella parte medio-bassa dell’omonimo Monte, lungo l’affioramento, oggi esaurito, dei marmi bianchi. Nell’ultimo scorcio dell’Ottocento, l’escavazione si spingeva anche nelle parti più elevate del versante, quasi a ridosso della Pieve di S. Martino e del paese di Fabiano.
Per buona parte del Novecento, le vie di lizza e le teleferiche hanno continuato a discendere i blocchi estratti, fino ai poggi caricatori nel fondovalle, sulla riva sinistra del fiume Serra.

Negli anni Sessanta dello stesso secolo, la strada di arroccamento e il trasporto su gomma hanno fatto appena in tempo ad insediarsi che, di lì a poco, l’attività delle cave di marmo della Cappella si è conclusa, lasciando notevole traccia di sé ed un paesaggio minerario unico e suggestivo.

cave di Trambiserra

 

Tratto da:   http://www.archeominerario.it/archeominerario_cave_cappella_1.html

                    http://www.archeominerario.it/archeominerario_cave_cappella_2.html

altre info: http://www.versilia.toscana.it/marmo/michel.html

 

Itinerari inediti fuori porta: l’area boschiva del Cisternino di Pian di Rota

Spesso andiamo in cerca di aree verdi lontano dalla città quando invece le abbiamo e belle proprio fuori porta, nella zona del Cisternino di Pian di Rota ad esempio. A partire dai Bagnetti, una delle ultime costruzioni di Pasquale Poccianti, costruiti tra il 1843 ed il 1844 nella campagna intorno alla città per rappresentare il nuovo centro di attrazione dei villeggianti dell'epoca, stante la presenza di alcune polle d'acqua solfurea idonee per lo sfruttamento termale, seguiremo il corso del rio Puzzolente nel suo andare a nord verso il torrente Ugione, per sentieri recentemente riadattati all’attività dei taglialegna e, seguendo campi incolti prima e tracciati nella macchia poi, dove il leccio si alterna al Cerro e alla Rovella, descriveremo un anello di circa h.3/3.30. L’escursione è quasi una passeggiata, con percorso pianeggiante e nel verde, appena macchiato da ginestroni e cisto bianco che cominciano a fiorire proprio in questo inizio di primavera e, se non disturberemo troppo con il nostro chiacchiericcio l’avifauna locale, sarà bello sentirsi accompagnati ora dai verso dell’Upupa, ora dal grido d’allarme della ghiandaia che segnalerà la nostra presenza, come anche dal volo della poiana che ci scruterà dal cielo. Percorso: dai Bagnetti prendiamo a sinistra del ponte e devieremo per la salitella che troveremo alla nostra sinistra. Prima il bosco, poi una radura ed ancora il bosco e saremo in vista degli archi dell’acquedotto dove noi prenderemo a destra, lungo i campi e costeggiando una distesa di grano selvatico. Andiamo adesso sempre a diritto per entrare in un bosco più fitto di lecci e querciformi, trovando un bivio che dovremo prendere a sinistra perché a destra andremmo al monte La Poggia. Il sentiero diviene adesso più largo e battuto e ci riporta alla radura di prima, da dove in poco tempo si ritorna, non prima però di aver seguito un percorso nella macchia molto frequentato dai numerosi cinghiali che vivono in queste selve.

I Bagni nell’Acqua… Puzzolente ………..

"Lasciammo a destra la strada del Limone e da mano sinistra è una pozza o Lagunetta formata da una sorgente di Acqua Sulfurea fredda, la quale a cagione del gran fetore, viene in Livorno chiamata l'Acqua Puzzolente […] L'acqua assaggiata non ha sapore, né acido di alcunasorta in se, ma puzza di Uova sode. Ella fa bene per i Mali cutanei". Così scrisse Giovanni Targioni Tozzetti nelle sue "Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana" del 1786.Per sfruttare le proprietà dell’acqua solforosa i proprietari della tenuta Limone affidarono all'architetto Poccianti la realizzazione dei bagni della Puzzolente, iniziati nel 1843 e inaugurati nel 1844. L’edificio ha pianta rettangolare con due emicicli che contenevano ognuno otto bagnetti. A poca distanza dietro le terme vi è un'altra costruzione a forma di tempietto rotondo dove sono riunite e allacciate tutte le polle. Qui la pompa aspirante raccoglieva l'acqua che veniva riscaldata e diramata nelle diverse cabine. A quell'epoca Livorno, con le sue 12 sorgenti, era un famoso centro termale. Anche la fonte Puzzolente ebbe successo, infatti nell'anno 1876 usufruirono di tali impianti circa 9.720 persone e furono praticati giornalmente oltre 90 bagni. “Molto potremmo dire sopra felici risultati ottenuti dall'uso di quest'acqua e si potrebbero ancora allegare numerosi attestati di persone ammalate che ricuperarono la salute, o trovarono nell'acqua puzzolente alleviamento alle loro sofferenze” (G.Orosi, 1845). Col volgere dei tempi però, con la scoperta di nuove acque simili, con le comodità sempre maggiori che nuovi stabilimenti offrivano ai frequentatori, dopo un lento e graduale decadimento, i bagni della Puzzolente furono chiusi al pubblico nell'anno 1897 ed adibiti ad uso di magazzini e di cantina di vino e le acque furono abbandonate per i fossi adiacenti. Da - http://www.webalice.it/diego.guerri/EeP/guida_boschi_rid.p

 

La via francigena: da Abbadia a Isola a Monteriggioni

Come pellegrini in pieno medioevo il nostro breve viaggio toccherà due posti tappa della via francigena: l’abbazia di Badia a Isola, dove testimonianza scritte affermano il soggiorno del vescovo Sigerico, arcivescovo di Canterbury, nel suo lungo viaggio verso Roma (ad 999) per l’investitura papale, e Monteriggioni, borgo fortificato  costruito a spese della Repubblica di Siena nel XIII secolo, intorno ad una fattoria Longobarda preesistente, allo scopo di sbarrare la strada ai fiorentini, nelle lunghe guerre fra le due città. La nostra proposta prevede la visita alla bellissima abbazia cistercense (sec.XI) ed al chiostro e quindi il percorso di avvicinamento al castello di  Monteriggioni quando ci soffermeremo in una esplorazione particolare del borgo, alla cinta muraria ed ai suoi camminamenti, come al museo delle armature ed alla chiesa di S.Maria Assunta, l’edificio del borgo che meglio conserva i caratteri medievali. L’escursione non presenta particolari difficoltà e, parte su carrarecce sterrate, parte nel bosco, sarà di circa 3 ore complessive, rigorosamente sul tracciato della via francigena. 

                                                                                                                                    info: Luciano Suggi - 0586 406468 (ore serali) o 339 8700530

Abbadia a Isola (anche Badia a Isola, già Abazia dell'Isola o Abazia del Lago, anticamente Borgonuovo  è una frazione del comune di Monteriggioni, in provincia di Siena. L'abbazia fu fondata nel 1001 dalla contessa Ava, figlia del conte Zanobi e vedova d'Ildebrando Signore di Staggia e di Val di Strove, lungo la via Francigena ed in particolare presso uno dei castelli di proprietà della stessa famiglia denominato Borgonuovo. Deve il nome al contesto ambientale, in quanto, sorgendo ai margini di terreni impaludati, la chiesa sembrava poggiare su un'isola. Il castello di Borgonuovo invece era lo stesso menzionato da Sigerico di Canterbury che vi fece tappa tra il 990 e il 994, di ritorno da Roma dopo avere ricevuto l'investitura dal papa Giovanni XV con la consegna del pallio. Nota: percorrendo la via Francigena l'arcivescovo di Canterbury menziona nel suo diario Burgenove la località, che rappresentava la XVI tappa (mansio) del suo itinerario verso l'Inghilterra. Gli abati divennero nei secoli successivi padroni assoluti di Borgonuovo e delle terre circostanti, cosicché quel castello perse progressivamente d'importanza in favore dell'abbazia, il cui potere culminò nel XIV secolo, ed a riprova esiste una convenzione stipulata alla Badia a Isola l'11 dicembre 1256 fra l'abate e il rettore o sindaco del Comune di Borgonuovo, con la quale si accorda agli abitanti di potere eleggere per rettore una persona di loro fiducia.

La Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea, è parte di un fascio di vie, dette anche vie Romee, che conducevano dall'Europa centrale, in particolare dalla Francia, a Roma. Nel meridione d'Italia, in particolare in Puglia, è attestata inoltre una via Francesca, legata alla pratica dei pellegrinaggi, che taluni accostano alla via Francigena sostenendo esserne la prosecuzione a sud, verso Gerusalemme, benché non esistano prove storiche di tale affermazione.

I primi documenti d'archivio che citano l'esistenza della Via Francigena risalgono al IX secolo e si riferiscono a un tratto di strada nell'agro di Chiusi, in provincia di Siena, mentre nel X secolo il vescovo Sigerico descrisse il percorso di un pellegrinaggio che fece da Roma, alla quale era giunto per essere ricevuto dal Pontefice il "pallium", per ritornare a Canterbury, su quella che già dal XII verrà largamente chiamata Via Francigena. Il documento di Sigerico rappresenta una delle testimonianze più significative di questa rete di vie di comunicazione europea in epoca medioevale, ma non esaurisce le molteplici alternative che giunsero a definire una fitta ragnatela di collegamenti che il pellegrino percorreva a seconda della stagione, della situazione politica dei territori attraversati, delle credenze religiose legate alle reliquie dei santi.

Il pellegrinaggio a Roma, in visita alla tomba dell'apostolo Pietro, era nel Medioevo una delle tre peregrinationes maiores insieme alla Terra Santa e a Santiago di Compostela.Per questo l'Italia era percorsa continuamente da pellegrini di ogni parte d'Europa. Molti si fermavano a Roma, gli altri scendevano lungo la penisola fino al porto di Ancona e da lì si imbarcavano per la Terra Santa. Una tappa importante prima di giungere a Brindisi era il Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant'Angelo, sul Gargano, in provincia di Foggia in Puglia. Nella maggior parte dei casi i pellegrini seguivano le Strade consolari romane. I pellegrini provenienti soprattutto dalla terra dei Franchi in età post carolingia cominciarono a valicare le Alpi ed entrare in Italia. Con l'itinerario primitivo si entrava in territorio italico dalla Valle di Susa attraverso il Colle del Moncenisio (talvolta transitando anche dal Colle del Monginevro), dando così alla strada il nome di Francigena, cioè proveniente dalla Terra dei Franchi.  

La presenza di questi percorsi, con la grande quantità di persone provenienti da culture anche molto diverse tra loro, ha permesso un eccezionale passaggio di segni, emblemi, culture e linguaggi dell'Occidente Cristiano ed ancora oggi sono rintracciabili sul territorio le memorie di questo passaggio che ha strutturato profondamente le forme insediative e le tradizioni dei luoghi attraversati. Un passaggio continuo che ha permesso alle diverse culture europee di comunicare e di venire in contatto, forgiando la base culturale, artistica, economica e politica dell'Europa moderna; è nota la frase del poeta Goethe secondo cui la coscienza d'Europa è nata sulle vie di pellegrinaggio. A partire dal 1994 la Via Francigena è stata dichiarata "Itinerario Culturale del Consiglio d'Europa" assumendo, alla pari del Cammino di Santiago di Compostela, una dignità sovranazionale.

Sigerico di Canterbury (950 circa – 28 ottobre 994) è stato un arcivescovo cattolico britannico, arcivescovo di Canterbury, istruito presso l'abbazia di Glastonbury, dove divenne monaco. Nel 980 fù nominato abate dell'abbazia di Sant'Agostino di Canterbury e nel 985 fù consacrato vescovo di Ramsbury da Dunstano, arcivescovo di Canterbury e forse mantenne la reggenza dell'abbazia anche da vescovo, fino al 990 quando fu eletto arcivescovo di Canterbury. Nello stesso anno si recò a Roma per ricevere dalle mani di papa Giovanni XV il pallio, simbolo della dignità arcivescovile e la sua notorietà odierna è legata essenzialmente al ritrovamento del diario di viaggio di ritorno, dove sono annotate le 80 tappe - tra Roma e l'imbarco per l'Inghilterra, nei pressi di Calais - di quello che sarebbe stato chiamato Itinerario di Sigerico e nei secoli successivi Via Francigena. Morto il 28 ottobre del 994, fu sepolto nella cripta della Christ Church di Canterbury.

Monteriggioni - Situato all’estremità settentrionale del proprio territorio comunale, occupa la sommità di una dolce collina dalle pendici coltivate a vigne e olivi.
Il castello venne fondato nel secondo decennio del Duecento dalla Repubblica di Siena, con il principale scopo di creare un avamposto difensivo contro la rivale Firenze. Per secoli l’insediamento svolse in pieno la funzione per cui era stato creato, respingendo di volta in volta una miriade di assedi e attacchi. La sua funzione militare venne meno a partire dalla metà del Cinquecento, quando l’intero Stato Senese, di cui il nostro borgo faceva parte, venne annesso a quello fiorentino.

La cinta muraria: Monteriggioni conserva ancora oggi gran parte delle strutture del XIII secolo e si configura come un luogo assolutamente unico nel panorama dei borghi medievali toscani.
La cinta muraria, realizzata in pietra, abbraccia la sommità di una collina con uno sviluppo lineare di circa 570 metri.
Dalla superficie esterna sporgono quattordici torri a pianta rettangolare, mentre una quindicesima è addossata alla cortina interna. La loro imponenza dovette essere assai notevole anche nel Medioevo, tanto da suggerire a Dante una famosa similitudine con i Giganti collocati nell’Inferno: “[…] però che, come su la cerchia tonda / Monteriggion di torri si corona, / così la proda che ‘l pozzo circonda / torreggiavan di mezza persona / li orribil giganti […]” (Inf., XXXI, vv. 40-44).

La chiesa di S.Maria Assunta - affacciata sulla piazza principale, è l’edificio del borgo che meglio conserva i caratteri medievali. Realizzata nel corso del XIII secolo, presenta un unico ambiente con terminazione rettangolare. La facciata, di raffinata eleganza, reca un bel portale con arco in pietra sormontato da un’apertura circolare. L’interno, ristrutturato in epoca moderna, ha pareti intonacate e volte a vela. Oltre a una campana del 1299, la chiesa custodisce un dipinto del XVII secolo con la Madonna del Rosario, cui è dedicata in ottobre una sentita festa locale.

Il museo ospita fedeli riproduzioni di armi e armature medievali e rinascimentali. Accurati modellini, inoltre, illustrano mezzi e tecniche di assedio in auge nelle stesse epoche.
Ogni sala è dedicata a uno specifico momento della storia di Monteriggioni, all’interno del quale i pezzi esposti sono contestualizzati. Insolita quanto apprezzata dalla maggioranza del pubblico è la possibilità di maneggiare e indossare alcune armi e parti di armature, situate in apposite zone del museo. Alcuni pannelli esplicativi e un’agevole audioguida multilingue accompagnano il visitatore in questa breve, ma intensa immersione nella storia.

Itinerario trekking: La Via Francigena nella Montagnola senese

Premesso che cartelli ci portano senza problemi da Abbadia a Isola a Monteriggioni, seguendo le indicazioni - via francigena, questa sotto è una interessante variante.
Da Abbadia a Isola si prende la strada asfaltata per Monteriggioni e, dopo circa 200 metri, si devia a destra per seguire una lunga strada sterrata (Strada di Valmaggiore) che procede diritta attraverso i campi, con una bella visuale sulla cinta muraria di Monteriggioni in lontananza. Superato il bivio a destra per il podere Valmaggiore, la stradina raggiunge quindi il limite del bosco, dove si biforca. A sinistra il percorso è piano e va seguito per circa 30 minuti (fin qui, sulla sterrata, ne saranno già passati 40). Se invece si va a destra ( seguendo i segni bianco/rossi del c.a.i), dopo 300 metri, s’incontrano due bivi ravvicinati e ad entrambi bisogna tenere la sinistra. La mulattiera s’inoltra nel bosco salendo di quota, con qualche curva. Più in alto il percorso s’immerge poi nel fitto lecceto e diviene pianeggiante. Si arriva così ad un importante quadrivio con al centro un leccio, ove bisogna svoltare a sinistra. Al successivo bivio (circa 50 metri) si va a destra, seguendo una stradina che costeggia un campo. In breve si giunge ad un bel punto panoramico da dove si può ammirare, proprio di fronte, il castello di Monteriggioni. Più avanti s’incontra quindi un altro quadrivio, dove si prosegue diritto, quindi subito a sinistra (a destra si va alla Ripa) e si attraversa un piccolo oliveto. La stradella poi rientra nel bosco ed inizia a scendere, sbucando infine sui campi poco a monte della SS 2 Cassia. Si continua ora a destra, lungo il limite del bosco, giungendo ben presto all’innesto nel percorso n° 100. Da adesso in poi il castello è in bella vista ed è sufficiente prenderlo come traguardo (l’ultimo tratto per arrivare alla porta principale è su uno sterrato in salita – circa 20 minuti.  Itinerario facile, dislivello mt.80, tempo di percorrenza andata h.1,30).